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il ginecologo

Creato il 06 settembre 2010 da Vivianascarinci
>in prosa

[due estratti da Manualistica delle imperfezioni illustrazioni di Anna Bernasconi]

il ginecologo

una vita come la tua

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il ginecologo

il ginecologo

 In caso di gravidanza la cosa più opportuna da fare è affidarsi ad un ginecologo. E questo è risaputo. Ma specialmente se la prima gravidanza non è andata a buon fine, non si cerca un plebeo della ginecologia ma si cerca il barone. Così ti rivolgi al titolato, e non perché sia il primario del reparto di ostetricia dell’ospedale in cui partorirai ma perché durante uno dei tuoi interminabili pellegrinaggi ospedalieri, hai incrociato il suo sguardo, e vi hai sorpreso un inconfutabile barlume di umanità. Allora, ne sei stata certa: lui sarebbe stato per sempre il tuo ginecologo.  

  Il ginecologo è colui da cui ci si aspetta non una stretta di mano ma che, al momento del congedo, ti benedica. È l’uomo le cui parole hanno per te un peso assai maggiore di quelle che qualsiasi altro uomo potrà mai pronunciare. È colui, insomma, che se ti dice “buona fortuna” azzardando un tono un po’ più leggero di quello che dovrebbe prevedere l’usuale gravità deontologica, passi una intera giornata a chiederti che bisogno abbia lui, che tu ritieni l’artefice materiale di ogni tuo successo in campo riproduttivo, di appellarsi alla dea bendata.

Il mio ginecologo non era un barone ma era il papa della ginecologia, rampollo di quella nobiltà  rinomata soprattutto per la magnanimità verso l’inferiore: la donna gravida. Quando mi rivolgevo a lui per un consiglio relativo ai piccoli fastidi della gravidanza, come prima cosa sorrideva con indulgenza, poi con una soavità tutta sua, partiva con una tirata incentrata sullo sfacelo che gli ormoni operano sulla già incerta lucidità femminile.

A questo punto ti chiederai se non sia troppo facile farsi fregare così. Dico, dalla vuota fascinazione che ha visto soccombere generazioni di donne, per il primo tipo che accoglie con un sorriso, tanto i tuoi attacchi di panico che le crisi isteriche. Ma non è tutto. Un’altra domanda s’impone: come può un uomo pretendere di saperne più su di te, quando pesi venti chili di più del tuo peso forma, hai qualcuno che ti balla il can can tra stomaco e intestino, e nonostante tutto,  l’ultima volta che sei andata di corpo risale a una settimana prima?

Eppure egli sapeva. Ed il garbo che addolciva l’immancabile insulto lo riservava solamente a quelle che non confutavano i suoi dogmi. Guai alle altre. Dogmi  disseminati con noncuranza durante i quaranta minuti scarsi di udienza, abbassando lo sguardo sulla sfilza di esami clinici la cui stesura avrebbe richiesto un appuntamento a parte, che però lui per farti risparmiare, accorpava  a sei minuti di visita, sbrigati che neanche facevi in tempo a entrare. Del resto non è quello che gli chiediamo? Scongiurare ogni velleità del destino. Sviscerare impudicamente la fisiologia di quel misterioso sistema binario che è una madre in attesa. Con la crudezza di un entomologo, dissezionare ogni valore numerico, ogni tracciato, ogni rilevamento pressorio, ritmico, acustico proveniente da te che non sei più una donna, ma uno stato da monitorare ostinatamente. Come quella volta che registrò un aumento di due punti percentuali sul valore abituale della mia glicemia e mi mandò incontro a una delle esperienze più traumatiche che mi siano mai capitate, e si che qualcuna ne ho vista: la curva glicemica all’ottavo mese di gravidanza. Questo esame conta sei prelievi ematici nell’arco della stessa giornata: al primo arrivo sorridente anche se digiuna, non troppo riposata data la mole. Al secondo arrivo abbastanza rinfrancata dalla colazione, anche se in affanno, perché ho scelto  per comodità il laboratorio d’analisi situato a non più di cinquecento metri da casa mia, così faccio anche un po’ di moto. Al terzo comincio ad accusare un certo mal di testa. Al quarto arrivo in ritardo e col pranzo sullo stomaco, perché il prelievo deve essere fatto immediatamente dopo il pasto. Al quinto arranco a fatica salendo l’ultima rampa di scale perché l’ascensore è rotto. Al sesto e ultimo prelievo, svengo. Diagnosi: calo glicemico. Dubbio: che la curva glicemica l’abbia prescritta per abbattere intanto la mia persona?  

C’era quindi qualche presupposto che mi avrebbe dovuto indicare che quel  rapporto col ginecologo stava diventando a tutti gli effetti non del tutto inerente alla clinica del caso. La consulenza di quell’uomo somigliava sempre di più a una prestazione dai risvolti occulti cui si debba aderire ciecamente perché questa abbia la sua efficacia. Ma perseverare è diabolico. Così davvero non so come ma mi sono prestata all’iniziazione che l’assistenza del professore richiedeva perché le sue cure avessero una qualche efficacia riproduttiva.

