La memoria è forza, ci fa sentire parte della storia dell’umanità.
Da madre, mi dico, la memoria è uno dei doni più importanti che posso trasmettere ai miei figli. Per questo sono contenta di celebrare quest’anno il 27 gennaio con un bellissimo libro per ragazzi che custodirò in libreria per quando i miei bambini saranno più grandi.“La casa che guarda il cielo” di Lorenza Farina, è un romanzo che racconta la storia di Anna Frank a giovani lettori, dai 9 anni in su, con linguaggio semplice e affascinante, sfumato di tutte le emozioni che appartengono ai giovani cuori ed arricchito da un’interessante sezione in appendice di approfondimenti e schede tecniche curata da Paola Valente. Prima di leggere e proporre il libro, direi che bisogna prepararsi psicologicamente, prepararsi a:- tanto amare- tanto soffrire- tanto sperare
Tanto amareLa protagonista, Anna Frank, nella descrizione di Lorenza Farina, suscita affetto immediato. Tredicenne alle prese con i chiaroscuri dell’adolescenza, sa essere tanto mistica – come nelle sue manifestazioni di fede in Dio e amore per la natura - quanto ribelle - come nelle sue incomprensioni con la madre o con gli altri inquilini. Ma, sia che rida sia che pianga, Anna Frank ha un dono speciale: suscita vibrazioni di vita. Nella pagine del romanzo che, sapientemente, cita tra virgolette brani dell’autentico diario di Anna, si sente battere il cuore forte di questa ragazza, scosso fra la sofferenza della prigionia, la nostalgia delle sue amiche, la voglia di innamorarsi, la gioia di poter ammirare la natura dalla finestra in soffitta, il piacere di scrivere, la predisposizione a portare allegria agli altri.
Tanto soffrireNon si può non soffrire nel pensare ad una ragazza così esuberante, una di quelle che dovrebbero esprimere al mondo se stesse senza limitazioni, reclusa in un posto dove il silenzio è l’unico strumento per non farsi scoprire e continuare a vivere. Non si può non soffrire pensando che la coinvolgente narrazione delle pagine del diario di Anna un giorno si arresta per non riprendere più, lasciando a metà il fiorire dei sogni di una giovane donna. Non si può non soffrire leggendo il resoconto del ritorno ad Amsterdam di Otto, il padre. Nel 1945 Otto è l’unico sopravvissuto della famiglia, le sue donne sono state portate via dall'epidemia di tifo del campo di concentramento.
Questa sofferenza, d’altra parte, giunge “filtrata” perché la voce narrante non è quella dei protagonisti bensì quella della casa segreta che li ospita. Se è un personaggio “terzo”, anche se empatico, che ci racconta eventi tristi, sembra che gli stessi ci tocchino in modo più morbido. Questa tecnica narrativa, secondo me, rende ancora più adatto il libro ad un pubblico giovane e sensibile.Contribuiscono ad alleggerire il racconto le illustrazioni colorate che raffigurano volti mai turbati dalla disperazione.Tanto sperareLa vicenda di Anna Frank irradia bagliori di speranza. Ho apprezzato la rielaborazione del diario di Anna Frank anche per la scelta dell’autrice di sottolineare certi brani del diario originale.E’ Anna stessa che insegna la speranza: “Finché questo c’è ancora, e io posso godere questo sole, questo cielo senza nuvole, non ho il diritto di essere triste”.La speranza di Anna resta persino nel genere umano, ogni volta che è convinta della bontà di fondo di tutte le persone.Infine, c’è speranza nel finale. La memoria di Anna è salva, il diario è intatto, sopravvissuto alle devastazioni naziste che rastrellavano ogni bene.Il suo diario, per noi, è una luce. È proprio come quei raggi di sole di cui lei si nutriva, segretamente, ammirandolo dalla finestrella in soffitta. Finché c’è questo tipo di memoria, neanche noi abbiamo diritto di essere tristi. Buona lettura e buona memoria