Il giuoco delle perle di vetro
Saggio biografico sul Magister Ludi Josef Knecht
pubblicato insieme con i suoi scritti postumi
Traduzione di Ervino Pocar
Introduzione di Hans Mayer
© 1955 Arnoldo Mondadori Editore SpA Milano
© 1943 by Fretz und Wasmuth Verlag, Zurich
Titolo originale dell’opera: Das Glasperlenspiel”
Tuffo nel mio passato alchemico
Leggere questo libro è stato un po' come fare un tuffo nel passato, il mondo di Castalia e la sua ricerca di un perfetto equilibrio mi ha riportato subito alla mente la ricerca alchemica della pietra filosofale, ovviamente intesa nella sua accezione filosofica e non materiale. Ventun'anni fa scrissi la mia tesi sul tema dell'Alchimia nell'arte, all'epoca l'argomento mi affascinava parecchio e lo riportavo anche nei miei quadri; per questo mi sono sentita catapultata indietro nel tempo, anche perchè ormai mi sono ampiamente distaccata da certi argomenti anche dal punto di vista pittorico. Non che la ricerca dell'equilibrio non permanga, ma è una ricerca diversa, non più basata sull'aspirazione alla perfezione e ad un linguaggio criptico, bensì basata maggiormente su un'esperienza umana, sullo stare nel mondo, o almeno nel provarci. In questo cammino di avvicinamento alla realtà mi sento vicina al Magister Josef Knecht, che ad un certo punto abbandona il mondo della ricerca della perfezione per gettarsi nella "vita vera", purtroppo pagandone caro lo scotto. Questo è un libro complicato, leggibile a molti livelli di conoscenza, credo che quanto maggiore sia la nostra cultura nei vari campi del sapere e tanto maggiore sarà la possibilità di ricavare piacere e decifrare quanto più possibile da questo romanzo; tuttavia penso che alla fine, scarnificando la storia da tutti i suoi valori simbolici, il succo centrale resti uno e sia piuttosto semplice: il bilanciamento tra astrazione e realtà. La mia personale interpretazione di questo romanzo è che l'uomo sia alla costante ricerca di un equilibrio, e per fare questo può adottare diversi sistemi, siano essi di natura filosofica, religiosa, alchemica e quant'altro. Il raggiungimento di questo equilibrio tuttavia non è semplice, soprattutto se si vuole rimanere presenti alla realtà in cui viviamo. Nel mondo di Castalia si arriva ad ottenere una centratura del sé, una perfezione in quanto si rimane fuori dal mondo, lo si guarda a distanza senza farsene toccare. Ma è giusto questo prezzo da pagare in nome di una serenità perfetta? Di una calma interiore? Possiamo vivere fuori dal mondo, dalla realtà che ci circonda? Bella domanda. Forse qualcuno ci riesce, io sicuramente no. Spesso mi rendo conto di non saper affrontare le difficoltà della vita, le brutture che mi pone davanti agli occhi ogni giorno, e tendo ad isolarmi nel mio mondo, non voglio vedere, non voglio sentire, non voglio sapere, per preservarmi e per preservare un minimo di pace interiore. Ma alla lunga non è possibile, prima o poi la realtà mi arriva addosso e mi travolge, e mi rendo conto che la serenità apparentemente acquisita non era vera. Non è possibile vivere completamente fuori dal mondo. La sfida credo che sia riuscire a trovare una centratura restandoci dentro a questo mondo, e questo sì che è difficile. Purtroppo il nostro protagonista non appena viene in contatto con la realtà esterna muore, non sapremo mai se sarebbe riuscito a trovare una pace anche fuori da Castalia ( o forse l'ha trovata prorio nel momento in cui ha deciso di uscire fuori dal circolo protetto in cui ha vissuto tutta la vita?) e qui Hesse vuole forse darci un avveritmento? Vuole forse dirci che vivere in un mondo protetto non ci prepara alla vita vera? Non lo so. Mi rendo conto che commentare questo libro è davvero troppo difficile, e l'unico modo in cui riesco a farlo è dare la mia personalissima e semplicissima opinione, esprimere soltanto ciò che mi ha suscitato, i pensieri e le riflessioni che mi ha spinto a fare, e nulla più; se cercate una spiegazione filosofica di alto livello cercate altrove, io sono solo una persona alla ricerca, che ama leggere e che si tormenta ogni giorno per raggiungere una leggerezza ed un equilibrio che non riesce a trovare.Per finire vorrei dire che, seppur non amando Hesse in modo particolare, devo ammettere che è di una bravura sconcertante, se non altro perchè è riuscito a scrivere un romanzo che sembra reale, dove i personaggi appaiono realmente esistiti; per non parlare del fatto che è riuscito ad inventare un gioco senza inventarlo davvero, il guioco delle perle di vetro, lo ha descritto senza descriverlo, senza dire più di tanto, facendo solo intuire e rendendo il lettore un povero ignorante inadeguato a far parte del mondo degli eletti.Citazioni
“ Per me e per tanti altri la meta suprema
e più nobile consiste nel raggiungere questa serenità.
