Il moltiplicarsi di fonti di informazione in concorrenza feroce produce una corsa al lettore, con ogni mezzo. Sui giornali aumentano i titoli urlati e fatti ipotetici sono dati per certi. Su Internet, cresce la corsa allo sharing, e basta una foto per…
Nel suo libro “Credimi! Sono un bugiardo. Confessioni di un manipolatore di media” (Hoepli 2014), il noto Ryan Holiday scrive: «ricevo continuamente email da parte di blogger e giornalisti che mi chiedono di fornire “una risposta” a qualche assurdo rumour o a qualche congettura. Hanno solo bisogno di una citazione di me che nego il rumour: il pretesto che gli permetterà di pubblicarlo». E’ quello che succede a molte personalità della politica e dello spettacolo: basta strappare una dichiarazione per farne una notizia gonfiata.
Giornalismo: dalla notizia fantastica, alla notizia al fantasiosa
Titoli esagerati, notizie fantastiche che si sgonfiano riga dopo riga, interviste e citazioni fantasiose. Anche di questi vive il giornalismo. Da sempre: già nell’ottocento, racconta Holiday nel suo libro, «le falsificazioni e le esagerazioni erano così diffuse che George Templeton Strong, noto memorialista e avvocato, non credette all’annuncio dello scoppio della Guerra civile, nel 1861».
Oggi il problema si è sviluppato con il moltiplicarsi delle fonti di informazione e con la concorrenza feroce, fatta di share, copie o click. Questa situazione genera una corsa allo “scoop”, senza andare per il sottile. Basta uno sguardo alle trasmissioni televisive del pomeriggio e ai giornali femminili in edicola.
Tabloid inglesi: maestri nel giornalismo fantasioso
Basta una foto ben congegnata e scatta la corsa allo sharing
Su Internet, la concorrenza genera la corsa allo sharing e la via più facile è quella della foto rielaborata al computer (come quella che apre questo articolo).
Errori di gioventù? Mica tanto, visto ci sono decine di siti che negli coop gonfiati e nelle invenzioni più evidenti hanno trovato la loro miniera d’oro.
Alcuni titoli di articoli online fatti per lo scharing
Diamo spazio alla serietà
Su un altro fronte c’è chi sostiene non solo la verità dei fatti, ma anche la correzione degli errori. Ovvero: nel mondo dell’informazione le correzioni devono essere viste come un’opportunità di conquista della fiducia, non una vergogna.
Lo sostengono, per ultimi, due studiosi israeliani, Zohar Kampf e Efrat Daskal, in un saggio appena pubblicato, dal titolo “Communicating Imperfection: The Ethical Principles of News Corrections”.
La loro tesi è che i giornali non dovrebbero vergognarsi degli errori, perché gli errori “sono parte inevitabile di ogni condotta umana, soprattutto di chi deve rispettare delle scadenze di orario. Se direttori e giornalisti riusciranno ad interiorizzare questa idea avremo una professione migliore, che affronta le critiche con rispetto”.
Giustissimo, ma se i nostri quotidiani non ci passassero per notizia ogni intenzione e promessa dei politici (notoriamente indifferenti al vero), come riempirebbero le prime pagine?
Laura Gigliotti & staff FirstMaster Magazine
Fonti:
- Giornalismo: correggere apertamente e spiegare il perché degli errori significa costruire fiducia.
- Giornalismo urlato