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Ci sono diversi modi di definire l’empatia: c’è empatia quando smettiamo di focalizzare la nostra attenzione in modo univoco (single-minded), per adottare invece un tipo di attenzione “doppia” (double-minded). Focalizzare la nostra attenzione “in modo univoco” significa prestare attenzione solo alla propria mente, ai propri pensieri o alle proprie percezioni. Avere una attenzione “doppia” significa tenere presente allo stesso tempo anche la mente di qualcun altro. Quando l’empatia è spenta, pensiamo solo ai nostri interessi, quando è accesa , ci concentriamo anche sugli interessi di altre persone.
L’empatia è la nostra capacità di identificare ciò che qualcun altro sta pensando o provando, e di rispondere a quei pensieri e sentimenti con un’emozione corrispondente. Essere in grado di entrare in empatia significa essere in grado di comprendere con precisione la posizione dell’altra persona, identificarla con un “dove si trova”. Significa essere in grado di trovare soluzioni a ciò che altrimenti potrebbe essere una situazione di stallo tra obiettivi incompatibili. L’empatia dà valore ai sentimenti dell’altra persona, permettendole di sentire che i suoi pensieri e sentimenti sono stati ascoltati, riconosciuti e rispettati. L’empatia permette di farsi amici cari e di prendersi cura dell’amicizia, evita il rischio di fraintendimenti e di problemi di comunicazione, consentendo di capire che cosa potrebbe intendere l’altra persona.
Sono stati messi a punti dei test per testare i livello di empatia (QE) delle persone e ne è venuto fuori che alcune persone hanno un livello alto di empatia, altre medio e altre basso. Ne emerge una curva a campana dell’empatia. Alcune persone ricadono nella parte bassa della dimensione empatica in modo potenzialmente permanente , e che alcune di esse (ma non tutte) sono persone che potremmo chiamare malvagie o crudeli. Ossia, non sono molto empatiche , né lo saranno mai. Altri possono trovarsi nella parte bassa della curva dell’empatia perché hanno sperimentato una transitoria caduta della loro empatia, a causa della loro situazione contingente. In altri termini, avevano capacità empatica e l’hanno persa, ma per breve tempo. Qualunque sia il modo in cui si arriva al valore basso sulla scala dell’empatia, il risultato sarà lo stesso: a quel punto si diventa capaci di disumanizzare gli altri, di trasformare l’altro in un oggetto, e questo può avere conseguenze tragiche.
Che cosa situa il meccanismo di epatizzazione di un individuo a diversi livelli? La risposta è che ciò dipende dal funzionamento di un particolare circuito cerebrale, il circuito dell’empatia. Grazie alla risonanza magnetica funzionale, i neuroscienziati stanno tracciando un quadro chiaro delle aree cerebrali che hanno un ruolo centrale quando si entra in empatia. Essi concordano sul fatto che nell’empatia non è coinvolto l’intero cervello, ma una decina di regioni del cervello tra loro interconnesse. La corteccia mediale frontale è importante per confrontare il proprio punto di vista con quello di qualcun altro. Essa è suddivisa in una parte dorsale (dMPFC) coinvolta nella meta- rappresentazione dei pensieri e dei sentimenti degli altri e così quando pensiamo ai nostri pensieri e sentimenti. Al contrario la parte ventrale (vMPFC) è utilizzata quando si pensa alla propria mente più che a quella di qualcun altro e sembra avere un ruolo chiave nella consapevolezza di sé. Un ulteriore dato a favore che questa area sia connessa con la valenza emotiva è che se essa è coinvolta nei pensieri positivi e ottimisti e che le persone depresse, quando la loro vMPFC viene stimolata, si sentono meno negative. La corteccia orbito frontale (OFC) fa parte del circuito dell’empatia. I danni alla OFC possono anche portare i pazienti a perdere la capacità di giudizio sociale, rendendoli socialmente disinibiti. Adiacente a questa area c’è opercolo frontale (FO) che sembra sia coinvolta, rispetto all’empatia, nella codifica delle intenzioni e degli obiettivi degli altri (ciò è stato osservato nel comportamento delle scimmie). Un danno al giro frontale inferiore (IFG) può produrre difficoltà nel riconoscimento dell’emozioni. Quanto più si è empatici, tanto più è attivo l’IFG quando si guardano le facce che esprimono emozioni. Il ricercatore Bhisma ha scoperto che il disgusto è in gran parte elaborato nell’insula anteriore, la felicità è in gran parte elaborata nella striato ventrale, la rabbia nella corteccia motoria supplementare motoria e la tristezza in un certo numero di regioni, tra cui l’ipotalamo. La corteccia cingolata anteriore (cACC) è coinvolta nell’empatia, perché si attiva come parte della “matrice del dolore”, sia quando si prova dolore che quando si sta osservando il dolore altrui. L’insula anteriore (AI) ha un ruolo negli aspetti corporei della consapevolezza di sé. Tania Singer ha scoperto che sia gli uomini che le donne attivano la loro cACC e l’ AI quando vedono soffrire qualcuno che considerano corretto e simpatico. Si è scoperto che la giunzione temporoparietale destra (RTPJ) ha un ruolo chiave nell’empatia, quando si tratta di giudicare le intenzioni e le credenze di qualcun altro e la sua stimolazione può inoltre provocare l’inquietante sensazione che sia presente qualcun altro anche se non c’è nessuno. La porzione posteriore del solco temporale superiore (pSTS) ha un ruolo quando noi osserviamo gli occhi di un’altra persona non solo per capire dove sta guardando, ma anche per comprendere quali possono essere i suoi sentimenti nei confronti di ciò che vede. La corteccia somatosensoriale è coinvolta non soltanto nella codifica di un’esperienza tattile, ma anche nella semplice osservazione di altri che vengono toccati. Ciò indica che quando ci identifichiamo con il disagio di qualcun altro, lo facciamo in un modo molto sensoriale. L’opercolo frontale e il giro frontale inferiore sono collegati al lobulo parietale inferiore (IPL) fanno tutti parte del sistema dei neuroni specchio che si attivano sia quando si esegue un’azione sia quando si osserva qualcun altro che esegue la stessa azione e ciò suggerisce che l’empatia implichi una qualche forma di rispecchiamento delle azioni e delle emozioni altrui. E’ stato anche ipotizzato che il contagio emotivo sia una forma di empatia e si può immaginare che questo tipo di “contagio” avvenga senza che ci sia bisogno di pensare coscientemente ai sentimenti dell’altro. L’amigdala è coinvolta nell’apprendimento emotivo e nella regolazione delle emozioni ed è centrale nell’indirizzarci a osservare gli occhi, che ci danno indizi circa i pensieri e le emozioni delle altre persone. Questi dieci centri, che costituiscono il circuito dell’empatia non sono collegati in modo semplice e lineare, ma attraverso una molteplice serie di connessioni. La constatazione che l’attività di queste regioni varia nei diversi individui in base al diverso livello di empatia della persona ci riconduce all’idea che l’empatia vari come un dispositivo di modulazione , e ci offre un modo diretto per spiegare perché alcune persone abbiano poca o nessuna empatia…….