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Il Giorno dell'Apocalisse - 9

Da Marcar

 

IL GIORNO DELL’APOCALISSE – romanzo di Marco Caruso – Ogni diritto riservato

 

puntata numero 9

 

Un bambino che piange

 

Il frate sposta lo sguardo dal mio volto. Pare sinceramente disgustato dalle mie asserzioni. Rido, lo schernisco.

- Ma cosa volete saperne, voi? Avete mai sfiorato la pelle vellutata d’una donna, ne avete mai posseduto il corpo? E l’anima…

- L’anima di tutti noi – grida il vecchio frate – appartiene a Dio! Tu hai posseduto, della donna, solo il marciume che custodisce nel ventre!

- Quel marciume ci ha generati! – ribatto, con cattiveria, ridendogli in faccia.

- Abbiamo il dovere di redimerci, figlio… Giulio, non ti chiedo di confessare i tuoi peccati, né di scontare la giusta punizione terrena. Devi solo pentirti sinceramente, davanti a Dio, ed implorare il Suo perdono! Il Suo cuore è grande, certamente più grande di tutti i peccati dell’Umanità!

Il volto stanco di fra’ Anselmo, che conosco da tanti anni, si avvicina al mio. I suoi occhi sono come ferri incandescenti, vividi, penetranti. E’ questa, dunque, la fede?

- Tu non sei ciò che credi… - dice, molto lentamente – Non sei l’uomo deforme ed inorridito di te stesso. Non sei la tua immagine allo specchio, fonte di tutte le altre illusioni. Non sei la gobba, l’odio che covi in te, i tuoi osceni desideri…

Non reggo oltre il suo sguardo e mi volto verso la parete che mostra lo specchio antico che ha riflesso le sembianze dei miei avi. E rivedo il mio volto, e dietro la spalla destra, il volto del frate. Senza sapere perché, un pianto irrefrenabile mi stringe la gola, mi fa singhiozzare e scioglie la mia disperazione in un mare di lacrime brucianti come fiamme dell’inferno. Sto piangendo a dirotto, come un bambino.

Il frate mi abbraccia, mormorando parole che sento lontane lontane, oltre questa coltre di lacrime che mi separa dal mondo degli altri.

- Questo siamo, figliolo: bambini che piangono. Per la paura, per il dolore, per l’assenza d’un Padre troppo distante!

 

Riaffioro dall’abisso senza fine, le cui pareti sono immagini, suoni, sensazioni tattili ed odori che tappezzano il fondo della mia coscienza. L’ultimo ricordo del sogno è un pianto forte e disperato di un neonato. Ma lo sento ancora adesso, da sveglio… Viene dal mio interno!

Scendo dal letto, sbigottito, e lo strano suono cessa di colpo. Forse, mi sono sbagliato… Forse, la giovane coppia dell’appartamento vicino ha un figlio piccolo… Chi li conosce i vicini?

Passo una mano sugli occhi, e stavolta ricordo tutto, fin troppo bene. Il volto di Giulio, nello specchio, era il mio… Ed il viso del frate, dove l’ho già visto? Quegli occhi fermi ed implacabili… Ci sono! Il vecchio signore che mi fissava alla Notte dei Maghi! Ma cosa mi sta succedendo?

Suona il campanello della porta. Vado ad aprire di corsa: ho la sensazione che possa essere Sara… Invece, è Sandro. Mi saluta, cordiale come sempre:

- Dormivi ancora? Che faccia che hai! Svegliati, che sono le dodici e trenta!

- La mezza, si dice a Roma! –Sono un po’ seccato. E deluso.

Mi segue in cucina, dove mi lascio cadere sulla prima sedia che vedo. Sandro si toglie la giacca, si rimbocca le maniche della camicia di seta e, dopo un breve sguardo alla stanza, nel disordine più completo, annuncia:

- Tra poco, sarà tutto in ordine. E tu avrai una buona colazione!

- Se riesci a trovare qualcosa di commestibile nel frigo…

Incredibilmente, dopo venti minuti, Sandro ha già finito, ed io ho davanti una tazza di caffè bollente, del pane tostato, burro e marmellata.

