Doveva esserci un esercito in armi, una fiumana di ggente. In effetti, leggendo i resoconti berlusconiani, così è stato. Telecamere sapientemente piazzate su alti trespoli, con potenti teleobiettivi, di quelli che "schiacciano" centinaia di metri come se tutto avvenisse in dieci metri. Bandieroni sbandierati da co.co.pro. che oscuravano il cielo. Avevano straparlato di 300 pulmann (15.000 persone solo da fuori, più i romani, gli automobilisti, i treno e aereo trasportati. Si sono ritrovati in 2000 (due sale cinematografiche) ad ascoltare le solite fregnacce sui magistrati cattivi e disturbati mentalmente, sulle "sinistre" (ma quante sono?) impegnate ad organizzare un colpo di stato ad ogni fine-settimana (loro si divertono così...)
Ma ecco che arriva quel komunista di Stefano Menichini a rovinare la festa a Silvio (la festa dell'addio!) con le sue balle da vetero-catto-kominista...
L'invincibile Armata di Silvio - Dalla Campania, ecco il possente "Esercito di Franceschiello"
Una moscia giornata storica
La giornata storica si riduce a poca cosa per i berlusconiani: una buona resistenza nell'aula del senato, un mezzo flop in piazza. E sull'8 dicembre ora tutto il Pd deve raccogliere la sfida.
I senatori forzisti e i loro alleati si sono battuti bene nell’aula di palazzo Madama. Alcuni abissi di volgarità, alcuni interventi di carattere giuridico insidiosi, tanti argomenti noti e stranoti. Ma nel complesso, data la gravità dell’evento dal loro punto di vista, l’ultima trincea berlusconiana in senato è stata difesa con una certa efficacia. Non si è verificata neanche la ipotizzata fuoriuscita in massa dall’aula.
Fuori, nella Piazza che Berlusconi dovrebbe saper muovere molto meglio del Palazzo, non è andata altrettanto bene. Altro che fiumane di popolo: non più di duemila persone si sono accalcate ad arte nella strettissima via del Plebiscito. Il discorso del capo decaduto non è stato all’altezza del momento storico, si è capito solo che Berlusconi vuole aprire una competizione diretta con il Pd intorno all’8 dicembre: ottima notizia, diventano fortissime le ragioni che Europa proponeva ieri perché tutti i democratici diano il massimo per un’alta affluenza alle urne per il segretario.
L’unico altro dato politico della giornata (capita spesso che i momenti catartici si riducano a poca cosa) è che sarà difficile gestire la “scissione concordata” dei berlusconiani: almeno una parte degli irriducibili rimasti col Cavaliere non rinuncia a toni da scomunica nei confronti dei cugini separati. E nelle ultime ore, fra la contestazione alla finanziaria “delle tasse” e l’accusa di sudditanza alla sinistra forcaiola, Alfano ha cominciato a pagare i suoi prezzi.
Il fatto evidente che Berlusconi si consideri fin d’ora in campagna elettorale non vuol dire molto. Né le sorti del governo né quelle della legislatura dipendono più da lui. Può darsi che dal suo punto di vista chiamarsi fuori e mettersi all’opposizione fosse l’unica opzione possibile, di certo lo condanna a non poter più influire sulle dinamiche politiche. Sarà aggressivo e pugnace fuori dal parlamento (anche se c’è da mettere in conto una fase di depressione), però il triangolo della decisione si restringe a Letta, Alfano e il prossimo segretario del Pd, sotto la supervisione del Quirinale.
La nascita delle larghe intese, appena sette mesi fa, fu da tutti giustamente considerata il capolavoro dell’intera vita politica di Berlusconi. Comunque la si pensi su di lui, questo è sicuramente il suo momento più basso, anche se ovviamente non l’ultimo.
(Fonte: Stefano Menichini - Europa)