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Il giardino abbandonato

Da Aboutgarden

Il mio vicino, persona dotta e grande letterato,
conoscendo la passione che nutro per le piante, mi ha prestato un vecchio libro nel quale ha trovato due capitoli dedicati al tema a me tanto caro. Ammirata  non solo dal loro contenuto ma anche dalla forma narrativa dei testi, ho pensato di condividerli con voi.
Questo è il primo, anche se un po’ lungo, leggetelo tutto ne vale la pena!

fiori stanchi

“Se il giardino viene abbandonato nella bella stagione, solo per pochi giorni continua a vivere in regime d’obbedienza.
Poi le pianticelle dei vivai, le trapiantate, i vegetali che richiedono un’innaffiatura quotidiana, non tardano a deperire e a soccombere. Primo sacrificio, non troppo sensibile, per vero dire.
Nella seconda settimana è tutta una folla di fiori delicati che soffrono e implorano aiuto. I frutti non raccolti, imputridiscono al suolo, le verdure dell’orto mettono il tallo, l’erba spunta nei viali, le verdi radure si arruffano di cardi e di gemme bastarde.

Poi comincia la lotta selvaggia. Quattro o cinque specie vigorose e ostinate s’impadroniscono del potere. Qualcuna ha delle radici formidabili, tessuti ruvidi, poco sensibili, una vitalità bestiale. Vorrebbe per essa sola il possesso di tutto il terreno.

hydrangea

Anche fra le piante coltivate, le così dette borghesi, vi sono delle intriganti capaci di profittare, e creare del disordine per farsi avanti. La glicina, per esempio. Così bella se governata dalla mano dell’uomo, tosto che non ha più nostre cure, invade in modo infrenabile il terreno e le altre piante, si contorce, rompendo, estirpando tutto quanto avvicina.

I primi freddi, d’un sol colpo sopprimono i fiori che richiedono nell’inverno le cure della serra. Finito l’inverno. la bella stagione ritornata, vedrà il trionfo non della bellezza, e soprattutto non della libertà, ma dell’ambizione e delle crudeltà che non indietreggiano davanti a nulla per soddisfare i loro appetiti.

campo con iris

In sei mesi, il giardino sarà abbandonato alle passioni e alle lotte degli energumeni vegetali i quali faranno sforzi inauditi non per assicurare al prossimo aria, spazio e nutrimenti, ma per impadronirsi egoisticamente di tutto i beni, mettere a posto le loro creature e ridurre in schiavitù tutto cià che non possono schiacciare.

Questo regime non durerà in eterno, s’intende. Il regime di piccoli rapaci dovrà cedere un giorno davanti all’invasione dei grandi barbari, tanto più se il giardino abbia in prossimità, grosse piante forestali. L’arte e vigilanza del giardiniere, tengono a freno l’oceanica forza della foresta e riescono ad arginarla. Ogni giorno la foresta esercita una pressione sul dominio dell’uomo e fa uno sforzo per invaderlo. Il giardiniere, di quando in quando, sradica un arbustello di rovere nato chissà come alla base di un muro, strappa un fusto di acacia, un nocciolo che sono penetrati chissà come nelle siepi, nelle aiuole e tenterebbero di prosperare.

Vedendo il giardino abbandonato. la foresta si mette in marcia. Lentamente. ma con una forza invincibile, la foresta spazza via gli agitatori, i faziosi, i capi d’ogni stagione. Il giardino sparisce nell’ombra mormorante dei grandi boschi selvaggi.

L’arte di governare un giardino dimostra che la natura deve essere dominata. La natura non è vita. E’ la vita di qualche specie brutale e la morte o la servitù dele altre. L’arte del giardiniere ha per scopo di resistere alle potenze della natura, di proteggere le specie più belle, che sono anche le più delicate, di dare un posto a ciascuno, ma anche di limitare il posto di ciascuno, d’aiutare i deboli e di frenare gli audaci, di sostituire delle forze cieche ( a torto chiamate leggi) un saggio complesso di regole suscettibili di stabilire e mantenere l’equilibrio. tutto, nella vita di un giardino, proclama la eccellenza del principio di autorità. E tutto dimostra che questo principio è necessario, ma da solo no potrebbe dirigere il mondo.

E’ da compiangere il giardiniere che si immagina di poter ottenere buoni risultati soltanto con la violenza.
Il saggio giardiniere sa che le piante non possono crescere ovunque, e che esse hanno, non soltanto dei bisogni evidenti e grossolani, ma delle aspirazioni segrete, delle inclinazioni, delle vedute ideali, dei capricci e delle ripugnanze. Il saggio giardiniere esercita l’autorità con rispetto e sollecitudine. Correggere il principio di autorità col principio di persuasione. Ed è così che un giardino può vivere sotto il cielo, cercando ogni giorno ed esprimendo il senso della giustizia, della pace e dell’armonia.”

Salvator Gotta ‘La più bella novella del mondo” – 1953



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