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Il giornalino di Gian Burrasca

Creato il 10 ottobre 2012 da Italiabenetti @italiabenetti
Il giornalino di Gian Burrasca PRIMA PUNTATA
IL GIORNALINO DI GIAN BURRASCA È ambientato in Toscana (e in parte anche a Roma). Il libro è scritto in forma di diario: il diario di Giannino Stoppani, detto Gian Burrasca. Questo soprannome, che la famiglia gli dà a causa del suo comportamento molto irrequieto (più per esuberanza che per cattiveria), è divenuto proverbiale per indicare un ragazzino indisciplinato. Giannino Stoppani era un bambino di nove anni. Aveva i capelli bruni, gli occhi castani e gli piaceva fare scherzi. Faceva parte di una famiglia di borghesi  composta da tre sorelle: Ada, Luisa e Virginia, la mamma ed il babbo. Il giorno del suo compleanno ricevette molti regali tra cui un diario che gli aveva comprato la mamma. In questo diario scriveva tutto ciò che gli capitava come quella volta che cadde nel fiume perché aveva cercato di pescare qualche pesce con la canna che gli avevano regalato sempre per il compleanno. Un altro scherzo che annotò nel giornalino fu quello di frugare nei cassetti di una delle sue sorelle e di trovare delle fotografie con un commento scritto dietro. Si fece molte risate leggendo quei commenti finché non decise di riportare le foto ai proprietari. Le consegnò e tutti rimasero offesi tanto da non andare alla festa da ballo organizzata dalle sorelle di Giannino. Le sorelle rimasero molto male, l’inganno fu scoperto ed il babbo lo punì. Nel frattempo ci fu un matrimonio; Virginia, una delle sorelle, si sposò con il Maralli, un avvocato socialista. Giannino andò a trovarlo e lì fece conoscenza del signor Venanzio, un vecchio sordo e rimbambito che era lo zio ricco del Maralli. Giannino costruì una canna da pesca e mettendo un panchetto sopra il tavolo, si mise a pescare tenendo l’amo all’altezza della bocca spalancata del signor Venanzio. Ad un certo punto il vecchio starnutì facendo entrare l’amo nella sua bocca. Giannino così tirò la lenza e sentì un grido acutissimo e si accorse che appeso all’amo c’era l’ultimo dente cariato del signor Venanzio. Quando il babbo lo venne a sapere rinchiuse Giannino nel collegio Pierpaolo Pierpaoli. In collegio si fece degli amici ed entrò a far parte di una società segreta chiamata :"Uno per tutti e tutti per uno". I direttori erano il signor Stanislao e la signora Geltrude. Il signor Stanislao era alto e magrissimo a differenza di sua moglie Geltrude che era una signora bassa e grassa. Per una sua marachella Giannino venne rinchiuso in una specie di prigione dove scoprì che la deliziosa minestra di magro del venerdì non era altro che il frutto della rigovernatura dei piatti. Insieme alla sua società Giannino mise delle palline di anilina nei piatti vuoti ed il giorno dopo la minestra di magro era rossa. Così al posto delle minestre solite fu servita la pappa al pomodoro. Dopo lo scandalo della minestra di magro Giannino fu portato via dal collegio. Quando ritornò a casa scoprì che il povero signor Venanzio era morto e che gli aveva lasciato una piccola parte dell’eredità, mentre il Maralli aveva ricevuto solo il dente ricoperto d’oro che Giannino gli aveva strappato. ASCOLTA L'AUDIO
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1)   LETTURA 1a PUNTATA  Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d'oggi, che segna l'entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che son nato io, come ci ho scritto sotto, perché gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo. Ecco intanto la nota dei regali avuti finora: l.° Una bella pistola da tirare al bersaglio che mi ha dato il babbo;2.° Un vestito a quadrettini che mi ha dato mia sorella Ada, ma di questo non me ne importa nulla, perché non è unbalocco;3.° Una stupenda canna da pescare con la lenza e tutto l'occorrente e che si smonta e diventa un bastone che mi ha dato mia sorella Virginia, e questo è il regalo che mi ci voleva, perché io vado matto per la pesca;4.° Un astuccio con tutto l'occorrente per scrivere, e con un magnifico lapis rosso e blù, regalatomi da mia sorellaLuisa;5.° Questo giornalino che mi ha regalato la mamma e che è il migliore di tutti. Ah sì! La mia buona mamma me ne ha fatto uno proprio bello, dandomi questo giornalino perché ci scriva i miei pensieri e quello che mi succede. Che bel libro, con la rilegatura di tela verde e tutte le pagine bianche che non so davvero come farò a riempire! Ed era tanto che mi struggevo di avere un giornalino mio, dove scriverci le mie memorie, come quello che hanno le mie sorelle Ada, Luisa e Virginia che tutte le sere prima d'andare a letto, coi capelli sulle spalle e mezze spogliate, stanno a scrivere delle ore intere. Non so davvero dove trovino tante cose da scrivere, quelle ragazze! Io, invece, non so più che cosa dire; e allora come farò a riempire tutte le tue pagine bianche, mio caro giornalino? Mi aiuterò con la mia facilità di disegnare, e farò qui il mio ritratto come sono ora all'età di nove anni finiti. Però in un giornalino bello come questo, bisognerebbe metterci dei pensieri, delle riflessioni...Mi viene un'idea! Se ricopiassi qui un po' del giornalino di Ada che giusto è fuori insieme alla mamma a far delle visite?
