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L'ONDA DELLA CANDIDATURA DI DRAGHI. Banche rafforzate, compratrici in ultima istanza del debito pubblico domestico, oltre a garantire un minimo di sostegno alla crescita economica, rafforzano la candidatura di Mario Draghi alla guida della Bce e ci posizionano in una sorta di limbo tra i Pigs e i virtuosi nordici, Standard & Poors permettendo.
Quando il dividendo diventa competitivo I risultati del primo trimestre delle prime 40 società italiane quotate sono stati generalmente buoni considerando la crescita economica da prefisso telefonico: Unicredit per esempio, grazie soprattutto al trading, ha guadagnato 810 milioni con una prospettiva di quasi 3 miliardi di utile netto per l’intero 2011.
Più patrimonio, meno costo della raccolta in un contesto di crescita dei tassi fanno ben sperare. Grandi sofferenze e incagli, ma accantonamenti in proporzionale diminuzione.
UNICREDIT E LE CONTROLLATE ESTERE. Anche l’Agenzia delle entrate marca stretto e vuole il suo, come fa con le ganasce fiscali con noi poveri privati. Costanti riduzioni di personale, chiamati «efficientamenti distributivi e di processo», permettono riduzioni dei costi.
Sempre Unicredit capitalizza meno del doppio del valore attribuito dalle rispettive Borse alle controllate polacca e turca, Bank Pekao e Yapi Kredi Bankasi. Simili discorsi si fanno per Banco Popolare e la controllata Credito Bergamasco.
LA TRIMESTRALE BRILLANTE DI MEDIOBANCA. A parte l’aumento di Intesa guidato da Banca Imi e Bank of America, tutti gli altri vedono protagonista la più patrimonializzata Mediobanca, reduce da una brillante trimestrale, che deve garantire questi aumenti dopo aver imposto un forte sconto sulle nuove emissioni. Male che vada diventerà azionista a prezzi da saldo.
Nel caso di Intesa, il prezzo di 1.369 in rapporto di 2 nuove ogni 7 vecchie penalizza i vecchi soci e rende attrattiva la sottoscrizione in chiave strategica. Più azioni diluiscono gli utili, ma li rendono più probabili e il dividendo atteso diventa competitivo.
In chiave tattica, invece, poche illusioni.
IN VISTA DI ALTRI STRESS TEST. Sulla Grecia e forse su Portogallo ed Irlanda siamo più al quando che al se. Turbolenze per i titoli finanziari ci accompagneranno per tutta l’estate, ma in autunno potrebbe venire il loro momento.
Nessun banchiere centrale vuole affrontare i prossimi stress test con banche sottocapitalizzate creando un effetto imbuto, finito il quale con un graduale miglioramento dei conti ma dopo quasi tre anni di discese, la molla si carica. Dimentichiamo quindi ritorni sul capitale come nell’ormai lontano 2007, così come certi prezzi di carico dei cassettisti con dossier titoli sanguinosi.
NESSUNA FRETTA PER LA VENDITA. Ma se probabilmente è presto per comprare, è sicuramente tardi per vendere, per quanto sfiniti dalle medie al ribasso. Per Intesa è sensato, esaurita la fase tecnica, intervenire sul finale dell’aumento. Gli analisti considerano limitato il rischio contagio per il debito pubblico italiano, ma l’avvertimento di S&P non va sottovalutato. Senza riforme e crescita il rapporto debito/Pil non scende. fonte
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