Magazine Lavoro

Il giacobino Trentin

Da Brunougolini
Sono tornati a discutere di Bruno Trentin. Non solo intellettuali e studiosi italiani, ma anche francesi. L’iniziativa, del resto, era voluta, insieme, dall’École française de Rome, dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e dalla Università degli studi di Viterbo (Centro Studi per la Storia dell'Europa mediterranea). Un’analisi serrata su scritti ed esperienze lasciate nel corso di un arco di vita complessa. Prima in Francia, ai confini con la Spagna, giovane libertario-anarchico, col padre Silvio e le sue proposte federaliste (“Libérer et Fédérer”), poi partigiano in Italia (“Giustizia e Libertà”) e, infine, a guerra finita, accanto a Di Vittorio e Foa nella Cgil. Con un’ultima fase nel ruolo di parlamentare europeo.
Una vita intensa segnata da una specie di “filo d‘Arianna”. Un filo rappresentato dalla voglia di collegarsi al pensiero del padre, in materia di partecipazione diffusa, durante la promozione del “sindacato dei consigli” e nel proposito di dar vita ad un’articolazione democratica del potere.
Temi materia di un confronto vivace. Con contributi di Eric Vial, Marc Lazar, Frédéric Attal, Jean-François Chauvard, Ferruccio Ricciardi, Xavier Vigna, Maurizio Ridolfi, Luisa Bellina, Alessandro Casellato, Adolfo Pepe, Carlo Ghezzi, Iginio Ariemma, Ilaria Del Biondo, Gian Primo Cella, Fabrizio Loreto, Lorenzo Bertucelli, Michele Magno, Sante Cruciani, Patrizia Dogliani.
Non è stata una celebrazione tesa a “santificare” l’uomo e le sue tesi. Il dibattito ha cercato anche di approfondire aspetti e significati della sua “lezione” di vita. Come quando si è voluto vedere (Alessandro Casellato) nel Trentin che negli anni Novanta si scaglia contro la Lega secessionista come una specie di Giacobino in difesa dello Stato esistente. Un’accusa ingenerosa. Trentin certo era dotato di un fortissimo rigore morale. Ma la sua polemica con la Lega era dettata da una proposta di rinnovamento e vero autogoverno nello Stato. A cominciare dai luoghi di lavoro per estendersi alle scuole, ai quartieri, ai comuni.
Una proposta che univa l’autonoma all’unità di un sindacato capace di mediazioni e compromessi, ma senza perdere l’anima. Una proposta che non divideva i temi del lavoro oggi trasformato e frammentato da quelli della democrazia. Potrebbe essere utile anche oggi. Di fronte a chi della democrazia fa strame, mentre – quasi in un surreale silenzio - smantella lo Statuto dei lavoratori. Quello voluto da un vero socialista, Giacomo Brodolini, ma anche frutto delle lotte che Trentin con altri aveva saputo costruire, 40 anni fa. Altri che osano chiamarsi socialisti ora formulare editti per un carrozzone di mediatori-arbitri al posto dei giudici del Lavoro e al posto degli eredi dei Consigli. Certo quel Giacobino, se fosse ancora in vita, reagirebbe con asprezza.

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