di Daniela Piazzalunga
Una rivoluzione femminile incompiuta
Esiste un’immigrazione da troppo tempo invisibile, quella delle donne. Arrivate per prime nel nostro Paese, poi superate da ingressi prevalentemente maschili, negli ultimi anni costituiscono più della metà dei flussi in ingresso.
Tuttavia sono nascoste dalle mura domestiche delle proprie case, dove assolvono al compito di moglie e madre, o delle nostre abitazioni, dove svolgono quei compiti che hanno permesso alle donne italiane di lavorare fuori casa: sono colf oppure badanti, più di rado babysitter (o meglio, collaboratrici familiari e assistenti domiciliari, per restituire loro almeno una dignità linguistica). Denunciano, con la loro sola presenza, una rivoluzione femminile incompiuta, che ha semplicemente trasferito il peso del lavoro riproduttivo* da un gruppo di donne ad un altro.
La doppia discriminazione
Se numerose ricerche, provenienti dal mondo accademico e da quello non-profit, hanno cercato di portare al centro dell’attenzione la cosiddetta “femminilizzazione delle migrazioni”, esse hanno avuto tuttavia il difetto di riproporre costantemente gli stessi modelli interpretativi, diffondendo i clichées che vogliono prostitute nigeriane, colf filippine, badanti ucraine, mogli marocchine.
Certamente tali semplificazioni rispondono alla realtà che vede ciascuno di questi gruppi prevalentemente impiegato in quel dato settore, complici da una parte le vie della tratta e dall’altra i network migratori, i quali favorendo l’inserimento lavorativo di una nuova arrivata, costituiscono anche un freno, contribuendo a creare dei lavori “etnicizzati”. Ma una simile schematizzazione ha il difetto di mascherare delle sacche minori, dove sono altrettanto presenti la doppia discriminazione di cui sono vittime le immigrate – in quanto donne e straniere al tempo stesso – e le violenze che subiscono.
Schiave invisibili
Particolarmente sconosciuto è del caso delle donne straniere impiegate nel settore agricolo come braccianti, principalmente provenienti dall’est Europa (in particolare Ucraina e, in passato, Polonia), che si insediano nel meridione d’Italia e scompaiono tra il numero di immigrati irregolari, invisibili e non conteggiati. Infatti, se per quanto riguarda l’immigrazione in agricoltura proveniente dall’Africa e dal Maghreb la percentuale di donne è veramente esigua, nel caso dell’est Europa è quasi pari a quella degli uomini.
Questo perché la migrazione proveniente dall’Europa orientale ha caratteristiche diverse, ed è tipicamente temporanea, con l’obiettivo di migliorare la propria condizione economica, per poi ritornare al Paese d’origine, ed eventualmente ripartire in seguito.
Il ricatto sessuale
Tanto nel settore agricolo, quanto altrove, le donne immigrate sono vulnerabili, sottopagate, soggette a ricatti sessuali.
“Mediamente percepiscono 25-35 euro giornaliere (otto e più ore di lavoro), a cospetto dei 45 – 55 euro dei loro colleghi maschietti e per arrotondare si vedono offrire 15 – 20 euro per una prestazione sessuale con il loro datore di lavoro.” (A. Corropoli, “Sfruttamento delle donne in agricoltura. Straniere e indifese sotto lo schiaffo del caporale” La Voce del Molise, 13/02/2011)
Le prestazioni sessuali derivano quindi dal ricatto della miseria, dovuta a salari assolutamente insufficienti, e risultano sottopagate anche rispetto al mondo della prostituzione. Una necessità per arrotondare lo stipendio, inferiore a quello dei propri colleghi uomini. Tanto più che di fronte ad un rifiuto non mancano gli abusi e le violenze, oltre alle minacce che fanno presa sull’irregolarità della loro condizione giuridica.
Secondo un rapporto** di Medici senza Frontiere, infatti, oltre la metà degli stranieri impiegati come braccianti agricoli non ha un permesso di soggiorno, a cui si aggiunge un 25% di persone con un regolare permesso per richiesta d’asilo, alle quali, ai sensi della legge italiana, non è consentito lavorare.
Per una donna, essere irregolare vuol dire essere soggetta alla minaccia di essere denunciata e di conseguenza rimpatriata se non si accettano i rapporti sessuali. Condizione simile a quella delle badanti irregolari, che convivono con l’anziano e sono spesso vittime di molestie da parte dei suoi familiari. Ma questa, anche se non sembra, è un’altra storia.
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* “Riproduzione” è un concetto che incorpora il significato di riproduzione umana, economia riproduttiva (il mantenimento degli esseri umani durante il ciclo della loro vita) e riproduzione sistemica (il mantenimento di particolari strutture nel sistema sociale). All’interno di quest’ottica il lavoro riproduttivo è considerato quello dei servizi sessuali-affettivi e di cura, che oggi rientrano principalmente nelle mansioni delle donne immigrate.”