9 aprile 2014: la sentenza della Corte costituzionale dichiara illegittimi alcuni articoli della Legge 40 sulla fecondazione assistita.
Ecco il laconico comunicato stampa
Questo il testo della legge .
Ieri mi sono documentata molto: il problema è di estremo interesse oltre che delicato.
Tra le analisi proposte, commenti sparsi e opinioni pronunciate, mi pare che questo sia un resoconto completo, il che non significa che ne condivida l’impostazione: è un articolo di Valigia Blu orientato in una direzione molto chiara (nettamente a favore della sentenza) che contiene tuttavia riferimenti a punti di vista opposti, citati con una consistente dose di ironia ma comunque non ignorati; ripercorre i dieci anni di vita della legge di cui sarebbe opportuno rivedere il dibattito che ha suscitato fin dalla sua pubblicazione e le relative tappe con ricorsi e sentenze varie che si sono succeduti nel tempo.
Questa mattina, inoltre, ho letto con molta attenzione il post di Ogginientedinuovo e questo mio vuole essere anche una risposta e un commento alle sue riflessioni.
D’altronde, questo è il web che ci piace: condivisione e confronto.
Premessa d’obbligo.
Esprimo qui mie personali convinzioni dettate non da letture e conoscenze teoriche o influenzate da particolari correnti di pensiero, bensì frutto di esperienze vissute, anche di riflesso.
L’articolo di Valigia Blu (ma potrei citarne altri) è un esempio esauriente di come in Italia si riesca a ideologizzare persino una questione così complessa, dividendosi in due fazioni nette che si accusano a vicenda.
Da un lato le cosiddette “frange ultraconservatrici”, tra le quali ovviamente svetta la stampa cattolica che ha espresso sgomento dopo il pronunciamento della Consulta; dall’altro i sostenitori di “un moderno modo di nascere”, che hanno ovviamente esultato per “l’ultimo colpo inferto a una norma crudele e oscurantista”.
Per non parlare dello scontro destra / sinistra, come se un problema etico fosse appannaggio di una parte politica.
Insisto sull’ovviamente e sul sarcasmo di cui l’ho voluto caricare.
Non amo le posizioni intermedie, ma nemmeno i giudizi tranchant soprattutto su questioni per natura articolate e impegnative.
Parlo da cattolica, convinta e praticante; ciononostante non posso non rabbrividire di fronte a simili dichiarazioni: dal “siamo al Far West della provetta” (Olimpia Tarza, presidente del Movimento PER Politica Etica Responsabilità) al “Non è difficile immaginare che i Costituenti si stiano rivoltando nelle loro tombe di fronte a una interpretazione dei principi costituzionali che conduce a consentire la fecondazione assistita sulla base di un cocktail in laboratorio di elementi genetici originati da più genitori. Con la sua sentenza la Corte concorre alla decadenza di quei principi naturali, di quell’umanesimo che fu alla base dell’unità di Costituenti appartenenti a ben diverse convinzioni politiche e religiose” (Maurizio Sacconi, presidente dei Senatori NCD), passando per le “molte questioni che questa sentenza della Consulta lascia aperte, come il diritto del bambino a conoscere le proprie origini, o come il rischio che, anche in Italia, si crei un mercato del corpo umano” (Eugenia Roccella, deputato NCD), “consentire la fecondazione eterologa è violare il diritto fondamentale del figlio a sapere di chi è figlio, quindi a conoscere la sua identità” (Pino Morandini, vice-presidente del MPV, Movimento per la Vita italiano) e arrivare al delirante paragone di Giovanardi tra le coppie sterili e “famiglie musulmane che portano i bambini in Africa per l’infibulazione”.
