Il Generale Al-Sisi sarà il nuovo Nasser?

Creato il 22 agosto 2013 da Informazionescorretta

di: Dmitry Minin

Quello che sta accadendo in Egitto, in particolare la repressione dei Fratelli Musulmani del 14 agosto,  sotto molto aspetti rievoca quello che accade in Algeria nei primi anni ’90, quando, a causa di una guerra civile iniziata dagli islamici locali che erano stati rimossi dal potere , vennero uccise circa 200.000 persone. Allo stesso tempo, non vi alcun motivo per credere che l’esercito egiziano e gli organi di polizia non consentiranno il sorgere di una simile situazione, in quanto sono l’unica forza militare organizzata nel paese, mantengono l’unità assoluta nei loro ranghi e hanno il sostegno di significativi segmenti  della popolazione. La linea dei militari è stata sostenuta non solo dai cristiani copti e dalla società laica, infelici dalla  diffusione della sharia, ma anche da molti ambienti conservatori che credono che la Fratellanza Musulmana abbia preso in prestito il suo modello politico dall’Occidente. Sempre più persone ritengono che il paese sia stato condotto alla crisi non dal vicolo cieco del Nasserismo, bensi dal suo abbandono.

Molti hanno notato il supporto senza precedenti giunto dall’ Arabia Saudita per le azioni dei militari egiziani, che, nonostante la dura repressione delle proteste di massa, hanno definito una «lotta al terrorismo» . Il Regno di Arabia Saudita (KSA) e gli Emirati Arabi Uniti hanno tamponato i sostenitori del leader del regime militare, Abdel Fattah al-Sisi. Di fronte a gravi problemi socio-economici aggravati dai disordini, gli aiuti finanziari da questi stati arabi potrebbero diventare un fattore decisivo per l’Egitto nel consolidamento della situazione del paese sotto la guida dell’esercito. Anche Mosca ha prestato attenzione all’inaspettata alleanza saudita-egiziana, come indicato, ad esempio, dalla recente visita a Mosca del direttore generale dell’Agenzia dell’intelligence saudita, il principe Bandar, e dal suo esaustivo colloquio di 4 ore con il presidente russo V . Putin. E ‘interessante che il principe Bandar non abbia risposto a un invito simile da Washington, in cui si parla indirettamente dell’ insoddisfazione di Riyadh per la politica degli Stati Uniti in Medio Oriente. Sta prendendo forma una  estremamente curiosa configurazione di poteri che potrebbe avere però un significato positivo per la risoluzione di altri problemi, in particolare per superare la crisi in Siria.

Il presidente Obama preferisce non sostenere pubblicamente il regime militare egiziano. Dopo i sanguinosi eventi del 14 agosto ha tentato di chiamare il generale al-Sisi e lo ho allertato di «fermare la repressione dei manifestanti e l’uso di munizione vere». La Casa Bianca ha condannato ufficialmente la dichiarazione dello stato di emergenza nel paese. Tuttavia, secondo alcune fonti, «l’uomo forte d’Egitto» non ha nemmeno risposto alla chiamata di Obama – segno di audacia senza precedenti. Gli Egiziani hanno invece suggerito alla Casa Bianca di rivolgersi al presidente ad interim Adly Mansour, cosa però che gli americani, a loro volta, si sono rifiutati di fare. Si tratta di una ammissione di quanto limitata sia ora l’influenza degli Stati Uniti; i tentativi di parlare con i generali egiziani della repressione contro i manifestanti non sono riusciti, e il rifiuto di concedere all’Egitto 1,3 miliardi di dollari in aiuti diventerà semplicemente un invito per i ricchi stati arabi a sostituire gli Stati Uniti in questo ruolo. Il KSA e gli Emirati Arabi Uniti hanno già fornito al regime militare egiziano 12 miliardi di dollari, e l’importo totale degli aiuti promessi arriva a quasi 40 miliardi. La posta in gioco è alta. Dopo tutto, i Fratelli Musulmani sono repubblicani, e nonostante la loro adesione all’Islam, per le monarchie del Golfo Persico sono nemici mortali. Il potere è più importante della religione per la Fratellanza. Gli americani continuano ad insistere sulla democrazia in Medio Oriente, ma un numero crescente di osservatori sta giungendo alla conclusione che con questo gli americani non intendano la libertà per il popolo di scegliere, ma il proverbiale «caos controllato».

Il ministro della Difesa e comandante dell’ esercito egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha apertamente criticato l’amministrazione degli Stati Uniti e il presidente Obama, dicendo: «Hai abbandonato gli egiziani, gli hai voltato le spalle e gli egiziani non lo dimenticano». Al-Sisi ha esortato poi l’amministrazione a fare di più per sostenere il suo paese, tra cui esercitare un’influenza sulla Fratellanza Musulmana.

Gli esperti riconoscono che «oggi, una transizione democratica che l’Occidente ha cercato di ritrarre come un modello che altre nazioni arabe potrebbero emulare è ormai ridotta a brandelli ».

L’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer scrive: «Una cosa che già si può dire con certezza è che la ripartizione di base del potere all’interno della società egiziana non è cambiato. I militari e i Fratelli musulmani si spartiscono il potere tra di loro. I liberali filo-occidentali non hanno alcun potere reale e restano, come stiamo vedendo ora, sulle spalle dell’esercito ». In un senso più ampio, il colpo di stato militare in Egitto, insieme con la guerra civile in Siria, la destabilizzazione del Libano, che minaccia di diffondersi in Giordania, e la prevalenza della violenza in Iraq, preannunciano, secondo Fischer, la fine delle rivoluzioni arabe, almeno per il momento.