- Meraviglioso. – commento, incredulo – Se avessi almeno una vaga tendenza omosessuale, ti sposerei!

- Non ci sperare, maschiaccio! – ride, sorseggiando caffè – Ti senti meglio?

- Beh, almeno sono sveglio… Ma resta il mare di guai in cui sto affogando…Non ti sembra preoccupante quel che t’ho appena raccontato?

- La morte di Deschi? Sai che ti dico? E’ il miglior giallo che abbia mai prodotto la Star Film!

La tensione mi fa scoppiare a ridere, ma avrei voglia di piangere.

- Ma perché Nori ti preoccupa tanto?

- Non ho un alibi per ieri notte. Pensa certamente che io abbia ucciso Claudine e Deschi per gelosia e per vendetta. Il magistrato che conduce l’inchiesta, tal dottor Romano, ha una gran fretta di chiudere l’istruttoria, secondo Nori. Io sarei un comodissimo capro espiatorio, no?

- Gli hai consegnato il telegramma?

- No: è nelle mani di Leoni.

- Il tuo cugino ebreo?

- Proprio lui, l’investigatore privato. Ma ora dovrò cercarmi anche un buon avvocato… Spero che Max Jaguar abbia un alibi inconsistente quanto il mio!

- Se è stato lui, l’alibi era già pronto prima di commettere il delitto! Piuttosto, questo strano personaggio con il quale hai passato la notte… Possibile che non si possa rintracciare?!

- Se mi lasciano ancora a piede libero, lo troverò sicuramente.

Sandro ha perso il buonumore e mi guarda, preoccupato.

- Vuoi un consiglio? Scappa!

- Cosa?! Penseranno che sono davvero colpevole!

- Ed ora, cosa pensano?

In effetti, la logicità dell’affermazione di Sandro è evidente. A questo punto, per difendermi devo restare in libertà. Mi alzo di scatto. In dieci minuti preparo una valigia con lo stretto necessario.

- Se quel commissario ha messo alle tue calcagna qualche mastino – riflette il mio amico – devi attuare una piccola strategia… Prendi la mia macchina e vai a questo indirizzo, stando bene attento che non ti seguano!

Mi porge un foglietto e le chiavi dell’automobile. – Hai bisogno d’altro?

- Se ti riferisci ai soldi, posso tirare avanti per un po’, non ti preoccupare.

Usciamo dal mio appartamento e raggiungiamo la portineria. Senza che possa notarmi, la moglie del portinaio viene letteralmente trascinata verso le scale da Sandro, che si lamenta ad alta voce di non so bene cosa. Posso, dunque, filarmela dalla porta esterna dell’appartamento del portiere; nessun pericolo in vista. Trovata l’auto di Sandro, parto a tutta velocità. Inizia la mia vita da latitante.

 

***

 

Quando Andrew giunse nei pressi della capanna, gli si rizzarono i capelli sulla testa: sentiva che Henkel era passato di lì. Il sole batteva ferocemente e l’aria era immobile. L’agente speciale tolse la sicura alla corta rivoltella automatica. il suo aggancio messicano, un uomo basso e grasso dall’aspetto inoffensivo, era più tranquillo.

La capanna sorgeva isolata in uno spiazzo di terra battuta; intorno, solo i piccoli arbusti tipici di quella zona semi-desertica del Messico.

Stavano per entrare, quando, come fantasmi, dalla capanna uscirono due donne dalla pelle scurissima. Il Messicano iniziò ad interrogarle in spagnolo mentre Andrew  entrava nella capanna silente. Il vecchio Jack Olino, il miglior istruttore che ricordava la CIA, era steso sulle assi del pavimento. Non senza commozione, Andrew si accertò che fosse morto, poi tornò dai tre messicani.

Una delle due donne gli mostrò una busta.

- Giorni fa – disse in un pessimo spagnolo – il senhor Olino ci consegnò questa lettera. Ci disse che presto un amico sarebbe venuto a prenderla. Siete voi il suo amico?

