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TRAMA
Un uomo indiano racconta a uno scrittore canadese la propria incredibile storia: ancora un ragazzo, è l'unico sopravvissuto di un naufragio, trascorre quasi un anno su una scialuppa in compagnia di una tigre. RECENSIONE Il protagonista è convinto che il suo ascoltatore alla fine della storia si convinca dell'esistenza di Dio. Lo spettatore invece si convince della grandiosità del cinema grazie a un film capace di coniugare grande spettacolo, abilità tecnico-artistiche e riflessioni. Quest'ultimo è il lato in cui il film è più carente, nonché quello che rischia di far storcere il naso a qualcuno: raramente la spiritualità ha avuto rappresentazioni convincenti nel cinema e le premesse della pellicola sembrano promettere una storia di formazione edificante e mielosa. Ma questa è la parte più leggera e divertente, quella prettamente da commedia, che vanta anche un discreto numero di buone battute. Poi arriva il naufragio e l'emozione e la tensione prendono il sopravvento per non abbandonare più lo spettatore: lo straordinario spettacolo della natura, riproposto digitalmente con grandissima abilità stupisce, spaventa, commuove. Così come lasciano a bocca aperta gli effetti speciali e la stupenda fotografia che ci ricorda che il cinema può e deve stupire anche l'occhio. Ma Vita di Pi stupisce anche il cuore, perché alla fine del film siamo sinceramente coinvolti dalla storia di questo ragazzo (applausi al tour de force dell'esordiente Suraj Sharma) ed estasiati dallo spettacolo della natura e dall'abilità umana di riproporla in tutta la sua grandezza Ang Lee fa tesoro degli insegnamenti dei due film di Cameron che hanno incantato milioni di spettatori e rilancia con maggior originalità e coraggio, perché si muove su un terreno molto più rischioso Poi un'altra svolta, con un "doppio" finale che spiazza, il suo blockbuster si trasforma in un'interessante, quanto criptica, riflessione metacinematografica sul potere della narrazione. Il merito della riuscita del film, a livello narrativo, è dell'abilità di David Magee di adattare il romanzo di Yann Martel, ma Ang Lee con questo film entra definitivamente nei grandi della storia del cinema, in quanto sempre più spesso riesce a rinnovare i generi e i personaggi che affronta: ha dato nuova linfa e spessore ai cappa e spada orientali con La Tigre e il dragone, ha reso i cowboy dei western degli eroi romantici e gay in I segreti di Brokeback Mountain e con Vita di Pi ha ha dato un nuovo senso al 3D e ai film d'avventura. VOTO: 8,5
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