Il noto economista Jeffrey Sachs ritiene che «qui, l’irresponsabile Occidente – diviso tra la sua retorica democratica e la sua antipatia per gli islamici – ha mostrato la sua mano. I risultati sono stati equivoci e ritardi, piuttosto che impegno e l’assistenza. Il FMI ha parlato con il governo egiziano per due anni e mezzo dal rovesciamento di Mubarak senza nemmeno avergli prestato un solo centesimo, sigillando il tal modo il destino dell’economia egiziana e contribuendo ai disordini pubblici e al recente colpo di Stato ».

Gli analisti sono sempre più interessati al futuro dell’Egitto. Particolare attenzione ricade sull’attuale leader de facto del paese, il generale al-Sisi. Ad esempio, il giornalista Yasser Rizk del quotidiano egiziano Al-Masry Al-Youm descrive il suo incontro con il generale Abdel Fattah al-Sisi all’inizio del 2011, quando questi era direttore dell’intelligence militare egiziana.Si scopre che già nell’aprile 2010 il Generale al-Sisi aveva predetto l’inevitabilità di una rivoluzione popolare contro il regime di Mubarak in una relazione al Maresciallo Tantawi e aveva suggerito che l’esercito sostenesse il popolo. Non è sorprendente che il 12 agosto 2012, Mursi lo abbia nominato comandante in capo e ministro della difesa.Tra i Fratelli Musulmani circolava anche una voce  sul fatto il generale era un membro segreto della loro fratellanza. Tuttavia, Rizk afferma che al-Sisi era  prima di tutto un «nazionalista egiziano».

Dopo che al-Sisi assunse il suo nuovo incarico, il suo primo obiettivo fu quello di ripristinare la capacità di combattimento dell’esercito egiziano, preservandolo dal partecipare a giochi politici e conflitti tra partiti. Il generale sperava infatti che «le forze politiche avrebbero raggiunto un accordo per il bene del futuro dell’Egitto». Per lui il colpo di stato era una questione di necessità. In seguito, una delle prime decisioni di al-Sisi fu presa il 5 luglio, con il licenziamento del generale Shehata come direttore della direzione generale dell’intelligence egiziana, carica molto importante per la situazione in cui si ritrova l’ Egitto, e la nomina del generale Mohamed Fareed al-Tuhami, che era stato per lungo tempo a capo dell’Autorità di Controllo Amministrativo sotto Mubarak. In tal modo, al-Sisi rese chiara la sua intenzione di ripristinare parzialmente la precedente esperienza .

Al-Sisi, come ben sottolineano coloro che lo conoscono bene, è una, persona calma, sicura di sé e con la testa sulle spalle. Nonostante la sua apparente mitezza, che un tempo ha ingannato Mursi, ha un carattere molto determinato ma allo stesso tempo,  sensibile. Ha indubbio carisma. Crede nella sua missione per salvare l’Egitto dalla catastrofe imminente. Pone gli interessi del suo paese prima di tutto. Una volta disse a Yasser Rizk che «l’Egitto è la madre del mondo e, se Dio vuole, svolgerà questo suo compito». Il giornalista è certo che nelle sue qualità al-Sisi può essere paragonato solo con «lo straordinario leader Gamal Abdel Nasser ». Il comandante dell’esercito egiziano ha inoltre smentito le voci che lo vogliono in corsa per la presidenza dell’Egitto, anche se non ha escluso del tutto la possibilità. Ma secondo DEBKAfile, al-Sisi sarà quasi certamente in corsa per la più alta carica di governo entro la fine di quest’anno e ha già sostanzialmente iniziato la sua campagna elettorale. Il generale prevede di ripristinare il tradizionale status elevato dell’esercito nella vita socio-politica egiziana, nonostante le proteste provenienti dall’ Europa e dall’ America. Al-Sisi prevede di condurre  cambiamenti democratici sotto il suo stretto controllo. Una delle sue caratteristiche principali è che lui sostiene di rappresentare gli interessi di tutti gli egiziani, non solo un particolare gruppo religioso o sociale.

Alcuni esperti vedono al-Sisi come il simbolo della rinascita del «nazionalismo egiziano » le cui radici risalgono a Nasser. Se gli eventi confermano tale valutazione, questo servirà come una giustificazione storica per far progredire i militari al centro del cambiamento sociale in Egitto. Non è un caso che i manifestanti al Cairo che sostengono le azioni del regime militare portano ritratti di Nasser e di al-Sisi, sottolineando la continuità tra i due. I media fedeli al regime militare si riferiscono sempre più spesso ad al-Sisi come il «nuovo Nasser», mentre gli esperti, come ad esempio il professore Mohamed Soffar dell’Università del Cairo, affermano che «gli egiziani non sono psicologicamente pronti per un leader civile ».

La rinascita dello spirito del Nasserismo come fondamento ideologico e politico per le attività del nuovo governo in un momento critico per il paese potrebbe anche aprire nuove opportunità di collaborazione tra l’Egitto e Russia. A Mosca, come al Cairo, si ricorda che nell’ epoca di Nasser questa collaborazione è stata molto produttiva, e l’Egitto era allora un fattore influente nella politica mondiale, anche come parte del Movimento dei Paesi Non Allineati.

LINK: Will General Al-Sisi Be a New Nasser?

DI: Informazione Scorretta


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