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Il fronte del Mali, il blitz algerino e la percezione dell’emergenza.

Creato il 18 gennaio 2013 da Basil7

di Beniamino Franceschini

da FANPAGE, 18 gennaio 2013

L’assalto all’impianto estrattivo di In Amenas in Algeria mostra al contempo la problematica del controllo delle frontiere proprio a ridosso del conflitto in Mali e il rischio prossimo per la sicurezza e gli interessi europei in caso di errata gestione della crisi.

Quanto avvenuto a In Amenas, l’impianto estrattivo algerino tuttora nelle mani di un gruppo islamista, nonostante un blitz delle forze speciali che ha causato la morte di almeno 30 ostaggi e 15 sequestratori, ha un duplice significato. Innanzitutto è verosimile che l’azione sia stata progettata ben prima rispetto all’intervento francese in Mali, cosicché la strumentalizzazione da parte dei combattenti sarebbe a posteriori.

Detto questo, è evidente che l’accadimento evidenzi il profondo vulnus nel sistema di sicurezza dell’Algeria. Le zone meridionali del Paese sono inserite nella macroaerea nella quale ormai da anni operano formazioni sottilmente in bilico tra Islam radicale e banditismo. La frontiera algerina non è assolutamente stabile: questo è uno dei fattori che potrebbe rendere l’intervento in Mali la scintilla in una polveriera la cui miccia è molto lunga e radicata in Africa, fino in Somalia. La regione controllata dalla coalizione dei jihadisti maliani è estesa per oltre 800mila chilometri quadrati, ma il raggio d’azione di quei gruppi è molto più ampio, cosicché si potrebbe assistere a un ampliamento della missione internazionale. Per di più, i combattenti islamisti sono assolutamente ben armati, potendo contare sul rifornimento costante dalla Libia post-Gheddafi. Per i francesi, uno degli aspetti prioritari della guerra in Mali è la chiusura dei confini e la loro sicurezza, opera molto complessa, poiché, se da un lato le frontiere con Niger, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea e Senegal sono state poste sotto relativo controllo, dall’altro lato restano permeabili i passaggi da Mauritania e Algeria, oltre al fatto che le reti jihadiste abbiano mostrato capacità organizzative eccellenti in condizioni ben peggiori.

Il secondo aspetto da tener presente è che il messaggio che giunge da In Amenas sia la fragilità della stessa sicurezza europea. Colpendo un impianto estrattivo di gas, gli islamisti hanno leso un àmbito strategico degli attori impegnati in Mali, ossia l’approvvigionamento energetico. Fermo restando che ancora non è escludibile la minaccia terroristica in Europa, la percezione dei rischi connessi alla stabilità dei nostri interessi è senz’altro aumentata dopo fatti di In Amenas, perché, a differenza di altre circostanze, adesso l’emergenza si è “formalizzata”. Come spesso accade, per l’opinione pubblica non esiste alcun problema finché non cominciano a cadere le bombe. In quel momento si ha cognizione di quanto in effetti il mondo sia piccolo e di come le crisi geopolitiche non siano mai solo questioni militari, ma derivino innanzitutto dall’interconnessione della molteplicità dei fattori politici, sociali ed economici.

Beniamino Franceschini

Il fronte del Mali, il blitz algerino e la percezione dell’emergenza.

La versione originale dell’articolo può essere letta qui: Il fronte del Mali, il blitz algerino e la percezione dell’emergenza.



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