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Il fondamentalista riluttante

Creato il 14 marzo 2015 da Misterjamesford
Il fondamentalista riluttanteRegia: Mira Nair
Origine: USA, UK, Qatar
Anno:
2012
Durata:
131'

La trama (con parole mie): Khan è un giovane pakistano alla ricerca della realizzazione di se stesso. Guadagnata una borsa di studio a Princeton, negli States, e divenuto uno dei giovani volti più importanti di una società specializzata nello smaltimento e nella rivitalizzazione delle imprese in crisi, l'analista finanziario vive sulla sua pelle l'american dream fino a quando l'undici settembre non cambia le regole. Messo alle strette dai pregiudizi e toccato nel profondo dalla reazione della sua famiglia al suo lavoro nel cuore di New York, l'uomo decide di abbandonare tutto e tornare nella sua terra d'origine diventando docente universitario e, a parere dei servizi segreti USA, uno dei più influenti uomini della ribellione locale.Il giornalista e scrittore Bobby Lincoln, segretamente al lavoro per gli uomini del governo americano, cerca di comprendere dall'interno se il professore effettivamente sia quello che loro pensano.
Il fondamentalista riluttante
Personalmente, ho sempre trovato i film di Mira Nair abbastanza inconcludenti: mai interessanti abbastanza per diventare piccoli cult, mai troppo brutti da fare incazzare.Una buona via di mezzo, da artigiana e mestierante della settima arte che, qui al Saloon, finisce per avere minor fortuna rispetto anche a prodotti che finisco per bottigliare senza ritegno.Dunque, forse proprio per questo, Il fondamentalista riluttante ha finito per giacere, nonostante più di un parere positivo, nei meandri dell'hard disk fordiano per un paio d'anni, prima che mi decidessi ad affrontarne la visione senza troppi pensieri: superato questo ostacolo posso dire di aver, di fatto, forse per gusto o tipologia di pellicola, affrontato quella che mi è parsa l'opera più interessante della regista, un lavoro non perfetto eppure in grado di rievocare le atmosfere di prodotti come Homeland, che negli ultimi anni hanno conquistato senza alcuna riserva il favore degli occupanti di casa Ford.L'intervista di Lincoln a Khan, a tratti duello e a tratti una sorta di alienata versione di rispettosa amicizia, prese le dimensioni di un flashback a più riprese pronto a mostrare la vita ed i sogni distrutti del professore pakistano finisce per avvincere il pubblico neanche ci si trovasse nel pieno di un cliffhanger da season finale di una serie tv, curiosi di sapere come potrà mai sciogliersi la tensione, e dove porteranno le decisioni prese dai protagonisti o quelle volute dal Destino.In questo senso le vicissitudini del giovane ed arrivista main charachter divengono lo specchio di tempi che non lasciano - anche se ormai l'undici settembre duemilauno comincia ad apparire lontano - spazio alle speranze nel momento in cui all'interno di una società "evoluta" la paura e la sicurezza - vera o presunta - divengono priorità assolute: d'altro canto è altrettanto interessante notare quanto la regista lavori affinchè il suo stesso protagonista non finisca per risultare come la semplice vittima delle circostanze, fornendo di fatto all'audience un personaggio complesso e non privo di ombre, così come per il suo interlocutore, un Liev Schrieber fisicamente meno impegnato del solito ma non per questo poco efficace.Personalmente, nel corso della visione, mi sono ritrovato a comprendere le posizioni del protagonista - ottimo il finale, in questo senso - ed ugualmente a prendere le distanze dal piglio sempre e comunque da piedistallo che finisce per mostrare all'esterno e con i suoi interlocutori: e nel crescendo che porta, di fatto, ad una situazione senza vincitori o vinti, si trova tutta l'intelligenza di regia e sceneggiatura, che invece di offrire al pubblico una soluzione, finiscono per mostrare quanto violenza, pregiudizi e chiusura mentale - problemi che affliggono l'intera società dall'alba dei tempi - portino, di fatto, ad una sorta di amplificazione degli stessi.Interessante, inoltre, la scelta di proporre un titolo che avrebbe fatto senza dubbio scalpore ai tempi degli USA bushisti post-undici settembre a dieci anni di distanza dagli eventi sotto la bandiera dei democratici e di Obama, con Bin Laden ormai archiviato ed i sospesi con il Medio Oriente tramutati in appena accennate scaramucce: paradossalmente, osservare Khan e Lincoln confrontarsi finisce per apparire quasi più importante ora, che non ai tempi in cui le ferite erano aperte e dolenti, e per qualcuno poteva apparire doveroso muoversi in una certa direzione - difficile non indignarsi rispetto ad alcuni trattamenti riservati a Khan negli States nei giorni appena successivi l'attentato al World Trade Center -, anche perchè le stesse paure in grado di surriscaldare gli animi allora finiscono per essere quelle di oggi, semplicemente mutate a seconda di quelle che sono le richieste dei media e della società.Del resto, dove iniziano e finiscono le nostre libertà?
Concedono davvero quello che dovrebbero sulla carta a quelle dei nostri vicini? Oppure no?Sono domande che non avranno mai risposta.Come non le avranno, se non a caro prezzo, Khan e Lincoln.
MrFord
"Politics, it's a drag
they put one foot in the grave
and the other on the flag
systems rotten to the core
young and old deserve much more
than struggling every day until you're done."
Ben Harper - "Both sides of the gun" -
 

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