………………………………………………………………………………………………………………….Ecco qui: sono andato su in camera di Ada, ho aperto la cassetta della sua scrivania, le ho preso il suo giornale di memorie, e ora posso copiare in pace. “Oh, se quel vecchiaccio del Capitani non tornasse più! ed invece, è venuto anche stasera. È impossibile! non mi piace! Non mi piace, e non mi piacerà
mai, mai... La mamma ha detto che è molto ricco; e che se mi chiedesse in moglie, dovrei sposarlo. Non è una crudeltà, questa? Povero cuore mio! Perché ti mettono a tali torture?! Egli ha certe mani grandi e rosse, e col babbo non sa parlare d'altro che di vino e di olio, di campi, di contadini e di bestie; e se lo avessi veduto, almeno una volta vestito a modo... Oh, se questa storia finisse! Se non tornasse più! Mi metterei l'anima in pace... Iersera, mentre l'accompagnavo all'uscio, ed eravamo soli nella stanza d'ingresso, voleva baciarmi la mano; ma io fui pronta a scappare, e rimase con un palmo di naso... Ah no! Io amo il mio caro Alberto De Renzis. Che peccato che Alberto non sia altro che un misero impiegatuccio... Mi fa continuamente delle scenate, e io non ne posso più! Che delusione! Che delusione è la vita... Mi sento proprio infelice!!!...
E ora basta, perché ho empito due pagine.
Ti riapro prima d'andare a letto, giornalino mio, perché stasera m'è successo un affare serio. Verso le otto, come al solito, è venuto il signor Adolfo Capitani. È un coso vecchio, brutto, grosso  grosso e rosso...Le mie sorelle hanno proprio ragione di canzonarlo! Dunque io ero in salotto col mio giornalino in mano, quando ad un tratto lui mi dice con quella sua vociaccia di gatto scorticato: - Cosa legge di bello il nostro Giannino? - Io, naturalmente, gli ho dato subito il mio libro di memorie, ed egli si è messo a leggerlo forte, davanti a tutti. Da principio la mamma e le mie sorelle ridevano come matte. Ma appena ha incominciato a leggere il pezzo che ho copiato dal giornalino di Ada, questa si è messa a urlare e faceva di tutto per strapparglielo di mano, ma lui duro; ha voluto arrivai fino in fondo, e poi serio serio mi ha detto:- Perché hai scritto tutte queste sciocchezze? Io gli ho risposto che non potevano essere sciocchezze, perché le aveva scritte nel suo libro di memorie Ada, che è la mia sorella maggiore, e perciò ha più giudizio di me e sa quello che dice. Appena detto questo, il signor Capitani si è alzato serio serio, ha preso il cappello e se n'è andato via senza salutare nessuno. Bella educazione! E allora la mamma, invece di pigliarsela con lui, se l'è presa con me, gridando e minacciando, e quella stupida di Ada si è messa a piangere come una fontana! Andate a far del bene alle sorelle maggiori! Basta! Sarà meglio andare a letto. Ma intanto son contento perché ho potuto empire tre pagine zeppe del mio caro giornalino! 21 settembre.