Andrew ringraziò la donna e prese la busta. Conteneva solo una carta dei Tarocchi, scolorita dal tempo; sul retro, era scarabocchiato un nome ed un indirizzo di Roma.

 

Il direttore della CIA era nella vasca da bagno, quando arrivò la telefonata che attendeva. Sua moglie gli tese l’apparecchio e lui sbuffò, tra il vapore ed il profumo dei sali orientali:

- Ufff!… Parlate, dannazione! Passate questa telefonata!

- La chiamata dal canale 12 – annunciò una centralinista del Pentagono. Era proprio il canale assegnato ad Andrew.

- Notizie! – strillò l’agente.

- Falco, dove sei?

- Non importa dove sono, ma dove sono diretto: nella città di San Pietro!

- San Pietroburgo???

- Ma no: Roma!

- Falco, non sei in vacanza!

- Il Serpente aveva un figlio, ed io so dov’è!

- Per la miseria! Il Serpente… un figlio?

- Sono sorpreso quanto lei, mi creda. Dobbiamo queste informazioni al vecchio Jack Olino. A proposito, il Serpente l’ha morso…

- Mi spiace per lui, ma ora muoviti! Solita procedura.

 

***

 

Ho fatto la spesa in un supermercato vicino; niente carta di credito: rigorosamente, contanti. Il piccolo appartamento indicatomi da Sandro è perfettamente in ordine ed ha un superbo terrazzo pieno di piante.

Dopo aver cercato, inutilmente, di rintracciare telefonicamente Leoni, sento bussare, piano, alla porta. Non può che essere Sandro.

- Sei carico come la Befana – rido, vedendolo entrare trascinando due enormi sacchi di provviste – Ma ho già fatto la spesa!

- Meglio così. Vuol dire  che sei ancora lucido. Ti piace questo posticino?

- Non male.

Ci sediamo in soggiorno. Apro il mobile-bar e preparo un paio di Martini dry.

- Farai bene ad essere prudente, Mario, e ad uscire il meno possibile. Quando capiranno che hai preso il volo, setacceranno la città!

- D’accordo, ma devo anche cercare Sara. A meno che non sia tu a fornirmi notizie in tal senso!

- Anche se potessi, ti pare il momento di coinvolgerla in una faccenda potenzialmente tanto pericolosa?

- E’ per questo motivo che ti rifiuti di dirmi dov’è?

Sandro non risponde. Finisce il suo bicchiere e mi porge la mano, prima d’uscire.

- Mi devo riprendere la macchina – avverte – Chiamami sul cellulare, se proprio devi, altrimenti ti chiamerò io, dal mio cellulare al telefono fisso di quest’appartamento.

Gli stringo la mano, con la dovuta riconoscenza. Chiudendo la porta alle sue spalle, torna quella vaga angoscia, diventata così familiare, per me.

Lentissimamente, arriva la sera. Ho chiuso tutte le imposte ed il volume audio della televisione è bassissimo. Penso di non poter dormire, e mi metto a cercare qualche trasmissione  nella poverissima offerta della tv pubblica. Poi, un’improvvisa stanchezza mi fa superare anche la paura di sognare Giulio…

Mi sveglio con la televisione ancora accesa… ho dormito sul divano e sono tutto indolenzito. Faccio una buona colazione e decido di comprare qualche giornale, munito di un paio di occhiali scuri che accrescono la ridicola sensazione di trovarmi in un film giallo d’infima serie.

Viale Aventino è spazzato dal vento; nuvole grigiastre coprono il pallido sole autunnale. Il solito traffico di gente che cerca di sfuggire dalla noia mortale di questa domenica settembrina. Incredibile a dirsi, ma Sara mi manca parecchio. Sarà la solitudine. Acquisto un paio di quotidiani e due riviste di attualità cinematografica. Poi lo vedo. E’ di spalle, ma sembra proprio lui. Fermo, sul marciapiede opposto, in attesa di qualcuno… Cerco di attraversare la strada nella sua direzione, ma mentre evito di finire sotto un furgone ed un paio di motocicli, Sirio inizia a muoversi e sparisce dietro un angolo. Ha preso una via laterale, lo inseguo.