Primo grado dell’iniziazione: non mettere a conoscenza la novizia del numero di cellulare del professore. Una prova devastante, che avrebbe scremato senz’altro le meno motivate tra noi, perché capita a tutte, che per futili o meno futili motivi si abbia, la necessità  di contattarlo al di là dell’orario di studio. In genere succede quando una infausta combinazione di scioperi, nevicate ottobrine, alluvioni agostane, festività dilatate all’inverosimile, ti portano, in ritardo rispetto alla data dell’appuntamento, una risposta ad un esame cruciale che ti desta qualche perplessità. Che fare? Basterebbe poco per togliersi quel dubbio, basterebbe che qualcuno ti dicesse che quella non proprio totale adesione ai parametri dati è solo il frutto delle differenze che come è noto, contraddistinguono la natura umana. Basterebbe un interlocutore insomma. Ma allo studio chiaramente non risponde nessuno, e il numero che il professore millanta per quello della sua abitazione, deve essere di una qualche remota scuderia papale se neanche lo stalliere passa di lì e ti risponde per caso. È qui che entra in gioco la valenza misterica della prima prova: la fede.

Secondo grado dell’iniziazione, l’attesa. La novizia ha la facoltà di fissare una data e un orario per l’udienza ma che questo non dia nessuna garanzia riguardo al fatto che l’incontro avvenga effettivamente: arrivi presso il lussuoso studio, mezzora prima perché non vedi l’ora di sapere, ma quando entri, trovi almeno otto donne nel tuo stato. Ovviamente sei l’ultima. Il professore è stato trattenuto in ospedale per un caso urgente, quindi l’appuntamento delle tre è slittato alle sei, ma nessuna è stata avvertita, perciò eccoci tutte a scambiare confidenze più o meno agghiaccianti sullo stato che ci accomuna. Quando esco dallo studio fissando la luna alta in cielo, capisco il valore misterico della seconda prova: fare chiesa attorno al pontefice.

Terzo grado dell’iniziazione: l’ecografia. Il professore non è un ginecologo qualunque, pertanto non ha alcun bisogno di attenersi a sterili protocolli. Ti si concede con una improntitudine tutta creativa che certamente cela qualche altro insegnamento occulto, questo sì, difficilissimo da carpire. È il giorno dell’ecografia cruciale, quella del quinto mese di gravidanza, che il professore esegue di persona, presso il proprio studio, perché non si fida di nessun altro, precisa la sua segretaria. E tuttavia è lui a dire in tono noncurante:

- Nel ‘96 ho comprato una macchina per le ecografie che non se la poteva permettere nessuno, ed è già superata. Del resto l’ecografia morfologica non serve a niente, una normale ecografia  fa lo stesso…

È intuibile lo stato in cui la gravida va incontro all’ecografia morfologica, esame che oltre il sesso, le svelerà buona parte dello stato di salute del nascituro. Ora lo stesso uomo che non ti ha mandato a fare l’ecografia morfologica (che avevi già prenotato, appena hai saputo che eri incinta, cioè cinque mesi prima, nel migliore studio della città) ora, quell’uomo, ti sta dicendo che la sua macchina non è l’ultimo ritrovato dell’ingegneria medicale, che l’ecografia che ti sta praticamente già facendo, non è quello che alla tua epoca gestatoria tutte attendono di fare. Supero in un attimo, tacendo, il terzo grado dell’iniziazione misterica: la temperanza.

Quarto grado dell’iniziazione: il passaparola.  Il professore dovrà accogliere due o più pazienti che gli diranno di essere state indirizzate a lui da una gravida che gliene ha parlato gran bene: tu. Significato misterico dell’ ultimo grado: la diffusione del culto.  Adesso sono pronta per il rito vero e proprio,  quello che mi consentirà il passaggio da semplice novizia a paziente del professore con i relativi ambitissimi benefici cioè quelli riservati al nono mese di gravidanza, epoca dell’inizio dei monitoraggi. Telefono per fissare l’appuntamento presso l’ambulatorio del reparto di cui il nostro è primario. Mi danno appuntamento intorno a quella che dovrebbe essere la mia cinquantesima settimana gestatoria.  Faccio presente a quell’epoca a mio figlio sarà già spuntato il primo dente.

-  Spiacente non c’è posto.

È il seguente passaggio che sancisce la mia assunzione all’olimpo delle elette:

-  Guardi, controlli bene, sono paziente del Professor X.

-   Mi lasci guardare meglio …ah si. Mi scusi ho sbagliato. Credo di poterla inserire per tempo.    

Vergognoso ma efficace…come si dice …in guerra e in amor tutto è concesso. Resta da capire quale sia dei due il mio caso.


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