di Riccardo Alberto Quattrini. Cogito erba sum, potrebbe sembrare una citazione sbagliata, invece non sembrerebbe proprio così. E’ appena uscito un libricino del filosofo francese Frederic Pages dal titolo: “Cartesio e la cannabis” in cui non si esclude l’uso di questa erba da parte di chi è ritenuto il fondatore della filosofia e della matematica moderna. Ma ad Amsterdam, checché ne dicessero allora i francesi falsi moralisti, ci si andava per fumare.
Egli, infatti, scriveva in una lettera del 5 maggio1631 aGuez de Balzac “tutte le comodità e le curiosità che desideriamo, come i vascelli pieni di tutto ciò che le Indie producono”. Che cosa importavano da così lontano se non il petum, tabacco, ovverosia l’erba del diavolo, com’era chiamata allora. In Francia nel 1629 veniva proibita ufficialmente l’accensione di pipe in luoghi pubblici. Non da meno l’Inghilterra, dove re Giacomo I puniva di regola i fumatori col carcere, più terribile la punizione nella Russia dello zar, dove chi era sorpreso a fumare ci rimetteva la testa.
Solo l’Olanda legalizzò quell’erba del diavolo che prosperò e permise di crearne di nuove qualità, tanto da ospitare e dare voce a medici esperti che ne esaltavano le virtù analgesiche: dolori di parto, mal di denti, mali di stomaco. E non si trattava di fumate innocenti se si considera che i proprietari di farmacie, avevano già la malizia di impreziosire le misture con allucinogeni d’antan come semi di giusquiamo nero, la belladonna o la datura, tutte erbe con proprietà sedative, spasmolitiche, analgesiche e narcotiche.
Ma Pages non vuole certamente fare il moralista nei confronti del grande Cartesio, solamente provocare e parlarci di una Francia del Seicento dove l’Inquisizione e la Controriforma accendevano roghi di libri e di eretici. Quasi come un’Europa attuale, che attacca i fumi della libertà, accecata dall’oppio della sua idea di grandezza.
Featured image, ritratto di René Descartes (1596-1650).