Il governo col morto in casa

Creato il 03 maggio 2013 da Albertocapece

La risorgiva di Cofferati nei media, l’unico del Pd a mostrare una tenue avversione all’inciucio, il sottosegretariato al povero Fassina, marmittone del potere, disposto sempre a dire tutto e il suo contrario e tuttavia definitivamente acquisito alla normalizzazione, l’arrivo al governo di Michaela Biancofiore, decerebrata pasionaria di Silvio,  l’incredibile vicenda della Boldrini che pretende di regolare il web come in Cina a causa del vilipendio fotografico di Santa Pucchiacca, sono la patetica sintesi della condizione che si è creata e un’istantanea della classe dirigente del Paese che, quella sì, dovrebbe essere vietata ai minori di 18 anni.

Anche lasciando perdere lo scomposto annaspare poliglotta del nipote di Gianni Letta che riesce a dire nulla in tre lingue, è del tutto evidente che il nuovo esecutivo lavora con un morto in casa: il corpo spiaggiato del Pd, partito come un barracuda alla caccia dei resti del berlusconismo e finito per sua stessa vetero inesistenza e fresca incompetenza sotto forma di baccalà, pronto ad essere impiattato. Lo chef è come sempre Berlusconi che tira le fila del governo, ma il proprietario del ristorante è Napolitano che con l’operazione inciucio, dopo il disastro di Monti, lavora per la creazione di una nuova Dc formata dalla parte più moderata del Pdl, i rimasugli di centro e l’area conservatrice del Pd. E conservatrice  compendia sia la parte più esplicitamente tale della ex margherita, sia la resilienza degli apparati, ancora leninisti per sé, liberisti per gli altri.

Certo i necrofori hanno fatto un buon lavoro: vedendo il Pd, così sereno e colorito di fronte al crollo totale delle aspettative della sua base, le prefiche direbbero che sembra vivo. Ma è un oggetto politico morto che vorrebbe disperatamente far incidere sulla pietra delle larghe intese l’epitaffio immaginato da Walter Chiari: elettori non piangete, è solo sonno arretrato. Invece è proprio la fine di un’esperienza e di un percorso, non ci saranno congressi ordinari o straordinari, reggenti o segretari che possano riportarlo in vita. Solo una separazione dei differenti dna che erano stati intrecciati dentro una strategia di puro potere, dunque solo una scissione può salvarne una parte. E mica è facile, vista anche la questione dell’ingente patrimonio in mano a pochi ras.

Il problema è che con il morto in casa l’unico vero azionista del governo è di nuovo Berlusconi che sul piano interno può fare ciò che vuole e che -in vista della sua salvezza e a questo punto dell’intero ceto politico – imporrà il personale salvacondotto non solo agli italiani, ma anche all’Europa in cambio dei sacrifici che essa chieda. La battaglia sull’Imu è appunto la rappresentazione perfetta della situazione, una strategia che insieme punta a far pesare la sua prevalenza sul piano interno, ad affrontare eventuali elezioni,  a ricattare Bruxelles barattando il suo salvacondotto con l’impoverimento degli italiani in nome di ricette fasulle e fallimentari. Dunque il fallimento del Pd dentro il fallimento della politica italiana , dentro il fallimento europeo. Una matrioska di interessi e di inettitudini che gridano vendetta. Ma che per il momento attira solo gli scialbi opportunisti dei giornaloni stampati o trasmessi, i quali fingono persino di credere in Letta, il rampollo dell’europeismo rituale, che purtroppo deve soggiacere al Cavaliere. Quando questi vanitosi imbecilli -banderuola si accorgeranno che Letta faceva parte integrante dell’operazione nuova Dc per mezzo delle larghe intese?

Come si vede i residui di lavorazione dell’immobilismo e berlusconismo italiano vanno molto oltre il ceto politico preso in sé, ma coinvolgono un sistema che ha creato una realtà artificiale, ha inglobato i cittadini in una narrazione ingannevole e quando non è stato più possibile illuderli li ha traditi sconfessando il verdetto delle urne. A me fa piacere che la Barbara Spinelli  si sia accorta con un ritardo di quattro anni sulla Grecia e di due sugli economisti più brillanti che la politica del rigore era un suicidio: ma capisco, dopotutto saltare da un banchiere all’altro richiede impegno. Però mi fa assai meno piacere che sul tentativo di ricostruire una sinistra vera, radicale, aperta, non vittima dell’agorafobia delle idee e del divisionismo infinito, imperniata sul lavoro e sul suo mondo, si aggirino questi avvoltoi del consenso e del protagonismo, quando non ambasciatori dei potentati economici, in sostituzione di qualche barbalzheimer andato fuori di testa. Non c’è solo un morto: questo è un cimitero monumentale.


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