Il gonzo ed il bonzo

Creato il 29 maggio 2014 da Straker

Todos caballeros
Si tende a sopravvalutare il risultato delle consultazioni elettorali. Ci si arrovella in analisi che sfociano nell’acribia. La situazione è probabilmente meno complessa di quanto si creda: Renzi, il portavoce dei poteri forti, ha trionfato con il suo Partito demoncratico, perché così ha deciso la feccia mondialista. “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”. Non sono certo le capacità, del tutto estranee ai burattini ventriloqui degli esecutivi, a garantire il successo nell’agone politico, quanto gli appoggi e le aderenze giuste.
Non si può escludere che siano stati perpetrati dei brogli, ma in ogni caso il guitto avrebbe vinto, anche se con un margine inferiore rispetto a quello suggerito dai sondaggi.
La forza di un partito ultrareazionario, come quello di cui è segretario il vanesio Renzi, si accresce tramite la debolezza e la cialtroneria di un’”opposizione” che, almeno nel vertice, sembra aver perseguito la sconfitta: “I toni violenti del comico Grillo non hanno certo aiutato. Anzi! Il Genovese ha commesso suicidio. D'altronde la politica annacquata dei Cinquestelle in tema di uscita dall'euro, il sì all'immigrazione selvaggia (tema caro alla P2 di Licio Gelli), il non volersi esporre su temi di importanza vitale come il signoraggio bancario e la geoingegneria clandestina, hanno sortito un esito disastroso.” (Rosario Marcianò)
Probabilmente dopo che si saranno esaurite le batterie del pupazzo Renzi, gli apparati manderanno un altro bambolotto ad incantare gli Italiani, forse lo stesso bonzo ligure, settario ed esaltato, o un simile uomo di paglia. La scena “politica” è soltanto l’avvicendamento di pupi siciliani. I progetti sono attuati, a prescindere dal fantoccio che esegue il compitino, proprio come l’intreccio di un dramma non cambia, se si cambiano gli attori.
Resta il fatto che, pur con tutte le gravissime tare ideologiche, nel Movimento cinquestelle agisce o tenta di agire qualche cittadino che addirittura è costretto ad occultare i suoi veri obiettivi, per timore di essere additato al pubblico ludibrio e con la spada di Damocle dell’espulsione. Così l’avanzata del Partito demoncratico, espressione della più becera, spregiudicata e pericolosa Realpolitik, incarna l’abbattimento degli ultimi propugnacoli di una residua partecipazione alla vita collettiva.
La disamina finisce qui, poiché non è il caso di spendere tante parole per disprezzare il ciarpame, per descrivere una classe dirigente che è infamia a sé stessa semplicemente perché esiste. Ha ragione il sarcastico narratore statunitense Charles Bukowski, quando scrive che “tra una democrazia ed una dittatura, l’unica differenza è che in una dittatura non ti devi scomodare per andare a votare”. Checché ne pensi Roman Jakobson, “democrazia” e “dittatura” sono sinonimi perfetti.

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