Dora è giovane. Dora è dolce. Dora sta diventando una donna. Dora ha una madre che la adora e vuole offrirle una vita normale. Dora è una bimba curiosa intrappolata in un corpo adulto nell’apparenza e negli istinti. Il fatto, quindi, che Dora voglia conquistare la sua indipendenza ed esplorare il mondo nella sua bellezza, non può che inorgoglire una mamma. Quello a cui nessuno è pronto è che la giovane prima o poi scopra la sessualità, le pulsioni amorose, e sviluppi la volontà di crescere ed essere uguali agli altri soprattutto con riguardo al proprio corpo e ai sentimenti. E qui, inevitabilmente, le cose si complicano. Le domande e i dubbi senza una risposta giusta o sbagliata iniziano a sgorgare copiosi, perché Dora deve superare problemi che noi non abbiamo.
Sino a che punto dobbiamo trattare Dora come una persona dotata di autoderminazione in grado di badare a sé stessa? Dove risiede il confine tra proteggere e controllare un altro essere umano? Come fa un genitore a comprendere quando sia giunto il momento di frenare il proprio istinto di protezione? Quando dobbiamo considerare una persona disabile come indipendente?
© Felix Hächler
La storia portata sullo schermo dalla regista svizzera Stina Werenfels è forte, tocca temi controversi, e cerca di incrinare le nostre certezze. Con delicatezza e realismo, la sofferenza, la crudeltà e la speranza scorrono sullo schermo mentre seguiamo l’incredibile e naturale percorso della giovane alla scoperta del lato più misterioso dell’essere umano.
“Dora” è la trasposizione cinematografica della pièce teatrale “The sexual neurosis of our parents” di Lukas Bärfuss, che ha debuttato una decade fa sui palchi elvetici. Colpita dallo spettacolo, cui aveva assistito a Basilea, Stina Werenfels non è più riuscita a dimenticare quella trama e ha dovuto farla sua. Con alcune licenze rispetto all’originale, forte di attori che ci fanno parteggiare a rotazione per ciascun protagonista, con una dolcezza sorprendente, la cineasta ci offre un buon film, regalo di fine giornata.
© Olivier Vaccaro
La pellicola è un inno alla vita, al cambiamento, al coraggio, porta in trionfo la bellezza nelle sue varie forme. Mostra il complicato rapporto madre-figlia, la traumatica scoperta di sesso e sessualità, le meravigliose potenzialità di chi pare avere una marcia in meno e – soprattutto – ci dà una scossa ricordandoci quanto gli stereotipi possano essere fuorvianti e relegarci in inutili gabbie, nonostante viviamo in un’epoca di estrema libertà e autodeterminazione. E, ironicamente, in questa storia sarà proprio colei che ha portato via molto a alla madre a ridonare equilibrio, serenità e una nuova prospettiva per andare avanti.
“Dora or the sexual neurosis of our parents” assorbe, non traumatizza, anzi, ci fa sorridere nonostante ci induca a riflettere. L’opera intriga e tocca molti dei sottili tabù che ancora si celano qui e là nelle convenzioni e nel pensiero cosiddetto comune. Film singolare e consigliato… sempre che arrivi anche nel caldo Mar Mediterraneo.
Vissia Menza