Le primarie del centrosinistra hanno rappresentato un forte successo per il fronte progressista, tanto più dirompente se si pensa al fallimento in cui versa la destra italiana. Con l’affermazione di Bersani, le forze della sinistra sono riuscite a raccogliere una sfida che era stata posta anni fa e ruotava intorno alla concezione “democratica” di un partito politico. I milioni di elettori che si sono messi in fila ai gazebo, la competizione vera tra Bersani e Renzi (e non fittizia come era stata nelle precedenti primarie), la tenuta del movimento che non si è dilaniato in troppe fazioni come avveniva in passato rappresenta un salto di qualità positivo che in tanti attendevano da tempo.
La fusione tra i gli ex comunisti del PCI e degli esponenti della sinistra della DC, con innesti di altre storie politiche incomincia ad essere un mix vincente che qualora riuscisse ad arginare gli eccessi delle componenti più ideologizzate, potrebbe incidere veramente sulle sorti del paese.
Dall’altra parte, nel fronte della destra invece regna il caos. Il partito carismatico che doveva garantire prosperità e riforme si è dimostrato un flop clamoroso. Il fronte dei conservatori o dei “moderati” come essi amano definirsi pende ancora dalle labbra di Silvio Berlusconi, ha bruciato la leadership di Alfano, cerca un alleanza scellerata con la Lega nord di Maroni ed insegue le pulsioni più populiste ed antieuropee. Da una parte abbiamo il partito di Bersani che faticosamente è riuscito ad organizzarsi, dandosi una struttura che cerca di mettersi in sintonia con la società italiana profondamente delusa dalla classe dirigente della seconda repubblica. Dall’altra abbiamo il partito del Cavaliere, della Santanchè, delle amazzoni ed degli ex An (sempre più in preda ad una crisi di nervi), che cercano di recuperare i consensi perduti, riscrivendo (male e fuori tempo massimo) la legge elettorale, cavalcando il caso Sallusti, ed attaccando pubblicamente il Governo Monti, i cui provvedimenti sono i primi a votare nelle aule parlamentari. E’ questa la situazione allo stato attuale.
Il centrosinistra ha sfruttato la parentesi del governo dei tecnici per ristrutturarsi ed elaborare una proposta politica nuova, e sebbene il partito sia ancora in mano ad una nomenclatura in parte delegittimata, rappresenta un opzione possibile a cui accordare il voto (ieri i sondaggi. La destra in un anno non è riuscita a disfarsi del fardello berlusconiano che mina ogni possibilità di ripartenza. Pensare che dopo il successo delle primarie, l’elettore medio che non si riconosce nella sinistra possa accettare l’ennesima scesa in campo di Berlusconi è pura miopia. Il gap culturale e democratico tra destra e sinistra italiana si allarga sempre di più. Tra i due blocchi che hanno dominato la politica italiana negli ultimi 20 anni si frappone il Movimento 5 stelle promotore di una visione completamente innovativa, che da oggi inizia le proprie primarie in “rete”, il cui valore andrà testato nelle prossime settimane ma che rappresentano di per sé un elemento di rottura e di discontinuità con quel che accadeva fino a pochi anni fa