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Il Ghigno di Arlecchino – Adriano Barone

Da Ayameazuma

Editore: Asengard Edizioni
Pubblicazione: Novembre 2010
Collana: “Wyrd”
Pagine: 176
ISBN: 978-88-95313-13-9
Prezzo: 9,90 &euro

Dunque, dunque, dunque… recensire questo romanzo è un azione complicata e… caotica. Sì, decisamente caotica e, come vedrete, tale aggettivo è decisamente adatto al romanzo di Barone.
Ma vediamo nel dettaglio di cosa parla questo romanzo, dalla quarta di copertina:
“Vittima di esperimenti che lo hanno portato ad avere poteri quasi divini, ma sui quali non ha il minimo controllo, il folle Arlecchino fugge dalla prigionia impostagli fin dalla nascita. Il giullare si ritrova in un mondo in apparenza perfetto, dove la morte non esiste: insofferente a ogni tipo di regola, vittima di un destino che lo vede sempre in balia di forze che vogliono imporre l’ordine nel Multiverso, Arlecchino porta il caos nel mondo in cui è prigioniero e, liberatosi, in tutte le altre realtà esistenti, provocando ciò che i misteriosi Tracciatori vogliono prevenire ad ogni costo. E quando si scatena la sua follia, in tutti i Tracciati dell’universo risuona il ghigno di Arlecchino.”

Come si può vedere la storia appare molto complessa ed elaborata, quest’apparenza non verrà smentita ma anzi si rivelerà essere riduttiva, la storia di Arlecchino, che inizia in maniera vagamente placida, cresce sino a farci conoscere un intero insieme di universi e di follie, di ossessioni e bramosia di potere.
Non uno dei personaggi infatti è esente dal provare il desiderio di un qualche tipo di potere: il Barone (“Padre” di Arlecchino, che è e non è suo figlio) vuole entrare a far parte dei Tracciatori, esseri dai poteri quasi illimitati.
Arlecchino, il buffone definitivo, l’essenza stessa del Caos e la più grande delle “Cause di” (leggete il libro per capire cosa vuol dire, vi conviene), personaggio a volte odioso a  volte repellente e osceno che desidera sopra ogni altra cosa essere completamente libero da vincoli e prigioni, libero dalla Realtà stessa.
Il Grigio, entità in grado di isolare un intero Tracciato (una porzione di MultiVerso) che desidera l’ordine completo, entità che si rivelerà essere… no, anche per sapere questo dovrete leggere il libro.
I Tracciatori, divisi tra loro con le loro malsane idee di controllo sul MultiVerso, fautori di una Guerra le cui proporzioni e i cui effetti non sono calcolabili su scala umana, nemici naturali di Arlecchino ma, purtroppo per loro, non al suo livello.
E molti altri personaggi, non minori ma diversamente complessi, personaggi che vi faranno credere che l’autore (che il Padre) sia un folle visionario (è tra parentesi, questo è un complimento).

Ma passiamo ad altro, la storia va scoperta leggendo il libro e per sapere se val la pena leggerlo basta sapere che è sì bello e che sì, il finale può lasciare l’amaro in bocca (e non solo quello, parole chiave di questo libro sono: Caos e Oscenità, senza contare Morte e Simultaneità) ma alla fin fine quello era l’unico finale possibile, era necessario che Arlecchino compisse la scelta che ha compiuto (curiosi? Ripeto: leggetelo, tanto costa poco) e che tutto si incrociasse con se stesso quindi, cos’altro deve sapere il lettore che vuol avere informazioni sul Ghigno di Arlecchino? Conosce la storia (la quarta basta e avanza per stuzzicare) ha informazioni random su alcuni personaggi, quel minimo indispensabile per non rovinare nulla ma continuare a stimolare l’appetito, cos’altro si può dire?
Lo Stile.
Lo stile narrativo che Barone sceglie d’usare per questo romanzo è una delle poche cose che potrebbe scoraggiare il lettore dall’acquistare il libro, questi infatti alterna momenti di narrazione canonica a estratti di pura follia caotica, letteralmente prende il lettore e lo immerge nel MultiVerso e nel Caos Assoluto con alcune pagine in cui ogni regola sintattica viene annullata, in cui, mescolando e amalgamando frasi e parole, annullando anche gran parte della punteggiatura, viene mostrato al lettore Tutto.
Proprio il Tutto in cui due o più cose possono coesistere nello stesso spazio allo stesso tempo, sovrapposti l’uno all’altro, momenti in cui passato e futuro smettono di aver senso perché vengono rimescolati a creare il Tempo del MultiVerso.
Ma ripeto: tutto questo può materialmente scoraggiare il lettore dall’acquistare questo volume in quanto si esce talmente dai canoni della narrativa che quando per la prima volta ci si trova davanti a uno di questi passaggi caoitici di Realtà si pensa che vi siano stati degli errori nella stampa del libro, solo in un secondo momento diventa chiaro l’intento dell’autore: la completa immersione nel mondo di Arlecchino.

Concludendo “Il Ghigno di Arlecchino” è un libro (bello) che si ama o si odia, uno di quei libri che può dividere il lettore (e chi lo sa, nel MultiVerso entrambi i lettori, quello soddisfatto e quello deluso coesistono) e far storcere il naso a molti, può far storcere il naso anche quando piace e lo si apprezza, quindi non rimane che immaginare cosa possa provocare in chi invece si ritrova a disprezzarlo, non rimane che fare una cosa per sapere da quale delle due parti si sta: leggere il romanzo.
Ve l’ho detto che costa poco e val la  pena leggerlo, no? E se dopo averlo fatto vedrete ai lati del vostro campo visivo un ghigno (Tac) folle, dei (Tac) denti bianchi (Tac) che battono, ritmicamente, (Tac) stiate sereni (Tac) è solo Arlecchino che vi saluta…
Tac
Tac
Tac
Tac

Tac…


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