Questo accade perché la sceneggiatura di Kenneth Branagh - che ambienta le vicende del libretto originale di Emanuel Schickaneder durante il primo conflitto mondiale - è anche e soprattutto una semplificazione. Che nel Singspiel di Mozart ci sia la lotta tra il bene e il male, tra la furia e la pace, tra una gioia composta e ascetica e una livorosa sete di vendetta è un dato di fatto che anche i bambini colgono subito. Solo che una traduzione unilaterale, calligrafica e punto-punto - mi si perdoni l'omoteleuto - in senso di luce e pace è appunto quanto farebbe un bambino o un ascoltatore ingenuo.Per parte sua, è per lo meno onesto dire che Kenneth Branagh non doveva scrivere un saggio accademico su Die Zauberflöte ed è giusto che all'artista si conferisca la massima libertà, soprattutto quando questi pensa a portare l'opera (e quest'opera in particolare) nell'immaginario di un pubblico sempre più vasto e diversificato. Accolgo, dunque, con la gioia di un bimbo - magari quella di un bimbo in grado di riconoscere il mondo durante la Grande Guerra - un'occasione a dir poco deliziosa per riimmergersi nei tellurici abissi del mondo mozartiano.
Anche a valutare l'aspetto più propriamente esecutivo, c'è ben poco di cui lamentarsi (se si esclude il senso di estraneità che porta l'inglese nell'opera, che consente di rileggere in prospettiva il meraviglioso The Rake's Progress di Stravinsky). Sebbene nessuno di loro brilli (tranne forse il Sarastro di René Pape), i cantanti/attori difendono molto bene il loro ruolo e senz'altro non fanno rimpiangere edizioni più convenzionali. Vale perciò la pena di ricordarli tutti, nella speranza di poter godere, insieme a chi magari non frequenta l'opera, di altre occasioni paragonabili: Tamino è Joseph Kaiser, Pamina Amy Carson, la Regina della Notte Lyubov Petrova, Papageno Benjamin Jay Davis, Papagena Silvia Moi, Monostatos Tom Randle, Primo Sacerdote Tom Uttley. Ma un plauso va anche alle tre dame e soprattutto ai tre deliziosi bambini.






