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Il Festival Prokofiev a Roma: una musica talvolta gustosamente neoclassica, talvolta così moderna e profetica

Creato il 16 dicembre 2014 da Alessiamocci

“Poiché però tutto ciò che è esteriore racchiude in sé, inevitabilmente, anche un’interiorità (che viene in luce con maggiore o minor forza), così anche ogni forma ha un contenuto interiore. La forma è dunque l’esteriorizzazione del contenuto interiore.” – Vasilij Kandinskij, Lo spirituale nell’arte

Dal 10 al 15 dicembre 2014 l’Auditorium Parco della Musica di Roma ha ospitato il Festival Prokofiev – realizzato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, la Carta Giovani e CTS, il Centro Turistico Studentesco e Giovanile -.

Sempre sotto la direzione vigorosa e demiurgica del M° Valery Gergiev – che proprio in questi giorni ha festeggiato i venticinque anni di collaborazione con l’Accademia Santa Cecilia – sono stati proposti alcuni dei capolavori del genio russo.

Durante le prime tre serate sono state eseguite le sette Sinfonie dall’Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo in un percorso che ha coinvolto gli spettatori alla scoperta della “classicità tutta nuova” del compositore, tra le strutture e le “forme solide e belle” che raccolgono il fascino di oscure ossessioni ed al contempo i limpidi impulsi carichi di una vitalità inestinguibile ed incantatrice. L’Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo è un acclamatissimo ensemble musicale dal repertorio vario e complesso, che affonda le radici nel XVIII secolo alla corte Imperiale di Russia, diretto nei secoli da artisti di fama mondiale (da Berlioz a Rachmaninoff) e prima esecutrice di numerose opere di autori come Čajkovskij, Glinka, Šostakovič, Asafiev, attualmente diretto da Valery Gergiev.

Il violinista ateniese Leonidas Kavakos ha ammaliato nel secondo movimento del Concerto per violino n.2: le pagine più toccanti e liriche portano avanti la dicotomia tra le tessiture medio-basse e le estensioni più acute, tra le taglienti ed impietose discrasie ritmiche che si sviluppano nel virtuosismo e la dolcezza sottesa alla metrica dinamica ed asimmetrica dell’ “Allegro ben marcato”.

Durante le tre serate conclusive del Festival – aperte dall’Ouverture Russa -, Leonidas Kavakos ha magistralmente interpretato il Concerto per violino n.1 col canto graffiante dello strumento e la sottile melodia che dall’”Andantino” iniziale all’”Allegro Moderato”  avvolge la composizione. Il violinista con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia – diretta dal 1908 ad oggi dai maggiori artisti del secolo tra cui Strauss, Stravinskij, Toscanini e  Karajan, attualmente diretta da Sir Antonio Pappano – ha eseguito l’opera con la stessa decisa, spiazzante e rigorosa ingegnosità che distingueva Prokofiev sia quando giocava a scacchi, sia quando componendo adoperava la “mossa del cavallo” e proponeva direttamente la voce del violino senza lasciare troppo spazio all’introduzione orchestrale tradizionale. Un Concerto interamente affidato alla capacità degli esecutori di rendere tutto il “cromatismo” timbrico che caratterizza ogni misura.

La musica di Prokofiev diventa colore e luce nei veri e proprio “quadri” che l’artista russo compose per accompagnare la pellicola di Ejženstein, “Ivan il Terribile” del 1944. Fu Abram Stasevič – collaboratore di Prokofiev – nel 1962 ad organizzare l’edizione in forma di oratorio per narratore, voci soliste, coro ed orchestra e lo fece costruendo una drammaturgia in venticinque numeri traendo alcuni testi dalla sceneggiatura. La struttura dell’opera impone un discorso razionale e rigoroso, che rispetta appieno l’intenzione di Prokofiev: è evidente la forza espressiva di ogni singola misura, scritta per mostrare, raccontare e amplificare la tensione, il simbolismo e l’espressività delle immagini di  Ejženstein, dove la musica è una voce narrante del tutto autonoma.

Quando si odono improvvisamente le campane durante i numeri dell’incoronazione dello Zar si rimane piacevolmente sorpresi nel riconoscere quanto ogni dettaglio concorra a costruire una narrazione ben definita. “La canzone del Castoro” così struggente e accorata interpretata con estrema eleganza dal mezzosoprano Yulia Matochkina con il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia o “La canzone di Fedor Basnamov” interpretata dal baritono Roman Burdenko sono alcuni dei momenti più suggestivi dell’esecuzione.

A Tommaso Ragno è affidata la narrazione: la voce dell’attore è perfettamente inserita nel tessuto polifonico e ritmico.

Come se facesse parte della strumentazione stessa diventa un “Ὄργανον” (òrganon) capace di vibrare seguendo il rigore e la potenza espressiva di Prokofiev: ora vagamente rude, ora vellutata, ora incrinata da una commozione inarrestabile – come quando Ivan si trova presso la tomba dell’amata Anastasia -, ora di una potenza terribile – come nel momento in cui lo Zar giura vendetta ai traditori – sempre capace di emozionare e colpire lo spettatore-ascoltatore, evocando e reificando l’immagine che racconta. Una voce che dopo avere reso plastica anche la disperata ostinazione dello Zar, si nasconde tra le pieghe dei morbidi mezzi toni, per poi farsi aspra. Una voce che in quel continuo trasformarsi ed assorbire gli umori dei vari personaggi, sembra anche avere il potere di creare una sospensione temporale. Una voce che sa ingannare diventando talmente lieve che, se si potesse afferrare per giocare a scagliarla lontano, si farebbe subito argento e nella lontananza continuerebbe a vibrare.

È un piacere vedere il M° Valery Gergiev costruire e plasmare sotto le proprie mani, con un cenno del capo, con uno sguardo, un microcosmo infinito e meraviglioso e scoprire, attraverso la sua sapiente direzione, la programmatica volontà del compositore russo di sottendere alla tragicità, alla esuberanza timbrica, alla maestosità di “Ivan il Terribile” il richiamo della terra Russa.

Valery Gergiev ci mostra un Prokofiev che mantiene coraggiosamente una posizione, che – come negli amati scacchi – “lancia l’attacco” e prende per mano lo spettatore-ascoltatore sfidandolo ad incontrare la sua musica, talvolta gustosamente “neoclassica”, talvolta così “moderna” e “profetica” in quella spigolosità straniante e conturbante da imporsi scandalosamente esigente.

Written by Irene Gianeselli

Info

Sito SantaCecilia

Sito MariinSky

Sito Leonida Skavakos

Sito Tommaso Ragno


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