Fondo ritrovato? Che non sia più a fondo perduto! (Proposta sul FUS e sui teatri lirici) (di Sandro Gugliermetto)
Dunque, il FUS è stato reintegrato. Solo una mente perversa poteva pensare di farlo aumentando le accise sui carburanti – come si fa per emergenze tipo terremoti o guerre – ma tant’è: non voglio polemizzare su questo. Voglio piuttosto partire dal dato di realtà: le Fondazioni liriche (le quali, giova ricordarlo, si tracannano i tre quarti del FUS) sono, per quest’anno, salve.
Domanda cattiva: e se adesso le suddette Fondazioni ricominciassero a spendere male, malissimo le loro risorse? Come hanno sempre fatto negli ultimi decenni?
Risposta costruttiva: dovremmo fare in modo che finalmente quei soldi (pubblici) vengano spesi bene.
Secondo me, una soluzione ci sarebbe. La poggio sulla mia doppia esperienza di musicista e di amministratore pubblico, e la sottopongo alla vostra valutazione.
Se una Associazione, una Fondazione, o comunque un soggetto di diritto privato chiede un contributo a un Ente pubblico, lo fa in base a un progetto. A progetto realizzato, deve produrre una rendicontazione. In altre parole, se io chiedo 100 euro al mio Comune, lo faccio specificando quale progetto voglio realizzare; successivamente, devo dimostrare che quei 100 euro li ho effettivamente spesi così, e non me li sono andati a bere.

Esemplifico. Il Governo, attingendo al FUS, dà un milione alla Fondazione lirica della città di Xxx, ma soltanto dopo aver contrattato col suo Sovrintendente e col suo Presidente (che di norma è il Sindaco, e quindi conosce bene questi meccanismi) una serie di obiettivi: economici, occupazionali, produttivi, didattici, eccetera.
Obiettivi economici: se la Fondazione copre attualmente coi ricavi dei biglietti il 10% dei costi, le si chiede in tre anni di arrivare al 15%, magari con clausole sul costo dei biglietti “popolari”.
Obiettivi occupazionali: si chiede alla Fondazione di far lavorare qualche artista in più e qualche amministrativo/passacarte in meno, o di stabilizzare quegli artisti che da dieci anni lavorano regolarmente come “aggiunti”, contrattando le percentuali progressive anche a livello sindacale.
Obiettivi produttivi: la Fondazione riduce i costi complessivi di produzione, ove necessario ricorrendo ad allestimenti vecchi, entro determinate e progressive percentuali. O ancora, la Fondazione produce pubblicazioni, materiale multimediale, o “vende” i suoi spettacoli alle televisioni (laddove il Governo potrebbe intervenire per favorire uno scambio virtuoso tra Teatri e Rai, specie ora che la Rai si è decisa a trasmettere opere liriche), fino ad introitare una cifra percentuale (da contrattare, appunto) sul proprio bilancio.
Obiettivi didattici: la Fondazione deve produrre un certo numero di spettacoli, concerti, conferenze, per le scuole del suo territorio, in modo da aumentare la platea dei fruitori dei servizi teatrali.
Potrei continuare per altre 25 pagine, ma credo che il meccanismo sia chiaro: si contrattano degli obiettivi; se essi vengono raggiunti, l’anno dopo la Fondazione avrà almeno gli stessi denari dell’anno precedente; se vengono raggiunti per metà, avrà metà denari; se non vengono raggiunti affatto, il Teatro chiude, poiché vuol dire che è stato gestito male, senza alcun rispetto degli accordi presi e senza quel rigore che bisogna avere allorché si maneggiano denari che, essendo pubblici, sono di tutti: anche di coloro che a teatro non ci vanno.
In italiano, questa si chiama anche “meritocrazia”.
Sandro Gugliermetto




