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Il gelo della Metropoli Tentacolare

Creato il 26 settembre 2011 da Albino

Scrivo dalla mia camera d’albergo al 27esimo piano di un non precisato grattacielo della Metropoli Tentacolare. Uno dei tanti il cui unico paesaggio e’ un mare sterminato di cemento, e la Tokyo Tower rossa che spicca nello sfondo altrimenti grigio.

Cazzate a parte, il weekend e’ andato benone. Solite cose: uscite con gli amici, bevute in compagnia, shopping. Le solite cose che si fanno a Tokyo. Pero’.

Pero’ ritornare mi ha fatto una strana impressione. Sebbene vivessi qui fino a soli tre mesi fa, mi sento un turista. Sento che la gente mi guarda in treno, o per strada, come si guardano i turisti americani. Mi danno il menu in inglese al ristorante, sebbene gli abbia parlato in giapponese prima. Tre mesi fa niente di questo sarebbe successo: sapevo che la gente sapeva che abitavo li’. Non so spiegarla questa cosa, la gente ora mi guarda in modo diverso.

(Sabato un vecchio mi ha redarguito in inglese, in treno, perche’ stavo scrivendo un messaggio seduto nei sedili in cui bisogna spegnere il cellulare. In due anni e passa non mi era mai successo niente del genere. Il vecchio aveva puntato il turista straniero: ma tre mesi fa so che non l’avrebbe fatto, come non l’avrebbe fatto con un qualsiasi giappo al posto mio. Indispettito, mi sono alzato davanti a tutti e gli ho detto “ちょっと、うるさい!” ad alta voce, e ho cambiato vagone.)

O forse sono io che mi sento diverso. Fuori posto forse, perche’ ora non ho una casa, non posso navigare in internet dal sedile del treno, non ho un lavoro giapponese. Ecco, mi sento come quando ero uno studente: una crosta, uno a clessidra, una cosa temporanea nell’infinita’ spaziotemporale di Tokyo. Ma la cosa strana e’ che e’ come se la Metropoli lo sapesse, che ora sono un semplice passante, uno a tempo determinato.

La Metropoli e’ spietata. Uno si aspetterebbe un po’ di affetto, dopo tutti questi anni in cui sono venuto, e poi tornato, e poi ritornato ancora e ancora, sempre qui. O una piccola nostalgia, in ricordo di quando si viveva insieme, di quante ne abbiamo passate. O un qualche risentimento per averla abbandonata, che ne so. O per lo meno un sorriso ironico, come a dirmi che eccoti, sei ancora qua che bussi alla mia porta, drogato di giappine che non sei altro.

Invece no. La Metropoli m’ignora bellamente, come se fossi uno qualsiasi. Come a dirmi che la vita e’ andata avanti senza di me, come se niente fosse. albino chi?

Ora mi vesto, ritorno nel mio vestito giaccaecravattato da salaryman. Per una settimana lavoro all’ufficio di Yokohama. Ho il treno che mi aspetta, la ventiquattrore in mano. Chissa’ se allora la Metropoli si ricordera’ di me, e mi perdonera’ per averla lasciata.


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