Il giugno nero dell’auto, -24% di immatricolazioni

Creato il 03 luglio 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Crisi e sfiducia stendono al tappeto il mercato dell’automobile. Nel mese di giugno c’è un altro crollo pesantissimo per il settore. Semplice come Sbirulino…Sbirulino ce lo ha insegnato in tempi non sospetti: per fare il tavolo  ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l’albero, per fare l’albero ci vuole il seme, per fare il seme ci vuole il frutto. Quindi, forzando un po’ le proprietà algebriche ed applicandole all’assunto, potremmo giocare un po’ con le similitudini.

Per acquistare un’auto ci vogliono soldi, per avere soldi bisogna lavorare. Per lavorare bisogna poter contare su una legislazione che agevoli impresa ed attività produttive, e per avere questo risultato non si può sperare che a realizzarlo sia una casta di docenti che è quanto di più lontano dalla realtà potesse capitarci in questo momento storico. Quasi un sillogismo.

Di pagliacci al governo ne abbiamo avuti fin troppi negli ultimi vent’anni, e la parata dei clowns a palazzo Chigi non deve considerarsi esaurita, con la differenza che gli artisti del circo suscitano ilarità, quelli della politica e dell’alta amministrazione fanno venir da piangere. Gli accademici invece sono come quei comici “intellettualoidi”: fanno le battute,  nessuno le capisce, eppure tutti ridono per non passare per “idioti”.  Un po’ quello che accade col governo Monti: fanno le riforme, nessuno le condivide. Ma in parlamento (quasi) tutti le votano, per paura di poter perdere qualche privilegio tanto agognato e ora difeso con i denti.

Ci si accorge anche a giugno che il mercato dell’auto è un Titanic che si abissa nella crisi: -24,42% nel mese di giugno, con buona pace di chi ha studiato promozioni mirate ad invertire una tendenza che non si riesce a modificare. Anche il mese scorso avevamo parlato di una caduta libera del mercato dell’auto, ed era impossibile sperare in una ripresa del settore a trenta giorni di distanza: chi ha due soldi da buttare, preferirà staccare la spina e trascorrere qualche giorno lontano dal tran-tran quotidiano.

Non si cambia più l’auto, al diavolo Marchionne che delocalizza in Serbia ed in Cina (dove con 300 euro acquista automi pronti a tutto per il prossimo mese). Il dato del crollo del mercato dev’essere letto in concomitanza con altri due dati : l’aumento della disoccupazione giovanile (il 36% non ha un’occupazione) e la pressione fiscale intollerabile. Tra iva, addizionali irpef, benzine alle stelle, assicurazioni incontrollate e IMU, l’italiano non ha in tasca i soldi per poter cambiare l’auto.

Solitamente noi di IPQMP non siamo teneri con il caro Marchionne: il supermanager sta volendo imporre una linea di condotta filoschiavista a tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat, con Iveco che va in malora ed Irisbus altrettanto. Intanto l’ex fiore all’occhiello dell’industria italiana emigra in Cina (dove un operaio costa un quinto di quello che può costare in Italia).

Il risultato, come non ci stancheremo mai di dire, è che in Italia non ci si può più permettere l’auto nuova. Inutile sperare di invertire la tendenza: la speculazione sulle spalle dei lavoratori non è sinonimo di successo negli affari. Adesso, il numero uno di Fiat, pensa di poter sollevare le sorti del marchio vendendo fiat negli states. Non vediamo l’ora di poter applaudire a questo ennesimo fallimento dell’industria italiana, provocato dalla miopia di un capitalismo troppo vecchio per poter tenere il passo con i tempi.
Ma questo, alla Bocconi non lo insegnano. E a ben vedere, nemmeno a Toronto…


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