Non mi sento neppure di avallare le affermazioni dell’Associazione Luca Coscioni: “si apre una via per tutte quelle coppie che ora non saranno più discriminate e potranno ricevere tutte le cure e l’assistenza per costruirsi una famiglia” né auspicare che un “legislatore intelligente cambi definitivamente la legge 40 aprendola ai single e alle coppie dello stesso sesso poiché questa sarebbe la conseguenza più naturale” come sostiene l’avvocato Marilisa D’Amico, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Milano rispondendo a un giornalista dell’Huffington Post
È ancora da dimostrare sia che il figlio nato da fecondazione assistita ne abbia un trauma, sia il fatto che le coppie che vi ricorrono vengano discriminate.
Inoltre rimane la garanzia dell’anonimato da parte del donatore, come in tutti i casi di trapianto, per cui nessun rischio relativo alla ricerca della propria identità da parte del bambino.
Quindi, ragioni e torti da ambo le parti che, indistintamente, sventolano la bandiera dei diritti garantiti da uno Stato laico.
La laicità dello Stato è un valore non discutibile, e concordo pienamente con Ogginientedinuovo.
Da cattolica, sostengo la correttezza della legge sul divorzio che avrei anche votato all’epoca del referendum se avessi avuto l’età richiesta. Perché mai dovrei negare a coppie sposate civilmente di non potere sciogliere “laicamente” la loro unione? (civilmente, non so …) Io non ricorrerei a questo diritto semplicemente perché credo in un rapporto fondato su valori diversi, ma non mi disturba l’esistenza di uno strumento giuridico che lo permetta ad altri e non capisco francamente l’ostilità di molti cattolici al riguardo. Sono favorevole ai diritti civili per le coppie di fatto, alle unioni omosessuali con qualche distinguo e al netto dei comportamenti viziosi. Ma le coppie etero ne sono esenti?
Ecco il punto. Non sempre il concetto di diritto si sposa con il buon senso e l’equilibrio: questa è la mia opinione sul caso della fecondazione eterologa.
Non sono mamma, e non per scelta. È andata così. Tempo fa la scienza non aveva ancora raggiunto il livello qualitativo e di sicurezza di oggi. Con molta serenità, ci siamo attivati per l’adozione. In quel periodo però accade che la mia nonna/mamma si ammali di Alzheimer: accudita e curata in casa per anni. Caso? Progetto? Disegno sopra di noi? Non so, fatto sta che ho avuto in qualche misura la mia bambina …
Un’amica ha seguito una strada diversa. Desiderava un figlio più di ogni altra cosa; quindi, inseminazione artificiale, non una ma molte. Ogni tentativo fallito era un dolore sempre più acuto, come se abortisse ogni volta. Depressione conseguente e rinuncia definitiva. Ho vissuto la sua esperienza di riflesso; ora sembra rilassata, ma quanta sofferenza!
Ciò che posso dichiarare con certezza è la serenità mia e del mio matrimonio.
È solo una testimonianza per riflettere su questa pagina, come ho fatto spesso dentro di me.
È necessario un figlio a tutti i costi per sentirsi donna completa? O padre realizzato? O coppia più unita?
Proprio perché non ne ho avuti, credo profondamente che mettere al mondo un figlio sia l’atto più generoso, altruista, di amore gratuito che possa esistere. Una creatura esce da noi e non ci appartiene più fin dal momento stesso del parto. È una persona che si immette nell’esistenza; la madre e il padre sono unicamente uno strumento.
Non esiste un diritto al figlio, o meglio, il figlio non è un oggetto del desiderio e non è un trofeo.
Nelle esperienze di fecondazione assistita che ho avuto modo di conoscere da vicino ho riscontrato, alla base, la necessità di autoaffermazione, un po’ di egoismo anche, spesso l’esigenza di riempire un vuoto che si era creato nella coppia. Motivazioni che non giustificano, a mio modo di vedere, il concepimento di un figlio.
Mi chiedo se la ricerca di una gravidanza a tutti i costi corrisponda effettivamente a un diritto del nascituro o non piuttosto all’appagamento del desiderio di una donna, e di una coppia, che non hanno forse preso completamente coscienza della loro identità come individui.
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