Anna Lombroso per il Simplicissimus
Da noi è la luce di riflettori di uno studio televisivo nazionale a illuminare illusoriamente i giochi del potere e i suoi trastulli. Illusoriamente, se quello che apprendiamo dei luoghi d’elezione dell’oligarchia ci arriva attraverso conversazioni rubate, indiscrezioni, supposizioni che ci mostrano un clima, un’ atmosfera – inquinata – oppure, peggio ancora, mediante quello che vuol farci sapere , una ostensione di sé contraffatta, narrata e rappresentata, che è esteriorità e non pubblicità e che può convivere tranquillamente con la segretezza. Il suo privato viene volontariamente mostrato solo se la somministrazione gli è funzionale, se rafforza la segretezza ostentando segmenti manipolati che alimentano la convinzione negli “esclusi” che siamo tutti umani, soli come direbbe Di Pietro, vulnerabili e soggetti al dolore e alle sconfitte.
Due atti di questo governo e delle sue ubbidienti “autorità”, lo confermano, le due censure alle intercettazioni e alla rete.
Il segreto sta nel nucleo più interno del potere secondo la pittorica definizione di Canetti, i luoghi dove si decide, come dimostra anche nei fatti recenti la sua inadeguatezza a dialogare, gli arcana imperii sono quelli meno esposti alla vista del pubblico. Il segreto è fatto per nascondere crimini e malefatte, per travestire la sopraffazione da decisione e l’arroganza da responsabilità.
Se poi il potere, come nell’anomalia italiana può vedere tutto di tutti come lo sviluppo della tecnologia informatica consente, allora l’impunità cui l’oligarchia aspira è assicurata e lo stravolgimento antidemocratico del rapporto tra governanti e governati è totale.
Tutte le azioni relative al diritto di altri uomini la cui massima non è conciliabile con la pubblicità sono ingiuste, secondo Kant, che sembra conoscere bene Berlusconi.
Se le azioni di governo, il motivo che le promuove, peraltro divinabile di questi tempi, sono sottratte al controllo sono di per sé sospette, sono probabilmente indecenti e “scandalose”. A maggior ragione laddove sulla scena della teatrocrazia si rappresentano valori che nel proscenio vengono derisi e demoliti.
Si sapere, conoscere, far circolare dati anche grezzi anche rudimentali e non trattati è democrazia e la dobbiamo difendere in questa sua declinazione come ci siamo impegnati a difendere gli altri beni comuni.
Due anni fa il Parlamento europeo ha parlato di un diritto fondamentale di accesso ad Internet, come una risorsa fondamentale per garantire eguaglianza e libero sviluppo della personalità attraverso la conoscenza. Per questo, come per tutti i beni comuni, la rete appartiene a tutti e a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essa e nessuno può vantare pretese esclusive.
Né tantomeno può trasformarla da bene comune a merce globale. Il formidabile immenso territorio comune: la conoscenza raggiungibile attraverso Internet, non può divenire oggetto di possesso tanto da mutarsi da risorsa illimitata in risorsa scarsa, con chiusure progressive, consentendo l’accesso solo a chi è disposto ed è in condizione di pagare. Perché come tutti i beni comuni è la conferma, mai abbastanza dimostrata e troppo contrastata, dell’irriducibilità delle risorse di tutti alla logica del mercato.
Qualcuno ha detto: la tecnologia apre le porte e il capitale le chiude. Così come l’uguaglianza dischiude il mondo e il profitto frappone invece confini, muri, recinti.
Battersi contro le censure e le limitazioni della conoscenza non è una battaglia marginale: certe misure di “contenimento” dell’accesso all’informazione si favorisce la privatizzazione del mondo, si ostacola la possibilità inedita fino a ieri di percorrerlo liberamente, con equilibri nuovi tra diritti individuali e godimento collettivo.
Già nel 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell´uomo dell´Onu riconosceva come diritto fondamentale quello di “cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee”. E, ben prima di allora, la necessità di garantire senza discriminazioni l´accesso al sapere era il fondamento delle politiche pubbliche sull´istruzione obbligatoria e gratuita e sull´istituzione di organizzazioni dispensatrici di cultura aperte a tutti, alcune delle quali viste come deposito di un sapere universale (o almeno nazionale) grazie all´obbligo di inviare ad esse tutto ciò che veniva pubblicato.
Al potere in questo Paese c’è un governo che nel ledere l’accesso alla cultura, alla bellezza e all’informazione, ci affama di conoscenza e di diritti. Diritti umani se riconosciamo al sapere il valore di garantirci equità e dignità. Donne, uomini, ragazzi in tanti paesi del mondo l’hanno capito e hanno usato bene questo diritto, come un’arma per la libertà. per quello ci vogliono disarmare per quello non possiamo permetterlo.