Mi è venuto in mente questo cartone animato per introdurre l'argomento di oggi, che sarà il gioco della palla, che gli spagnoli chiamavano juego de la pelota, i Maya pitz e gli Aztechi (o comunque i popoli di lingua nahuatl) ullamaliztli o più semplicemente ulama. Anche nel film vi sono varie scene che illustrano questo gioco, molto popolare tra le civiltà antiche della Mesoamerica, che lo praticarono per oltre tremila anni. In realtà, il gioco della palla non era un vero e proprio gioco, ma un rituale religioso fortemente simbolico. Attraverso l'ulama, gli antichi popoli del Centroamerica ricreavano i fenomeni naturali e gli scontri cosmici che reggevano l'universo: giorno e notte, sole e luna, vita e morte. La palla e il suo costante movimento rappresentavano il moto degli astri, in primo luogo del sole. La palla, infatti, doveva essere ripetutamente lanciata da una parte all'altra del campo per perpetuare il ciclo eterno di vita, morte e rigenerazione. Chi era in possesso degli strumenti da gioco, era anche in grado di controllare le forze in contrasto e, se lo desiderava, poteva rompere l'equilibrio cosmico.
Giocatori di ulama
Da ciò si capisce il motivo per cui anche nei miti maya e aztechi compare questo gioco. Il Popol Vuh ricorda che l'importante lotta tra i signori oscuri di Xibalbá, il regno dei morti, e gli eroi gemelli Hunahpú e Ixbalanqué, gli iniziatori culturali dell'umanità, ebbe luogo proprio attraverso il gioco della palla. Prima dello scontro decisivo tra i signori dell'inframondo e i gemelli prodigiosi, Hun Camé e Vucub Camé (così si chiamavano due dei signori più potenti di Xibalbá) avevano sconfitto con l'inganno lo zio e il padre dei gemelli, Hun Hunahpú e Vucub Hunahpú, e li avevano sacrificati. Ma la loro eredità doveva essere raccolta dai gemelli Hunahpú e Ixbalanqué, destinati a sconfiggere i signori di Xibalbá e a vendicare i propri predecessori.
Per gli Aztechi, invece, il gioco della palla simboleggiava lo scontro cosmico tra le forze della notte, capeggiate dalla luna (la dea Coyolxauhqui) e dalle stelle (i quattrocento Centzonuitznaua, fratelli della luna) e il sole, impersonato da Huitzilopochtli. Fu proprio quest'ultimo ad avere la meglio sul campo da gioco, dove uccise Coyolxauhqui e fece sgorgare l'acqua che rese fertile l'arida terra di Tula.
Anello presente sul campo di Chichén Itzá
Ma in cosa consiste il gioco della palla?In realtà non si sa molto sulle regole dell'ulama. Bisogna ricordare che era un rituale preticato in una vasta area geografica e che conosceva innumerevoli varianti, sia per quanto riguarda le regole, sia per gli strumenti da gioco utilizzati. Generalmente si può dire che veniva praticato all'aperto in costruzioni adibite al gioco, chiamati tlachtli, che erano a forma di I o di due T, una dritta e una rovasciata, unite nella parte centrale. Queste strutture erano delimitate da bassi muretti o da pareti inclinate o verticali, in cui vennero successivamente aggiunti gli anelli. La palla utilizzata era di gomma, probabilmente delle dimensioni di un pallone da pallavolo, e pesava all'incirca 3 o 4 chilogrammi. Questo è il motivo per cui i giocatori, divisi in due squadre avversarie, indossavano delle protezioni, come caschi, perizoma e gioghi rinforzati sulle anche e anche delle ginocchiere. La palla di caucciù, una volta messa in gioco, non doveva mai toccare il terreno né uscire dal campo di gioco. La versione più diffusa dell'ulama prevedeva che i giocatori potessero colpire la palla solo con le anche, mentre altre varianti permettevano l'uso degli avambracci o addirittura l'impiego di racchette o bastoni. Se una squadra riusciva a far passare la palla negli anelli appesi alle pareti, vinceva la partita, che si concludeva con la decapitazione del capitano della squadra che aveva perso. Infatti, l'ulama era strettamente collegato ai sacrifici umani, poiché i perdenti venivano sacrificati, come racconta anche il Popol Vuh. Una teoria molto interessante ipotizza che l'ulama fosse un mezzo per risolvere i dissidi tra varie etnie senza arrivare a un confronto bellico. A questo proposito, vi è l'esempio citato da Frate Juan de Torquemada, missionario e storico spagnolo del XVI secolo che racconta come l'imperatore azteco Axayacatl si scontrò sul campo da gioco con Xihuitlemoc, sovrano di Xochimilco.
Campo da gioco del monte Albán
Nonostante le numerose implicazioni religiose e simboliche che il gioco della palla possedeva, l'ulama acquisì man mano un aspetto profano, tant'è che, alla vigilia della Conquista, le partite vedevano la presenza di numerosi tifosi e anche di scommettitori. Insomma, degli antenati degli ultras e dei bookmakers.
Fonti:- Wikipedia, voce"gioco della palla centroamericano";- AIMI, Antonio, Dizionari delle civiltà – Maya e Aztechi, Mondadori Electa, Milano, 2008, pp. 118-121;- CRAVERI, Michela (a cura di), Miti e leggende del Popol Vuh, Bompiani, Milano, 1998, p. 11.