Credevamo tutte che la caccia alle streghe si fosse chiusa con una certa vittoria da parte del senno e della razionalità, poi una mattina ti rigirano questo pezzo: “Era una strega, negata l’intitolazione di una via a Julia Carta” e pensi che in fondo in fondo, le cose non sono cambiate mica tanto da che in Sardegna c’era l’inquisizione e le donne erano o sante o puttane.
La questione è tanto semplice quanto scioccante: il Comune di Siligo è dal 2011 che richiede alla Prefettura di Sassari di intitolare una Via a Julia Carta Strega e fin qui niente di insolito: la Sardegna oltre che per le sue spiagge la si conosce anche per i suoi personaggi e Julia nel bene e nel male, è un suo personaggio, che in più di un turista appassionato di antiche storie, ha risvegliato la curiosità per Siligo e Mores: per dirla in altri termini dopo quattrocento anni dalla sua scomparsa (anno più anno meno) Julia potrebbe dare una botta di vita al turismo isolano.
Qui si esaurisce la parte “semplice” del discorso e si inaugura quella “scioccante”. La risposta della Prefettura di Sassari è stata per due volte negativa.
<> domanda il comune di Siligo.
<>, risponde la Prefettura, anzi no, <un personaggio che ancora oggi potrebbe dare indicazioni sbagliate, rappresentare un cattivo esempio. Non è opportuno dare il nome a una via a chi rappresenta un giro oscuro, a una donna che è stata perseguitata anche per questo, e che non è una martire. Non ci è sembrato un personaggio che avesse un valore morale, per queste motivazioni la risposta è stata negativa”>>.
Era meglio il perché no, penso io, dato che la risposta, quella lunga diverse righe mi offende in quanto donna, mi offende in quanto strega, perché diciamocela tutta, ogni donna dentro di sé ha un briciolo di giro oscuro, di sensibilità al misterioso, e una certa vocazione al soccorso e alla mutua assistenza. Julia Carta rispondeva a questa necessità curando con le erbe, togliendo il malocchio, o facendo scendere la luna, Julia d’altronde non aveva farmacie a pochi passi da casa ed è scomparsa misteriosamente non l’altro ieri, ma nel 1614.
Un’offesa alle donne dicevo, insultate dall’inquisizione, che ancora oggi sono sotto processo, come se non fossero bastate a Julia le due condanne per un giro di voci che circolarono di bocca in bocca delle chiacchierone del paese fino a raggiungere le orecchie di un prete grassoccio.
Un’offesa alle donne ripeto, che sopravvivere, arrangiarsi con le erbe, e abbandonarsi alle credenze popolari in auge nel tempo non può essere un’indicazione sbagliata per le generazioni di oggi. Di sbagliato ci fu solo l’Inquisizione, la condanna alle donne, il sequestro di tutti i beni di quella povera figlia di Sardegna, le violenze che le dovettero far passare i suoi carcerieri negli anni di prigionia.
Tutta colpa delle donne, mi dico io, che si lasciano vittime e si fanno carnefici, e che ancora oggi cercano il consenso di quella frangia di società che le teme, che le chiama streghe e non deinas: come non temere una strega che con una parola ammalava e con un’altra guariva? Che agli inizi del 1600 stanca di tutte quelle sciocchezze che si dicevano e si sarebbero dette per altri 400 anni spicchettò il suo sambenito dalla chiesa e se ne andò via, lontana dalle pagine di cronaca, con in faccia il sole e nel cuore tutto il coraggio di donna. Non la temo io, la ricordo piuttosto. Ma io sono donna, io sono un po’ strega, io sono un po’ Julia.
Photo Credit: G. Vuillier – Sulla Soglia
{lang: ‘it’} Pubblicato il 16 maggio 2012 by Kalaris in Sardegna, Storie di Donne e Streghe