Magazine Attualità

Il Giorno dell'Apocalisse - 15

Creato il 20 agosto 2013 da Marcar

 

IL GIORNO DELL’APOCALISSE – romanzo di Marco Caruso – Ogni diritto riservato

puntata numero 15

Ho lasciato Colgani alla sua automobile, dopo averlo stordito con un colpo alla nuca.

Non posso tornare a casa, ma posso rifugiarmi nell’appartamento già usato in precedenza; accendo l’autoradio della macchina di Luisa e provo un tuffo al cuore: il notiziario cittadino comunica che anche La Notte dei Maghi sta bruciando…

Voglio riportare la vettura sotto l’appartamento della legittima proprietaria. Sto per bussare alla porta, ma è aperta. Il sangue si ferma nelle mie vene, mentre urlo il suo nome…

La casa è in ordine, ma Luisa è stesa sul letto, immobile, gli occhi sbarrati a fissare una morte orribile.

L’angelo custode

C’è chi pensa che la morte sia un ritorno verso il grembo che ha generato la nostra disgraziata razza. Altri credono che sia l’ultimo attimo di luce prima del buio eterno. C’è poi chi si riempie la testa delle parole dei preti, come un crapulone di cibo, e giura fino all’inevitabile fine, che la morte è solo la porta verso un’esistenza migliore, più appagante, illuminata dall’immortale grazia divina, volgarmente chiamata Paradiso.

E se la morte fosse solo l’ennesima beffa di un’esistenza che si svolge su vari mondi paralleli contemporaneamente? Chi poteva immaginare che morire equivaleva soltanto a liberarsi dell’illusione dei concetti di spazio e tempo che fin dalla nascita abbiamo imparato? Chi poteva soltanto lontanamente intuire che la vera vita non è quell’intervallo tra un sogno e l’altro, comunemente chiamato veglia che sperimentiamo in quella che chiamiamo esistenza terrena, materiale, o biologica che dir si voglia?

Vivere: è questa l’unica illusione!

Tu che puoi, forse, ascoltarmi nella dimensione del sogno, svegliati! Apri gli occhi sul grande inganno dei falsi padri! Non esiste la vita, non esiste la morte: esiste solo il tuo spirito immortale, che giace addormentato tra l’Immensità e l’Eternità e sogna, sogna, sogna…

Dovresti comprendere che le catene che ti segnano i polsi, che ti legano il collo, sono puramente illusorie, proprio come i tuoi falsi dei, le tue fasulle aspirazioni, le ambizioni che rincorri durante le innumerevoli sequenze di vite frutto della tua fantasia malata.

Quanti avventurieri temerari hanno vinto sé stessi sfidando l’inganno dell’apparenza della loro condizione umana! Alcuni, i più compassionevoli, hanno lasciato il Segno che identificasse l’inizio del Sentiero… E’ lì, visibilissimo, davanti alle tue palpebre socchiuse. Oltre questo gioco di specchi davvero infernale, segui il Segno che non comprendi e che brilla di luce propria… La libertà è proprio oltre la porta che ti guida fuori dal sogno. Allora, è necessario sognare, per destarsi! Il resto, tutto quel che puoi immaginare nella tua attuale, miserabile condizione, è solo un sogno nel sogno…

L’infermiera bionda del dottor Lanza scuote la testona bionda:

- Le ripeto che il dottore non è in studio, e non so quando tornerà. Credo sia partito per un convegno medico. Ha lasciato soltanto un biglietto sulla scrivania per raccomandarmi di tener pulito lo studio e non accettare altre prenotazioni fino a nuovo ordine… Ehi, che fa?

Indignatissima, l’infermiera mi segue mentre apro tutte le porte dell’appartamento – studio di Sandro. Entro in camera da letto ed apro l’armadio.

- Ma cosa sta facendo? – urla, inorridita.

- Voglio vedere se riesco ad intuire se il tuo datore di lavoro è vicino o lontano, bambola!