La trovi anche in alcuni padri che stanno a capo dell’Ordine. Non è frivolezza né compiacimento di sé, ma suprema conoscenza e supremo amore, è affermazione di ogni realtà, è veglia sull’orlo di tutti gli abissi, è una virtù dei santi e dei cavalieri, è indistruttibile e non fa che accrescersi con l’età e con l’approssimarsi della morte. E il segreto del bello e la
vera e propria sostanza di ogni arte.”
“«Vorrei parlarti ancora della serenità, sia delle stelle sia dello spirito, sia di noi castalii. Tu provi un’avversione contro la serenità, probabilmente perché hai dovuto percorrere una via di tristezza, e ora ogni schiarita, ogni buonumore, specialmente questo nostro di Castalia, ti sembra puerile e superficiale, magari codardo, un modo di fuggire gli orrori e gli abissi della realtà per un mondo limpido e ordinato di mere forme e formule, di mere astrazioni e smussature<...> Per me e per tanti altri la meta supremae più nobile consiste nel raggiungere questa serenità.
La trovi anche in alcuni padri che stanno a capo dell’Ordine. Non è frivolezza né compiacimento di sé, ma suprema conoscenza e supremo amore, è affermazione di ogni realtà, è veglia sull’orlo di tutti gli abissi, è una virtù dei santi e dei cavalieri, è indistruttibile e non fa che accrescersi con l’età e con l’approssimarsi della morte. E il segreto del bello e la vera e propria sostanza di ogni arte. ”
“Questa avversione mista di superbia e di indifferenza a occuparci della storia universale mi
ha spinto più volte a fare indagini per scoprirne le cause. Credo di averle individuate: in primo luogo il contenuto della storia - non parlo beninteso di quella spirituale e culturale che tra noi è molto coltivata - ci sembra, dirò così, di scarso valore: la storia universale consta fin dove ne abbiamo un’idea di lotte brutali per il potere, per il possesso di terre e materie prime, per
il denaro, insomma per cose materiali e valori quantitativi che noi consideriamo contrari allo spirito e piuttosto spregevoli. <...> “E se ora ci poniamo di fronte alla storia universale, soprattutto alla moderna, quasi come gli eremiti e gli asceti del primo cristianesimo stavano di fronte al teatro del mondo, lo dobbiamo alla nostra superbia spirituale. La storia ci sembra un’arena degli istinti e delle mode, delle brame e dell’avarizia, dell’avidità di potere e della smania di
uccidere, della potenza, delle distruzioni e delle guerre, dei ministri ambiziosi, dei generali mercenari, delle città bombardate, e dimentichiamo troppo facilmente che questo è soltanto uno dei suoi numerosi aspetti.
Soprattutto dimentichiamo che noi stessi siamo un brano di storia, siamo divenuti e condannati a estinguerci quando perdessimo la facoltà di divenire e di trasformarci. Noi stessi siamo storia e abbiamo la nostra parte di responsabilità nella storia universale e nel posto che vi occupiamo. Troppo ci manca la coScienza di questa responsabilità.”
Passi di: Hermann Hesse. “Il Giuoco Delle Perle Di Vetro”