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Il femminicidio è l’atto finale

Creato il 21 ottobre 2013 da Silvanascricci @silvanascricci

Si parla molto, anche se non sempre in maniera seria ed efficace, di femminicidio.

Giusto così.

Ma è necessario partire da prima, molto prima, molto lontano.

L’omicidio di una donna è “solo” l’atto finale di una serie di pensieri, atteggiamenti, culture e non ultime leggi che sviliscono non solo il corpo delle donne, ma proprio le donne in quanto tali.

La televisione spazzatura a cui si dà spesso colpe anche non proprie è il risultato e non la genesi di una cultura antica, arcaica e predatrice che vede le donne come strumenti vari; di procreazione, di piacere, di possesso, di rappresentanza, di ricchezza, di apparenza.

Mai una donna che rappresenti se stessa e quello che tutti siamo: una persona.

Esistono leggi che permettono l’autodeterminazione delle donne, ma che silenziosamente, tacitamente vengono, di fatto, cancellate e disattese senza che nessuna voce, maschile ed ancor più femminile, si levi e levi la pelle a chi permette l’inapplicazione di leggi dello stato.

La legge 194, ad esempio, è praticamente abrogata.

Capito che con uno sfondamento ad ariete non sarebbero riusciti ad eliminarla, hanno aggirato l’ostacolo.

Si sono creati i presupposti perchè tutti i medici ginecologi diventassero obiettori di coscienza.

Non per coscienza, ma per opportunismo e per disperazione; l’opportunismo di chi non ha coscienza e per carriera se ne inventerebbe una per poterla calpestare e per disperazione di chi, non obiettore, viene messo in disparte ed emarginato.

Da una recente indagine è emerso che più dell’80% dei medici ginecologi è obiettore, situazione che sta mettendo totalmente a rischio l’applicazione della legge 194 in diverse parti d’Italia.

Una legge di abrogazione dell’obiezione che costringesse, come afferma Flamigni, tutti questi obiettori ad utilizzare il tempo che si rifiutano di ‘concedere’ alla legge 194 per fare promozione alla cultura della contraccezione; o come propongo io che gli obiettori di coscienza non possano operare in strutture pubbliche dove è obbligatorio l’osservanza delle leggi dello stato.

dati obiezione di coscienza in italia

Sarebbe un passo avanti per riaffermare il diritto delle donne a decidere di se stesse.

Ma la cultura che, sì strenuamente difende la maternità (più o meno coatta) è la stessa che permette l’approvazione di una legge che chiede alle donne il recupero dei mesi o anni di assenza facoltativa (non retribuita, peraltro) dal lavoro per maternità.

E attenzione, non è solo un problema psichiatrico di sdoppiamento della personalità culturale o di pura schizofrenia mentale, è proprio una discriminazione di genere.

Discriminante perchè almeno fino a pochi anni fa il congedo per accudire i figli potevano prenderlo solo le madri, senza possibilità di scelta; scelta che anche oggi non è quasi praticata dai padri.

E’ proprio per questa ragione che sto pensando seriamente, con il mio avvocato, di fare ricorso alla corte di Strasburgo.

 



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