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Il glorioso esame di maturità della classe del 2004

Creato il 21 giugno 2013 da Annagiulia @annagiuliabi

Maturità, t’avessi preso prima…

Ah no, quella era la laurea triennale.

Provo sempre molta tenerezza nei confronti dei maturandi, delle loro comprensibili ansie e nel timore di fare il passo falso che vanificherà le fatiche di un anno.

Mi fa anche sorridere leggere o sentire le rassicurazioni dei già maturati, i

ma alla fine è una cavolata

è solo una formalità

e ricordare quanto queste frasi mi innervosissero all’epoca, perché pensavo di avere ogni diritto di essere nervosa e preoccupata, e che era assolutamente giusto che fosse così.

Gli ultimi tre anni delle superiori sono stati abbastanza… movimentati, ecco: liti continue, squadracce di ragazze in lotta tra loro e il nostro unico compagno a tentare di non soccombere in quel caos così tipicamente femminile.

I professori temevano che in sede di esami ci saremmo – per usare un eufemismo – scannati. La nostra seconda prova durava tre giorni, tutti passati in un laboratorio di legatoria e restauro intorno a un tavolone, impegnati nella progettazione di un’edizione ex novo di un volume ottocentesco dedicato a un artista rinascimentale, con relativa ipotesi di restauro.

Porelli i miei docenti, capisco i timori di dover controllare diciotto (diciannove?) adolescenti in cattività, impegnati a litigarsi squadre e righelli, acquerelli e tempere. In una stanza ricolma di bisturi e acidi, tra le altre cose.

Invece, ricordo che io e l’Unico Compagno Maschio passammo due giorni a rilassarci dopo le fatiche delle prime due prove, fumando sigarette in bagno (vietato uscire dall’edificio!) e intrattenendo amabili conversazioni con le nostre compagne, che erano appena più stressate di noi. L’ultimo giorno ‘decidemmo’ di metterci al lavoro, e in sei ore tutti consegnammo i nostri (probabilmente inclassificabili) progetti. Tutti elaborati in un clima di sostegno reciproco e di collaborazione assolutamente imprevedibili.

Fu bello, ci trovammo uniti e felici di condividere quel momento che reputavamo così importante e arrivammo agli orali colmi di paure ma anche di solidarietà.

Se ancora oggi ricordo così bene dei dettagli insignificanti, se preferisco quelle memorie a quelle acquisite durante l’esame di laurea triennale anche se più distanti nel tempo, è perché non è vero che l’esame di maturità è una cavolata, o una formalità.

E non è vero che ci si può giocare l’anno scolastico: il giorno della prima prova scrissi un tema, la professoressa di inglese lesse la ‘brutta’ e mi disse ch non era granché, così ne scrissi un altro che a mio parere era ancora più osceno, ma che mi valse comunque 15 punti, probabilmente anche per via della media dei voti di lettere.

All’orale mi presentai indossando un abito verde mela e un cappello a tesa larga di tela fiorata, ma nessuno si sognò di prendere il mio outfit come una provocazione, o una mancanza di rispetto.

Però io avevo la commissione interna e i maturandi di oggi invece no, quindi – in effetti – poveri loro.

Ora, se qualche ex compagno di classe leggesse queste righe e si rendesse conto di avere dei ricordi orrendi della maturità, lo pregherei di tenere tali considerazioni per sé e di non rovinarmi l’illusione di amicizia, fratellanza e amore che mi rallegra questo pomeriggio di inizio estate.

Gli altri sarebbero invece i benvenuti, se decidessero di condividere le loro memorie con me. Anche se capisco che nove anni sono tanti, e che magari sono l’unica disadattata che ancora ripensa a quei giorni con nostalgia.



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