Il Giardiniere, noto anche come La crudeltà del mondo, è il primo lavoro di Victor Sjöström alla regia, un cortometraggio di una ventina di minuti che racchiude in se stesso molti dei temi che caratterizzeranno la sua produzione successiva. Come prima esperienza non fu certo positiva, visto che il lavoro venne bloccato dalla censura e non vide la luce prima di un fortunato ritrovamento nel 1979 negli Stati Uniti. Possiamo così goderci la genesi di un grande regista del muto, che racchiude al suo interno molti elementi cardine della sua produzione futura.
Protagonista è una ragazza anonima (Lili Bech) che lavora come cameriera nel bar del perfido giardiniere locale (Victor Sjöström). La giovane si innamora perdutamente del figlio del suo superiore (Gösta Ekman) e tra questi nasce una storia d’amore clandestina. Purtroppo il giardiniere scopre l’inganno e dopo aver allontanato il figlio, abusa della ragazza. Quando il padre di lei (Gunnar Bohman) accenna ad una reazione, per tutta risposta il giardiniere li caccia di casa, anche quella sua proprietà. Senza lavoro e senza un posto dove andare padre e figlia cercano una sistemazione e la trovano finalmente grazie l’aiuto di un generale (John Ekman) che prende la giovane sotto la sua ala. Poco tempo dopo il padre di lei muore e la giovane diventa la domestica del militare. Il generale si affeziona alla ragazza e la considera a tutti gli effetti come una figlia. Tutto sembra andare per il meglio, e invece la situazione precipita nuovamente. Il Generale muore, e la ragazza viene cacciata di casa dagli eredi diretti. Di nuovo senza un posto dove andare, la ragazza torna nel suo paese d’origine. Qui, dopo aver distrutto la serra del giardiniere, muore.
Da un soggetto di Mauritz Stiller, la vicenda assume i contorni di un grande melodramma italiano, un anno prima di Ma l’amor mio non muore (1913) con la Borelli e dei successivi grandi successi nostrani. La storia è ben costruita ed ha una sua complessità, e questo stupisce vista la breve durata del film (appena 24 minuti nella versione ritrovata in America). La vita della giovane interpretata da Lili Bech viene analizzata tra poche fortune e tante sfortune, fino al tragico e inaspettato epilogo. In Trädgårdsmästaren troviamo molti elementi che prefigurano i futuri lavori di Sjöström: il dramma, con il finale tragico o più spesso caratterizzato da un lieto fine amaro. La grande presenza di elementi naturali, qui appena abbozzati, ma che accompagnano i momenti felici della coppia di giovani innamorati e rappresenta forse la libertà e la spensieratezza. La natura rinchiusa all’interno della serra rappresenta invece l’esatto opposto, perché è proprio lì che la ragazza verrà violentata ed è ancora lì che morirà. Troviamo poi il tema dell’amore difficile, che porta spesso a decisioni estreme o, ancora, quello della difficoltà economica, che condiziona la scelta dei personaggi. Inoltre fin dal primo lavoro Sjöström si cimenta nel doppio ruolo di regista e attore. Ovviamente ci sono anche aspetti negativi: le inquadrature lasciano a volte a desiderare, specie nelle scene girate in esterno. La breve durata porta inevitabilmente ad avere dei personaggi abbozzati e poco caratterizzati. Alcune scene restano ambigue e poco comprensibili. In ogni caso i venti minuti di Trädgårdsmästaren rappresentano un germoglio, la nascita della poesia di Sjöström e di una sconfinata filmografia che ha emozionato generazioni. Ci sono dei casi in cui vedere la prima opera di un grande regista lascia delusi, ma in questo caso si esce soddisfatti dalla visione, perché si ha la possibilità di vedere veramente la nascita di qualcosa di grande, un bozzetto di prova di una splendida scultura.
Curiosità: Nel film recita nel ruolo del figlio del giardiniere Gösta Ekman che interpreterà il Faust nel film omonimo di Murnau (1926). La protagonista Lili Bech, invece, sposerà nel 1913 Victor Sjöström, anche se il matrimonio avrà breve durata e terminerà nel 1916. Infine, nel film c’è anche un breve cameo di Mauritz Stiller, autore della sceneggiatura.