Tra bagno e camera da letto, mentre la biondona continua a protestare, mi rendo conto che il mio amico è partito in gran fretta, dopo aver preso solo lo stretto necessario.

Purtroppo, uscendo dal palazzo, incontro Nori. Il commissario non è venuto in forma ufficiale e mi afferra per un braccio, trascinandomi nella sua auto privata.

- Venga via, idiota d’un idiota! – esclama, allarmato – Li vede quelli lì?

Accenna ad una Mercedes parcheggiata poco lontano.

- Sono della CIA!

- E allora?

Nori mette in moto – Cosa? Ha fatto fuori Alfonsi, riempito di botte il suo braccio destro, e non si preoccupa d’avere alle calcagna Digos e CIA? Ha dimenticato che tutti sono convinti che lei abbia il Piano Apocalisse?

- Come diavolo fa a sapere…

- Di Alfonsi e Colgani? La Digos conta tuttora sulla mia collaborazione per metterle il sale sulla coda, carino! Dovrò metterla in camera di sicurezza per proteggerla!

- Non se ne parla nemmeno!

- La massacreranno di torture pur di avere quel dossier!

- Nori, glielo ripeto: non ho quelle maledette carte!

- Allora, dovrà convincere anche loro. Dove posso accompagnarla?

- Ci stanno seguendo. Dobbiamo provare ad ingannarli. Tra l’altro la Digos sta usando un elicottero per seguire i miei spostamenti.

Nori lancia una bestemmia, nello spingere a fondo l’acceleratore – Bene. Ci penso io…

Con la Mercedes alle calcagna, attraversiamo mezza città, fino ad arrivare vicino San Giovanni. Non riesco a scorgere la vettura della Digos. Il traffico di Roma, per una volta, si è rivelato una vera fortuna.

Nori mi consegna un telefonino.

- Se lo tenga stretto: la chiamerò io, d’accordo?

Annuisco.

- Bene. Al prossimo semaforo rosso, metto la sirena e scappo via. Sono rimasti un po’ indietro e non gli sarà facile capire che lei è sceso prima. Cerco di trascinarmeli dietro il più a lungo possibile… Per seminare l’elicottero, prenda la metropolitana….

Torno nell’appartamento che era di Luisa. Rabbrividisco al pensiero del suo povero corpo nell’armadio. Ma solo restando qui, posso sperare di riordinare le idee in pace.

Apro la porta e mi si rizzano i capelli in testa… L’assassino di Luisa è tornato, lo sento.

Impugno la rivoltella, tolgo la sicura. Non ho mai sparato un colpo in vita mia, e questo è il momento buono per iniziare. Socchiudo la porta.

L’appartamento è di tre stanze, bagno e cucina. L’assassino della mia povera amica è tornato perché vuole me. Avendo aperto la porta, è in possesso delle chiavi di casa… o di un passe-partout. 

Armando Leoni mi si para davanti. E’ disarmato.

- Tu? Perché l’hai uccisa? – chiedo, abbassando istintivamente l’arma.

Mio cugino ride:

- E’ solo l’inizio della mia vendetta… contro di te! Ti sto rendendo la pariglia, Mario. Per colpa tua, mio padre sta morendo!

- Che diavolo stai dicendo?

- Li hai portati fino al nostro nascondiglio. Devo fartela pagare!

Mi riesce difficile replicare, prender ancora tempo. E comunque non potevo sapere… non immaginavo neanche quale groviglio stesse avvolgendo le sue spire intorno al mio collo…

Si avvicina a me, apre le braccia… Sta per abbracciarmi e mi accorgo che dalla fibbia della cintura che gli regge i calzoni, spunta un minuscolo stiletto… E’ troppo tardi per alzare l’arma che ancora impugno: Armando ha afferrato la mia mano.

- Addio, Mario. Ci precederai all’inferno! – mormora, trionfante.

