Il filamento fa crescere

Creato il 08 novembre 2013 da Media Inaf

L'origine dei filamenti non è ancora ben compresa ma oggi è diventato chiaro che essi giocano un ruolo importante nella formazione stellare e le stelle che nascono dentro i filamenti tendono ad essere più massicce di quelle che si formano all'esterno

di Diego Turrini 08/11/2013 10:49

Immagine a colori da Herschel della nube L1641
nella costellazione di Orione

La distribuzione in massa delle stelle è chiamata Funzione Iniziale di Massa (IMF è l’acronimo inglese) ed è una caratteristica importante di tutte le galassie, non solo della nostra. Derivare la IMF nelle diverse regioni di formazione stellare, o nelle diverse galassie, è molto importante: è costante la IMF? Varia da galassia a galassia? Varia all’interno della nostra galassia? Dopo diversi anni di studi non siamo ancora in grado di capire in che misura il processo di formazione stellare è influenzato dall’ambiente circostante, anche se siamo giunti alla conclusione che la IMF sembra essere costante dentro la nostra galassia. Ma non sappiamo ancora il perché.

La nostra ignoranza sulla IMF è in gran parte dovuta al fatto che le stelle in formazione sono circondate da un inviluppo di materiale che impedisce di guardare al loro interno. Solo le osservazioni alle grandi lunghezze d’onda, ad esempio nel lontano infrarosso, possono penetrare all’interno degli inviluppi. Il lontano infrarosso è proprio quella porzione dello spettro elettromagnetico che il satellite Herschel ha aperto agli astronomi nei suoi 4 anni di vita con risultati spettacolari.

In uno studio recentemente pubblicato sull’Astrophysical Journal Letters, un gruppo internazionale di ricercatori che formano il Consorzio Herschel per lo studio della Gould Belt ha investigato la relazione tra i filamenti e le caratteristiche delle stelle che si formano in essi. L’articolo, che ha come prima firma quella di Danae Polychroni dell’Università di Atene e in precedenza membro dell’IAPS, ha preso in esame la regione nota come L1641, all’interno del ben più grande complesso di Orione: il risultato di tale studio è che le distribuzioni in massa delle stelle in formazione, che evolveranno in seguito nelle IMF, sono simili tra loro, come già noto, ma con particolari differenze a seconda che le stelle prese in esame si formino all’interno o all’esterno dei filamenti. Le prime hanno una distribuzione in massa “spostata” verso masse maggiori rispetto alle seconde. In altre parole, le stelle che nascono dentro i filamenti tendono ad essere più massicce di quelle che si formano all’esterno.

L’immagine mostra un dettaglio della nube contornati in nero i filamenti e le stelle in formazione, le X bianche quelle nel filamento,la zona blu è l’area di formazione stellare, diamanti gialli sono invece le giovani stelle nella nube

“Noi riteniamo che la ragione di questa differenza sia che dentro i filamenti le stelle hanno maggiore disponibilità di ‘cibo’, o, più correttamente, c’è più gas e polvere a disposizione degli oggetti che si stanno formando, e quindi le stelle possono crescere di più rispetto ai loro cugini ‘poveri’ che si formano nelle altre zone e che quindi ‘si nutrono di meno’” spiega Danae Polychroni. “Se questo risultato sarà confermato da studi futuri ne discenderà che la IMF non dipende tanto da come le stelle si formano, quanto piuttosto dalla disponibilità di materiale in prossimità degli embrioni stellari che accrescono materia proprio dall’ambiente circostante”.

Un risultato importante raggiunto grazie a Herschel che ha guardato all’interno delle nubi molecolari. L’esistenza dei filamenti era nota da diversi decenni, ma grazie al satellite ESA per la prima volta è stato possibile osservare con grande dettaglio non solo la struttura dei filamenti ma anche le stelle che in essi si formano. I filamenti sono strutture che, come indica il nome, hanno una forma grosso modo cilindrica e che si sviluppano per decine di parsec intersecandosi e dando luogo ad una vera e propria struttura a ragnatela. L’origine dei filamenti non è ancora ben compresa, si pensa a meccanismi come, ad esempio, la turbolenza o i campi magnetici, ma  oggi è diventato chiaro che essi giocano un ruolo importante nella formazione stellare dato che Herschel ha mostrato come le stelle si formino soprattutto all’interno di tali strutture.

Herschel è stata una missione dell’ESA cui l’INAF ha dato un grosso contributo. Tra i vari istituti coinvolti, l’IAPS di Roma si distingue per essere stato l’unico istituto di ricerca in tutto il mondo che ha contribuito alla realizzazione di tutti e tre gli strumenti di Herschel. I rivelatori a bordo erano raffreddatti a temperature di poco superiore allo zero assoluto in maniera da raggiungere una sensibilità che non ha eguali per quelle lunghezze d’onda. Lo specchio primario del telescopio, 3 metri e mezzo, è al momento quello con il diametro più grande mai messo in orbita dall’uomo. Il suo diametro ha permesso di raggiungere un dettaglio spaziale che ha consentito di studiare la formazione stellare nelle galassie vicine, come le Nubi di Magellano o addirittura la galassia di Andromeda.

La missione Herschel si è conclusa ad aprile di quest’anno, quando l’elio liquido necessario al raffreddamento degli strumenti si è esaurito. La gran mole di dati che ci ha lasciato è però ancora in gran parte sotto analisi. Studi come quello di Danae Polychroni possono portare alla comprensione di molte delle domande, cui ancora non sappiamo dare una risposta, per quanto riguarda la formazione stellare. “Se l’INAF ha giocato un ruolo fondamentale nella realizzazione di Herschel, continuerà a farlo anche nello sfruttamento dei dati scientifici” – aggiunge Stefano Pezzuto dell’IAPS – “dato che, ad esempio, per quanto riguarda il Consorzio Herschel per lo studio della Gould Belt, la fascia lungo la quale sono disposte le regioni di formazione stellare più vicine al sole, abbiamo la responsabilità diretta dello studio di alcune delle regioni più importanti come quelle nel Lupo, nel Serpente, nel Perseo e, per l’appunto, in Orione”.

Fonte: Media INAF | Scritto da Diego Turrini



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