6Son proprio nato disgraziato! In casa non mi possono più soffrire, e tutti non fanno altro che dire che per colpa mia è andato all'aria un matrimonio che per i tempi che corrono era una gran fortuna, che un marito come il signor Capitani, con ventimila lire di rendita, non si trova tutti i giorni, che Ada sarà condannata a restare zittella tutta la vita come la zia Bettina, e via e dàlli, una quantità di storie che non finiscono mai. Io vorrei sapere che gran male ho fatto alla fin fine, per copiare un pensiero dallo scartafaccio di mia sorella! Oh! ma da ora in avanti, o bene o male, giuro che il giornalino lo scriverò tutto da me, perché queste scempiaggini delle mie sorelle mi dànno ai nervi. Dopo il fatto di ieri sera, pareva che stamani fosse successa a casa una gran disgrazia. Era già sonato da un bel pezzo mezzogiorno, e non c'era nemmeno l'idea di mettersi a tavola a far colazione come gli altri giorni. Io non ne potevo più dalla fame; zitto zitto sono andato in salotto da pranzo, ho preso dalla credenza tre panini, un bel grappolo d'uva, un'infinità di fichi dottati, e con la lenza sotto il braccio mi sono avviato verso il fiume per mangiare in pace. Dopo mi son messo a pescare, e non pensavo che ad acchiappare i pesciolini, quando ad un tratto, ho sentito dare uno strappone alla canna che reggevo in mano; forse mi sarò proteso un po' troppo in avanti, perché... giù,  pùnfete! sono cascato nell'acqua! Pare incredibile: ma in quel momento non ho potuto fare a meno di pensare fra me e me: - Ecco, i miei genitori e le mie sorelle saranno contenti ora di non avermi più tra i piedi! Ora non diranno più che son la rovina della casa! Non mi chiameranno più Gian Burrasca di soprannome, che mi fa tanta rabbia! -Affondavo giù  giù nell'acqua, e non capivo più nulla, quando mi son sentito tirar su da due braccia d'acciaio. Ho respirato a pieni polmoni l'aria fresca di settembre, e subito, sentendomi meglio, ho domandato al barcaiuolo che mi teneva in collo, se aveva pensato di mettere in salvo anche la mia povera lenza! Non so perché la mia mamma abbia pianto tanto, quando Gigi mi ha riportato a casa fradicio mézzo. Io stavo benissimo e glielo dicevo, ma le mie parole erano dette al vento, perché le lacrime della mamma pareva che non finissero mai. Come ero contento di essere cascato nel fiume, e di avere corso rischio di affogare! Se no, non avrei avuto tanti complimenti, né tutte quelle moine. Luisa mi ha messo subito a letto; Ada mi ha portato una tazza di brodo caldo bollente; e tutti, anche le persone di servizio, sono stati intorno a me, fino all'ora di andare a desinare. Poi, lasciandomi così infagottato nelle coperte, da farmi davvero morire di soffocazione, sono andati giù, raccomandandomi di star buono e di non muovermi. Ma era possibile questo, per un ragazzo della mia età? Che cosa ho fatto appena son rimasto solo? Mi sono levato, ho tirato fuori dall'armadio il mio vestitino buono a quadrettini, mi son vestito, e scendendo pian piano le scale per non farmi sentire, sono andato a nascondermi sotto la tenda della finestra, in salotto. Se mi avessero scoperto, quante gridate avrei avuto!... Non so come sia andata che mi sono addormentato quasi subito; forse avevo sonno, o ero stanco. Il fatto è, che dopo una buona dormita, ho aperto gli occhi; e da una fessura della tenda ho veduto Luisa seduta sul sofà, accanto al dottor Collalto, che chiacchieravano a voce bassa. Virginia strimpellava il piano, in un angolo della stanza. Ada non c'era; era andata certo a letto, perché sapeva che il Capitani non veniva.- Ci vorrà almeno un anno - diceva lui. - Il dottor Baldi, sai, comincia a diventar vecchio, e mi ha promesso di prendermi come suo aiuto. Ti dispiace di aspettare, amor mio? Oh no: e a te? - ha risposto Luisa, e tutt'e due si son messi a ridere. - Ma non lo dire ancora a nessuno, - ha continuato lui. - Prima di dichiararci fidanzati in pubblico, voglio avere una posizione sicura...