E sarebbe l’ultima visione della mia vita terrena se un colpo di pistola, soffocato dal silenziatore, non penetrasse nella nuca di mio cugino… Armando sputa una boccata di sangue sulla mia camicia e crolla in ginocchio.

- Un abbraccio mortale… - ridacchia Nori – Un abbraccio al curaro, scommetto! E’ la seconda volta che le salvo la vita, Bersani!

- Vuole dire che è stato lei ad uccidere Alfonsi?

- Vede che dovrebbe ringraziarmi? Beh, una discreta dimostrazione di tempismo, più che altro. La vera abilità consiste nel pedinarla senza che lei si accorga di nulla… Ed io non ho un elicottero!

- Scommetto che non sta utilizzando la pistola d’ordinanza… per essere un piedipatti è piuttosto abile ad uccidere! Questo povero pazzo voleva vendicare il padre… dunque, Henkel sta morendo.

- Non è venuto solo per questo. Voleva riprendersi il Piano Apocalisse!

- L’ha nascosto qui, dopo aver ucciso Luisa?!

Nori non risponde; ha già iniziato a frugare dappertutto.

Dopo tre ore, abbiamo messo a soqquadro l’appartamento senza trovare un bel niente.

Nori sbuffa come una vaporiera. Si toglie la cravatta e brontola:

- Niente, maledizione… Ora, a parte questo caos, dovrà sbarazzarsi dei due cadaveri, o cambiare rifugio.

- Non so dove andare.

- Io, invece, torno in questura. Impari a guardarsi le spalle, nel frattempo. E tenga acceso il telefonino, mi raccomando!

***

Dovrei pur dormire, ogni tanto. Penso a Sirio, ora che vago nella notte di Roma. Dove andare? Se almeno avessi ancora qualcuno con cui parlare… La macchina è fredda, ma tenendo acceso il riscaldamento solo per qualche minuto… potrò stendermi e riposare un po’.

Mi pareva d’essere ancora sveglio… Uno strano suono di campane, assurdo a quest’ora, mi obbliga ad aprire gli occhi. Non vedo nessuno, alla fredda luce dei lampioni, ma qualcosa mi obbliga a voltarmi per sbirciare oltre il lunotto posteriore: una donna, alta, vestita da un lungo abito scuro, corre nella mia direzione… Ma è Sara! Si ferma, guarda fisso verso la mia automobile, poi svolta a sinistra e sparisce in un vicolo di Trastevere.

Esco dall’auto per inseguirla a piedi, cosciente d’aver lasciato pistola e telefonino sul sedile posteriore… Ma raggiungere Sara è più importante di ogni altra cosa.

Corro nel silenzio innaturale di questa notte gelida e piena di foschia, incontrando solo gatti randagi e rifiuti d’ogni genere sparsi dagli ultimi turisti che l’autunno sta portando via.

Niente. Nessuno. L’apparizione notturna è scivolata oltre quel che ancora c’è di comprensibile in questa città, nella mia vita. Tornando indietro, penso che forse non rivedrò più la mia sposa d’un tempo, e con lei ho perso per sempre la mia pace.

     La voce di Colgani mi desta quando è ancora buio. Bussa con la canna della sua pistola contro il finestrino. E’ quasi l’alba. Esco dalla macchina e lui dice:

- Hai il fiato sul collo, per farti prendere così… E’ bastato sguinzagliare qualcuno dei nostri informatori… Stai forse cercando, o aspettando, qualcuno?

- Stavo dormendo. E non sono un criminale. Metti via quell’arma.

Colgani sospira – Io e Alfonsi ci siamo documentati bene su Willhelm Henkel, ed abbiamo capito quel che forse hanno trascurato i cervelloni della CIA. Penso che tu, caro Bersani, possegga il Piano Apocalisse senza saperlo!

- Questa è nuova. Bravo, dimostri almeno un po’ di fantasia.