Mi ritrovo in una vasta piazza, ma Sirio è scomparso. Pochissima gente, intorno a me, e non rischio di sbagliarmi. E’ aperto solo un piccolo bar, peraltro vuoto. Dove diavolo s’è cacciato? Non può che essere entrato in qualche portone!

Una bambina è ferma accanto una panchina, all’interno di un giardinetto. Mi avvicino e le chiedo se ha visto il mio amico, descrivendolo alla bisogna. Ma la piccola, una dodicenne dall’aria furbetta, non risponde; mi sta squadrando da capo a piedi, curiosa. Poi, come se avesse ricordato qualcosa, sorride, soddisfatta. E’ molto carina. Le ripeto la domanda ma lei, invece di rispondere, mi prende la mano per camminare insieme. Stiamo andando di nuovo verso viale Aventino. Che cosa vuole farmi capire? Che sia muta? O demente?

Intanto, la ragazzina appare molto divertita dalla mia compagnia, pur non spiccicando parola. Non so che fare; dovrei tornare indietro per fare la posta a Sirio… Ma lei mi guida fino al portone del mio attuale rifugio. Rabbrividisco. Come fa a sapere che abito momentaneamente qui?

Ora mi fissa, dal basso in alto, con aria di sfida.

- So che stai scappando! – dice all’improvviso, quasi in cantilena – So che scappi dalla polizia!

- Senti, piccola, torna a casa. Io non abito qui, e devo andare…

- Mi fai salire? – domanda, scuotendo il capo. Il suo caschetto biondo mi ricorda qualcosa che non riesco ad afferrare…

- Devi tornare dai tuoi genitori.

- No! Se non mi fai salire, chiamo la polizia!

Gesù, ma tutti i matti capitano a me? Ma come può conoscere la mia situazione?

Sale le scale davanti a me, come sapesse esattamente dove andare, e si ferma davanti alla porta dell’appartamento di Sandro. Ho capito: deve conoscere lui, evidentemente. Sarà la figlia di qualche suo cliente. Resta il mistero di come possa sapere di me! Ma anch’io, a dire il vero, ricordo d’averla già conosciuta… Ma dove? Quando?

Una volta entrata in casa, si accomoda sul divano del soggiorno, graziosamente, stendendo le gambe di lato. Provo ad interrogarla di nuovo, ma non apre la bocca. Perdo la pazienza e grido:

- Ma insomma! Si può sapere cosa vuoi da me?

Mi fa cenno di sedermi accanto a lei, battendo la manina sul cuscino di seta damascata. Poi, lei si mette in ginocchio per passarmi un braccio intorno alle spalle e posare la testolina bionda sulla mia spalla. Sta cercando di sedurmi?!

Cerco di staccarla da me, ma lei inizia a leccare oscenamente la mia guancia. Istintivamente, la spingo lontano, e lei protesta, con un urletto grazioso. Poi scende dal divano e comincia a spogliarsi… Un lampo mi fa ricordare tutto! Ma come può essere? Queste non sono immagini del presente, ma del passato! E lei è Cecilia, il mio primo amore… Una ragazzina conosciuta quando avevo undici anni!

La mia prima esperienza sessuale, fatta grazie a quel cucciolo di femmina accalorata… Quella ragazzina maliziosa, figlia di amici di famiglia… Dopo una memorabile estate passata insieme, in montagna, non la rividi mai più. E questa, allora, chi diavolo è?

Chi è che mi fissa, nuda, sorridente, conturbante come i sogni erotici di un quasi adolescente?

Mi fa male la testa. Non riesco a pensare. Come può il passato sovrapporsi al presente?

- Stai cercando di rovesciare la tua vita – dice ora, con voce roca, maschile, profonda – Sei come l’Appeso dei Tarocchi, che guarda il mondo sottosopra. Il prossimo Arcano è La Morte. Ma cos’hai da temere tu che passi per vivo, ma sei già morto?