- Oh ti pare? sarebbe una sciocchezza... -Mia sorella aveva appena finito di dire così, che si alzò a un tratto, attraversò il salotto e si mise a sedere lontana dal dottor Collalto. In quel momento appunto entravano nella stanza le Mannelli. Tutti non facevano che domandare con grande interesse come stava il povero Giannino, quando la mamma si precipita in salotto, con un viso bianco da far paura, urlando che ero scappato dal letto, che mi aveva cercato dappertutto, ma che non mi aveva potuto trovare. Allora, perché non si affannasse di più, che cosa fo io? esco dal nascondiglio cacciando un grande urlo. Che paura hanno avuto tutti !- Giannino, Giannino! - si lamentava la mamma piangendo - mi farai ammalare...- Come! Sei stato tutto questo tempo dietro la tenda? - mi ha domandato Luisa, facendosi di mille colori.- Certo: mi predicate sempre di dire la verità; e allora, perché non dite alle vostre amiche che siete promessi sposi? -ho risposto rivolgendomi a lei e al dottore. Mia sorella mi ha preso per un braccio, trascinandomi fuori della stanza,- Lasciami! Lasciami! - gridavo. - Vado da me solo. Perché ti sei rizzata in piedi quando hai sentito toccare il campanello? Collalto... - ma non ho potuto finire la frase, perché Luisa mi ha tappato la bocca, sbatacchiando l’uscio.- Avrei una gran voglia di bastonarti, - e cominciava a piangere. Collalto non te la perdonerà più - e singhiozzava, singhiozzava, poverina, come se avesse perduto il più gran tesoro del mondo.- Smetti di piangere, sorellina mia, - io le dicevo. - Ti pare che sarei venuto fuori dalla tenda senza dir nulla, se sapevo che il dottore è tanto pauroso? -In quella è venuta la mamma che mi ha riportato a letto, raccomandando a Caterina di non lasciarmi finché non fossi bene addormentato. Ma come avrei potuto dormire, giornalino mio caro, senza prima confidarti tutte le peripezie della giornata? Caterina non ne può più dal sonno, e ogni volta che sbadiglia, pare che la testa le debba cascare giù dalcollo. Addio, giornalino, addio per stasera. 6 ottobre. Sono due settimane che non ho più scritto una parola nel mio giornale, perché mi sono ammalato da quel giorno famoso che fui per affogare e che scappai dal letto mentre sudavo. Collalto è venuto su a vedermi due volte al giorno; ed è stato così buono con me, che quasi quasi sento rimorso di averlo fatto spaventare quella sera. Quanto tempo mi ci vorrà per guarire?… Stamani sentivo Ada e Virginia che parlavano insieme nel corridoio: com'è naturale, mi sono messo ad ascoltare quello che dicevano. Pare che ci sarà, nientemeno, che una festa da ballo in casa nostra.
Virginia diceva che era contentissima che io sia a letto; così si sentiva più tranquilla, ed era sicura della riuscita della festa. Essa spera che io debba rimanere in camera un mese intero. Non so capire perché le sorelle maggiori non vogliano bene ai fratelli più piccoli... Ed io, invece, sono così buono con Virginia... Quando sto bene vado anche due volte al giorno alla posta, a prenderle e ad impostarle le lettere; qualche volta, non dico, ne avrò perduta qualcuna; ma ella non l'ha mai saputo, e non ha nessuna ragione di avercela con me! Oggi mi sentivo così bene, che mi è venuta la voglia di levarmi. Verso le tre ho sentito venir su per le scale Caterina che mi portava la merenda; sono sgusciato dal letto, mi sono nascosto dietro l'uscio di camera, tutto imbacuccato in uno sciallone nero della mamma, e mentre la cameriera stava per entrare, le sono saltato addosso, abbaiando come un cane...Che credi che abbia fatto quella stupida?...Dalla paura ha lasciato cascare in terra il vassoio che reggeva con tutt'e due le mani... Che peccato!.. Il bricco di porcellana celeste è andato in mille pezzi; il caffè e latte si è rovesciato sul tappetino che la mamma mi aveva comprato ieri; e quella sciocca ha cominciato a urlare così forte, che il babbo, la mamma, le mie sorelle, la cuoca e Giovanni sono corsi su tutti spaventati, per vedere quello che era successo...Ci può essere una ragazza più oca di quella?... Al solito, io sono stato gridato... Ma...appena sono guarito, voglio scappare da questa casa, e andare lontano lontano, così impareranno a trattare i ragazzi come si deve!..

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