Dopo la conclusione di un grande evento mediatico come il Festival di Sanremo è spontaneo chiederselo: che fine farà la TV generalista? Vediamolo insieme, buona lettura!
C’era una volta Manzi e il Carosello
La Tv italiana nasce negli anni ’50, con un solo canale e il divieto assoluto della pubblicità, probabilmente ritenuta la mano sinistra del demonio. Ci si presentava in giacca, cravatta o papillon e i programmi venivano introdotti da simpatiche annunciatrici, presentati al grande pubblico da grandi mattatori come Baudo, Mike Bongiorno, Raimondo Vianello e Corrado Mantoni (che in seguito reinnesterà la Corrida radiofonica sul piccolo schermo). Guardare un programma come Studio Uno significava vedere mostri sacri come Walter Chiari e Mina/Battisti insieme, ed essendoci un unico canale il problema degli ascolti non si poneva. Per le reti private c’era il divieto assoluto di trasmettere in diretta, pena l’esecuzione capitale in piazza pubblica.
Poi il boia ha posato la scure ed è arrivata la pubblicità storica di Carosello, i balletti a cosce scoperte, le lezioni del maestro Manzi per acculturare l’Italia, i grandi sceneggiati che ammorbavano l’intero Paese come Guerra e Pace e così via, passando per gli anni di piombo e giungendo agli anni ’80, dove Berlusconi lancia Mediaset e inizia la concorrenza a suon di Auditel, sistema inventato per misurare a campione le preferenze degli italiani.
L’Auditel permette di cogliere il polso del Paese ed è il metro in base al quale i grandi marchi pagano gli spazi pubblicitari: offri uno spazio in cui garantisci un numero minimo di spettatori e se sbagli (pur di non effettuare rimborsi) concedi altri spazi gratis con programmi a botta sicura o grandi classici (Ghost, L’attimo fuggente, Don Camillo e così via…).
La situazione attuale
Dividendo il pubblico per fasce (giovanissimi, adolescenti, adulti e anziani), basandomi sulle analisi di Google e analizzando la situazione americana c’è ben poco da ridere: le prime due fasce sono in fuga dalla tv generalista già da anni.
E come dar loro torto? Le serie TV arrivano doppiate in ritardo di qualche mese, molti programmi sono format riadattati dall’estero (a volte di dubbio gusto) e se parliamo di produzioni originali non si osa più: preti e carabinieri spadroneggiano, risolvendo casi “a stampino” in modo identico da 22 stagioni. C’è qualche biografia interessante su personaggi ed eventi contemporanei, ma è poca roba. Alcune considerazioni:
- Se le provincie italiane rispecchiassero il tasso di criminalità proposto da Don Matteo la popolazione italiana si dimezzerebbe in un mese
- I continui effetti sonori da cartone animato aggiunti ai giochi da borgata de Mezzogiorno in famiglia sono irritanti oltre ogni limite umano
- A volte ci sono personaggi che non vedi da vent’anni in TV… e quando vengono ospitati cogli subito il motivo
- L’arretratezza culturale che dimostriamo con le unioni civili emerge anche dal piccolo schermo: usiamo grafiche, stili e trailer fine anni ’90, solo ultimamente sta cambiando qualcosa
Per sfuggire a questo inferno mediatico, popolato da Conti che probabilmente anche in punto di morte continuerà ad elemosinare l’ultima risposta accompagnato da Amadeus e Gerry Scotti, esiste la TV “pay”, specialista:
- serie tv doppiate a tempo di record in contemporanea con la messa in onda americana
- partite in diretta con sudore del giocatore che cola direttamente sul vostro schermo da 60 pollici
- film con meno di 5 anni sul groppone
- presentatori e presentatrici NON in stato di decomposizione
- grafica chiara e pulita (basta guardare il canale free Sky TG24)
- possibilità di vedere l’offerta su vari dispositivi quando si vuole
La TV, stando alle ultime ricerche svolte da Google, rimane il mezzo di fruizione preferito per adulti e anziani: le prime due fasce hanno scoperto il mondo di Internet con YouTube e Netflix, servizio finalmente anche da noi in Italia. Contenuti in streaming (anche autoprodotte) disponibili come e quando si vuole, senza limitazioni o tabelle orarie da rispettare. Di recente gli iscritti a Netflix hanno superato gli abbonati alla HBO, storica TV via cavo: sono segnali che dovremmo cogliere e utilizzare come monito per il presente.
Gli stessi programmi tradizionali prendono spunto dal web con clip e filmati reperibili sui maggiori siti di streaming video come YouTube e Vimeo.
Concludendo
La TV generalista, grazie ad uno zoccolo duro di aficionados, non morirà tanto facilmente e continuerà a proporre giochi da borgata, programmi fotocopia da altri Paesi latini e la 40sima stagione di Don Matteo e de Un medico in famiglia.
Chi può scappa su altri canali e questi umori andrebbero monitorati: che il web sia il futuro è banale dirlo, senza contare che le statistiche sui visitatori sono molto più accurate e targetizzabili per gli inserzionisti che investono su quelle piattaforme.
Vedremo gli sviluppi, buona giornata.
Marco