Le mie gambe stanno per cedere Non posso accettare tutto questo. La stanza e questo fantasma del mio passato ora girano vorticosamente intorno a me… finché il mio cervello non riesce a mantenere l’ordine imposto fin dalla nascita, e vedo esattamente quel che riportano gli occhi: un mondo sottosopra.

La mia coscienza si ritrae da quella realtà ormai sconosciuta, e precipito in un sogno senza luci, colori, pensieri.

Mi sveglio sul letto e guardo istintivamente l’orologio. E’ buio, ma sento i motori, il baccano del traffico serale, le voci confuse… E soprattutto, il pianto disperato di un bambino, dal piano di sopra; una donna, forse la madre, lo sgrida, e lui piange più forte. Squilla il mio cellulare. E’ Leoni, che promette di raggiungermi entro un’ora. Gli dico dove mi trovo e riattacco.

Quando sento il campanello, trovo il coraggio di accendere la luce. Il mondo è tornato al suo posto, io vedo normalmente, e non c’è traccia del fantasma di bambina.

Mio cugino fa un commento sulla mia brutta cera, ma anche lui appare imbarazzato e nervoso. Lo prego di seguirmi in cucina, avendo bisogno urgente di mezzo litro di caffè. Intanto apprendo da lui che Nori bracca, oltre me, anche Max Jaguar; non è stato ancora emesso alcun ordine di cattura, soprattutto perché il magistrato inquirente si trova nella difficile situazione di dover vagliare la posizione di due diversi, potenziali, pluri-assassini.

Leoni si agita sulla sedia, e trangugia volentieri anche lui, una tazza del caffè appena preparato.

- Vedi, Mario, io ritengo che la tua attuale… avventura, beh, abbia origine nel passato e, più precisamente, durante la causa per divorzio da Sara.

- Che c’entra Sara?

- Ecco, quel che non sai riguarda… - la sua espressione furtiva, i suoi tentennamenti cominciano ad irritarmi - … Non so come dirtelo.

- Armando, forse mi hai nascosto qualcosa?

- Non proprio… sì, ecco. Voglio dirti di non considerare, per ora, Sandro Lanza con una fiducia illimitata! Per il tuo bene, sta’ in guardia da lui. Ed anche Sara… Allora, non sapevo, non potevo immaginare che quella storia avrebbe generato, in futuro, conseguenze tanto clamorose! Insomma, perdonami se ho accettato da loro… Denaro per ingannarti!

- Ma che cosa…

- Aspetta! Non t’infuriare! Pensa che solo io posso, forse, tirarti fuori da questo pasticcio.

- E allora, parla, una buona volta! Che cosa sai?

Scuote la testa, il vile – Non ora. Credimi, sapere tutto non ti aiuterebbe. Ma giuro che ti aiuterò, e ti garantisco che solo io posso portare alla luce la macchinazione che hanno ordito ai tuoi danni. In fondo, sono convinti che stia facendo ancora il doppio gioco!

Stringo i pugni. Sono circondato da maledette vipere, dunque? O questo omuncolo sta mentendo per qualche oscura ragione?

- Sei in pericolo, Mario – riprende, più calmo - E ti posso garantire che i tuoi nemici non tengono in alcun conto la tua vita… Ricordi? Ti parlai della pedina degli scacchi. Sei sacrificabile perché rientri in un gioco troppo più importante di una singola vita umana!

- Che cazzo stai dicendo… Brutto vigliacco, se provi nuovamente a prendermi per il culo!…

- Ripeto: lasciami fare e ti darò il risarcimento che meriti. Saprai perdonarmi. Sappi, comunque, che le prove che ti portai contro Sara, erano tutte false. Lei finse di tradirti. Il suo comportamento da ninfomane era simulato. Ho avuto una bella cifra per stare al gioco.

- Ma perché, Cristo, perché?

- E’ quanto sto cercando di scoprire. Ti farò avere mie notizie. Chiamami solo al cellulare.

Leoni va via prima che possa replicare, o cercare di ordinare gli ultimi avvenimenti in qualche modo.

Ora sono solo con la mia notte insonne.

 

FINE DELLA NONA PUNTATA

 


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