- Andiamo, tira fuori il telegramma che consegnasti a suo cugino!

- Colgani, sei impazzito?

- No, Bersani, sei tu ad essere un grosso imbecille! Non è forse questo l’unico oggetto che sia passato dalle mani di Leoni alle tue?

- Se pensi all’inchiostro simpatico…

- Ma no! E’ chiaro che il contenuto di tanti fogli dattiloscritti non potrebbe essere inserito in un documento tanto piccolo. Comunque, non ho il tempo di spiegarti: dammi quel telegramma, o cercherò nelle tue tasche dopo aver sparato!

Prendo dalla tasca della giacca il telegramma e glielo consegno. Ma non credo che basti questo semplice gesto a salvarmi la pelle.

Gli occhi del funzionario della Digos s’illuminano – Ecco! Questo volevo! Sono spaventosamente ricco…Ora, tocca a te guidare. Infilati in macchina, che andiamo a fare una passeggiata!

Colgani si siede accanto a me, spingendo la canna della sua pistola contro il mio fianco destro.

- Metti in moto e segui le mie indicazioni…

- Perché dovrei facilitarti il compito? Non hai il coraggio di uccidermi qui?

- Non ti ucciderò. Voglio solo metterti nelle condizioni di non poter interferire con i miei piani. Andiamo, parti!

Devo pensare a qualcosa velocemente. L’uomo che sta per uccidermi mi ordina di puntare verso nord, superando il Centro cittadino.

- Colgani, ora che hai vinto, abbi almeno la creanza di spiegarmi cosa c’entra il Piano Apocalisse con quel telegramma spiegazzato che mi portavo in giro!

- Perché no? In fondo, meriti una ricompensa per avermi donato tanti di quei soldi che non potresti immaginare neanche in dieci vite! Ebbene, tuo cugino era molto furbo, sai? Degno figlio di cotanto padre. La CIA ha fatto molto male a non leggere bene il dossier che riguarda Henkel! E pensare che l’hanno trasmesso ai Servizi di tutti i paesi alleati! Per farla breve, quel figlio di cane è riuscito a ridurre l’intero Piano Apocalisse fino a raggiungere la dimensione di un piccolo punto trasferibile! Henkel, uno dei migliori agenti nazisti in Sud America, frequentò la scuola di spionaggio di Amburgo, diretta dall’allora famoso professor Zapp e lì, nel 1940, apprese il sistema che avrebbe permesso alle spie del Fuhrer di comunicare impunemente tra loro, senza pericolo di intercettazioni. Zapp, infatti, inventò la tecnica dei micro-punti, ed Henkel imparò a ridurre decine di fogli dattiloscritti in modo da contenerli tutti nello spazio del carattere che stampa il punto di una macchina per scrivere.

- Vuoi dire che…

- Lasciami finire. I messaggi venivano fotografati con una macchina di piccolo formato, molto precisa. La prima fotografia risultava grande quanto un francobollo di piccole dimensioni; in seguito, veniva ri-fotografata attraverso un microscopio rovesciato ed il risultato, una riduzione minuscola, veniva impresso e sviluppato su una lastra di vetro coperta con un denso strato di emulsione segreta. La negativa era successivamente sviluppata con il collodio e l’emulsione tolta in blocco dal vetro. Gli operatori tagliavano allora la punta di un ago ipodermico ed affilavano l’orlo dell’estremità rimasta che veniva posta sul micropunto per asportarlo ed inserirlo nel testo di una comune lettera o cartolina, sopra un punto battuto da una macchina per scrivere, o stampato. La carta era stata preventivamente grattata leggermente con un ago; lo stantuffo di una siringa comprimeva il micropunto nello spazio ricavato, ed una gocciolina di collodio univa le fibre di carta al micropunto. Nessuno poteva sospettare che una semplice lettera potesse contenere centinaia di messaggi segreti perfettamente riproducibili! Ora, riesci a capire, Bersani?

