Penso troppo al mio futuro, mi diceva delirando
Penso troppo al mio futuro, penso troppo e vivo male
Penso che fra più di un anno cambieranno i miei progetti
Penso che fra più di un anno avrò nuove verità
(Alberto Fortis – La Sedia Di Lillà)
Penso sia la cosa che mi fa più paura in assoluto. Anzi, mi angoscia. Mi angoscia perché non la conosco. La “cosa” di cui parlo è l’avvenire. Non so nemmeno se supererò questo pensiero bastardo quando sarò vecchia. Insomma, è difficile da spiegare: non mi fa paura il fatto che domani sarà un altro giorno, un nuovo giorno in cui non si sa cosa potrebbe succedere; mi fa paura il lungo termine, la distanza di anni, l’insicurezza. Ecco, non so se tutto sia in qualche modo già deciso, già scritto, e ogni nostra minima azione non faccia altro che ritardare o favorire ciò che deve comunque succedere. O se, al contrario, nulla sia predestinato e tutto accada per caso/per scelta.
E’ un argomento troppo interessante e troppo vicino all’umanità perché qualche filosofo, anche di terz’ordine, non ci si sia maciullato sopra. Ditemi che è così, plììììs! Almeno mi consolo. Nel senso che almeno non sono l’unica a porre certe domande dall’effetto di una peperonata andata a male prima di coricarsi.
Bene. So che alla mia veneranda età è normale pensare al futuro, dato che nella nostra estrema modestia crediamo di non aver nulla da guardare nel passato, però, o voi lettori maggiorenni adulti maturi, tenete conto della famosa equazione (agh! Un termine matematichese gnooo!): l’anno dell’adolescente è uguale all’anno del cane. Cioè:
Anno del cane = sette anni umani –> Anno del cane = anno dell’adolescente –> Anno dell’adolescente = sette anni umani.
E’ infatti dimostrato che se vedete un adolescente, poi lo rivedete un anno dopo, vi sembrerà che siano passati sette anni in uno. Da un cinquantenne a un cinquantaduenne passa poca differenza. Da un tredicenne a un quindicenne c’è l’universo.
Detto questo.
Sono davvero troppo, troppo indecisa su cosa fare della mia vita da grande.