Magazine Cultura
Angelo Morino era un grande traduttore, un grande ispanista, un grande scrittore, un grande professore e un grande uomo. Ho avuto la fortuna di seguire un corso con lui all'Università, una sorta di "laboratorio di traduzione" in cui si confrontavano diverse versioni tradotte di uno stesso romanzo (dallo spagnolo all'italiano), arrivando poi a proporre un'ulteriore alternativa. Angelo Morino era in grado di trasmettere tanto durante queste sue lezioni: niente nozioni, niente regole (se non quelle del buonsenso), solo una grande passione per la voglia di conoscere, per la cultura e per le lingue. E sebbene in lui la passione e la voglia di tradurre stesse ormai scemando ( e considerando quante opere ha tradotto è abbastanza comprensibile), quello che riusciva a dare a noi studenti, che invece stavamo affacciandoci per la prima volta su questo mondo, era una grande amore per il suo lavoro, che si basava soprattutto sulla curiosità e la voglia di scoprire e rendere accessibili a tutti testi che altrimenti non lo sarebbero. E poco importa se per farlo bisogna "sporcarsi le mani", combattere con il testo e con le differenze linguistiche. Angelo Morino se n'è andato all'improvviso, lasciando un ricordo molto forte e affettuoso di sé anche per chi, come me, lo ha conosciuto pochissimo di persona (ma tantissimo attraverso le sue traduzioni). Oltre al ricordo, ha lasciato un computer pieno di appunti, di idee e di opere incompiute. Tra queste, due romanzi. Il primo, "Quando internet non c'era", racconta dei suoi inizi come traduttore e uomo di cultura, delle difficoltà che si riscontravano in passato, quando google e wikipedia ancora non esistevano, per tradurre e per scrivere, a cui si univa episodi della sua vita. Il secondo è proprio "Il film della sua vita", in cui l'autore parla del suo rapporto con la madre, una figura importante e spesso ingombrante che tanto ha influenzato la sua vita. Diversi piani di narrazione si alternano nella storia: il presente, quando si scopre la malattia terminale della madre, da sempre considerata in qualche modo "immortale", partendo dai primi mesi di dolore che vengono scambiati per demenza senile, visto il carattere irruento della donna, fino alla diagnosi e agli ultimi giorni prima della fine. E poi il passato della madre, la sua vita da bambina, cresciuta prima dalla nonna e poi dagli zii dopo la morte precoce della madre e l'abbandono del padre. Della sua fuga dalla casa in cui veniva trattata come serva una volta divenuta maggiorenne, per andare in cerca di indipendenza, e del suo successivo spostamento in Piemonte per seguire l'amore. Si racconta degli anni della guerra e di quelli successivi, della nascita del figlio e del loro rapporto quando lui era piccolo e poi cresciuto. I racconti di questo passato si mescolano ai ricordi del figlio, che riaffiorano ora che la madre è vicina alla fine: ricordi belli, del loro rapporto quando lui era un bambino, ricordi un po' più brutti, delle discussioni tra madre e padre o delle sberle prese durante scatti d'ira. Ricordi legati alla sua vita affettiva e amorosa, consapevolmente negata dalla donna. Un romanzo autobiografico che nasce, come molto spesso succede, quando si sa che la fine di un rapporto per forza di cose è vicina e che non si può fare niente per fermarla. E questo porta a riflettere su quello che è stato e su quello che è: sulle difficoltà che si vivono e sulla tristezza che necessariamente accompagna gli ultimi giorni. Si tratta però di un'opera incompiuta, che ha preso luce grazie alla dedizione di chi ha cercato di mettere insieme tutti i pezzi: solo la prima parte è stata dichiarata "definitiva" da Morino stesso. Il resto sono suoi appunti, sue bozze che molto probabilmente sarebbero state modificate e corrette, se ne avesse avuto il tempo. La Sellerio, casa editrice con cui ha collaborato parecchi anni, e Vittoria Martinetto (anche lei mia docente all'università, nonché traduttrice e donna dalla cultura smisurata), che ha curato il libro, hanno voluto mettere insieme tutte le parti e pubblicare il libro, posizionando quelle non definitive in fondo al romanzo, sottoforma di note. Lo stile di Angelo Morino è incredibile: a tratti leggero, a tratti profondo, con un modo di narrare che quasi ipnotizza, che cattura, impedendoti di posare il libro. Ancora una volta, proprio come succedeva a lezione, ci si ritrova a pendere dalle sue labbra.
Il fatto che sia incompiuto, molto probabilmente rende il romanzo poco appetibile per chi non ha mai conosciuto il suo autore (nonostante la narrazione e lo stile siano comunque di altissimo livello). Per chi invece ha incontrato Morino, anche se per poco, è un modo per sentirlo parlare, attraverso le sue pagine, ancora una volta. E ne vale davvero la pena. Per acquistare: Il film della sua vita (La memoria)
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