Solo questo pomeriggio sono riuscita a vederlo, in santa pace, spaparanzata nella mia poltrona.
La frase che mi ha colpito di più è quella del pittore che, come ogni anno, è intento a dipingere La colazione dei canottieri di Renoir. All’incirca così: dopo tutti questi anni, la figura che non riesco mai a rendere bene è questa donna che beve. Sta esattamente al centro della scena e ma allo stesso tempo ne resta fuori.
Come dire, noi siamo al centro della nostra vita ma ci piace restarne fuori. È proprio la figura tenera e autorevole del pittore, non a caso “l’uomo di vetro” a ricordarci le nostre fragilità. Ed è proprio lui a ricordare più tardi ad Amélie che tutta la sua generosità e il suo prodigarsi per salvare la vita degli altri non salverà se stessa, se non si deciderà ad assumersi le sue responsabilità.
Quanto di noi c’è in questo personaggio?
È certamente un film ispirato e penetrante, è una poesia unica, dalle immagini agli sguardi degli attori, dalle storie rappresentate tanto paradossali e uniche quanto realistiche e condivisibili.
E il parallelo poetico che mi sovviene è una lirica della mia amata Alda Merini, dal titolo
Ascolta , il passo breve delle cose (dalla raccolta La volpe e il sipario, 1997) e recita così:
Ascolta, il passo breve delle cose
― assai più breve delle tue finestre ―
quel respiro che esce dal tuo sguardo
chiama un nome immediato: la tua donna.
È fatta di ombre e ciclamini,
ti chiede il tuo mistero
e tu non lo sai dare.