La lunga spiegazione dell’agente della Digos ha catturato talmente la mia attenzione da dimenticare che sto per morire. Colgani mi sta guidando in una zona semi-deserta della Cassia, oltre la Tomba di Nerone. Tuttavia, una Citroen rossa ci segue discretamente da poco oltre via Po… Spero siano uomini della CIA che vengano a reclamare il maltolto… Che interesse avrebbero a lasciarsi un cadavere di troppo alle spalle?

Colgani mi ordina di fermarmi, parcheggiando in una stradina silenziosa. In lontananza, un paio di villini bi-familiari sembrano ancora immersi nel sonno notturno. Purtroppo, l’auto rossa intravista nello specchietto retro-visore è sparita da almeno un paio di minuti…

- Sbrigati ad ammazzarmi, se è questo che devi fare…

- Devo ammettere che mi spiace, ma non posso rischiare. Scommetto che Alfonsi l’hai fatto secco tu! – Colgani fa finta di essere costernato. Voglio che, almeno, possa tenersi il pentimento d’aver ucciso un uomo innocente per il resto della sua sporca vita.

- Non ho mai ucciso un essere umano, come invece stai per fare tu. Non pensare di lavarti la coscienza così… - non posso fare a meno di notare la figura barcollante e sgraziata di Nori che sta spuntando da un boschetto di pini ai lati della stradina - … Anche perché… A che ti serve assassinarmi?

Per fortuna, Colgani evitava di guardarmi, e non si è accorto del mio stupore. Si gratta la testa, ma tiene l’arma costantemente puntata contro il mio petto.

- Devo farlo… Non basterebbe lasciarti qui, legato come un salame. Devo avere il tempo per filare il più lontano possibile…

Colgani posa l’arma contro la mia fronte; il gelo del metallo penetra nel mio cervello come una lama affilata. Rivedo, in un istante, tutta la mia vita scorrere come un fiume che dalla piena torni alle sorgenti… Poi un colpo forte come un tuono, e vedo il sangue coprire il mio volto… Ma sono vivo!

Esco dalla macchina, meccanicamente, cercando di pulire il mio volto coperto dal sangue uscito dalla bocca di Colgani. Nori mi ha salvato per l’ennesima volta!

Ora mi accorgo che è conciato davvero male; perde sangue dalla tempia destra, ha un occhio pesto e chiuso ed il fianco destro della giacca è intriso di sangue… Crolla tra le mie braccia, ed io lo faccio stendere sull’asfalto dissestato di questa dannata stradina di periferia.

- Deve la sua vita a quel cellulare… - borbotta l’angelo con la pistola - … Lo tenga ancora acceso… La Madre si metterà in contatto con lei!

- Nori… Lei è un Servo del Mondo?

Il poveretto tossisce furiosamente:

- No, sono il tuo angioletto custode… - Cerca di sorridere, ma ho l’impressione che non reggerà a lungo senza un ottimo ospedale che si prenda cura di lui.

- Chi l’ha conciata così? – domando, mentre penso di caricarlo in macchina e correre verso il Policlinico Gemelli.

Il commissario muove la bocca ma non riesce a dire altro. Stringo il suo polso alla ricerca di un segno pur minimo di vita, ma l’emorragia subita ha stroncato l’angelo custode che madame Clermont mi aveva assegnato fin dal principio…

Mi rifugio nell’appartamento prestatomi da Sandro: il posto più sicuro che conosca… Spero che i Servi utilizzino presto il numero del cellulare che ha permesso a Nori di seguire costantemente i miei spostamenti. Davanti ad un generoso bicchiere di gin, guardo il telegramma che nasconde il Piano apocalisse, la vera causa di tanti orrori, di tanta sofferenza… Non intendo consegnarlo ai Servi senza una contropartita, e quindi devo tenerlo in serbo per poter trattare…

FINE DELLA QUINDICESIMA PUNTATA


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :