“A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse.” (“Educare alla diversità a scuola. Scuola primaria.” p.3)
In questi giorni l’Unar Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e l’Istituto Beck sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità, stanno diffondendo nelle scuole di ordine primario e secondario un libretto atto alla lotta contro le discriminazione, il bullismo e il razzismo dal titolo “Educare alla diversità a scuola”.
L’intento potrebbe essere considerato lodevole ma le modalità con le quali si vorrebbero ottenere determinati risultati non sono poi così eccelse. Con le pagine di un manualetto di meno di cinquanta pagine si pretende di indirizzare gli insegnanti e di conseguenza i rispettivi alunni verso un’educazione priva di discriminazioni facendo leva in primo luogo sul tema dell’omofobia.
E quale metodo migliore del proibire agli insegnanti di raccontare ai bambini le classiche fiabe con le quali tutti noi siamo cresciuti? Secondo quando scritto sull’opuscolo:
“Nella società occidentale si dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse.” (p.3)
In parte il discorso potrebbe essere plausibile e non vi è nulla di negativo nel voler presentare una varietà più ampia di situazioni ai bambini ma parlando di diversità queste sono ben presenti nelle fiabe.
Ne “La bella e la bestia” i bambini imparano che l’aspetto esteriore può ingannare e che è necessario andare oltre; “Il principe e il povero” mostra come i bambini siano tutti uguali, indipendentemente dagli abiti che indossano; “Barbablù” racconta il femminicidio; Hansel e Gretel mostra i pericoli causati dal dare troppa confidenza agli sconosciuti; “I vestiti nuovi dell’imperatori” riporta all’innocenza dei bambini in contrasto alla vanità e falsità degli adulti; per non parlare poi dell’infinità di fiabe provenienti da ogni parte del mondo utili per conoscere nuovi luoghi, nuove usanze e per combattere il razzismo.
Parlando poi di bambini più cresciuti, visto che il libretto è rivolto anche ai gradi d’istruzione superiore, ci sarebbero un’infinità di romanzi, di classici della letteratura che mostrano situazioni ancora diverse e che narrano storie di ragazzi/e che scoprono la loro sessualità. Perché non far leggere per esempio “Demian” di Hermann Hesse, “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, “Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop” di Fannie Flag, “Fenicotteri in orbita” di Philip Ridley o le poesie della poetessa Saffo dedicate alla sua innamorata?
Naturalmente da letture simili potrebbero scaturire degli interessanti confronti e si potrebbe andare anche oltre narrando per esempio come un tempo funzionava l’antica società greca dove l’omosessualità era vista come un qualcosa di normale e facente parte della vita di ogni cittadino?
Non si rischia forse di creare un razzismo al contrario diffondendo un libretto che dovrà essere dato ai/alle maestri/e per dare agli alunni le definizioni di “gay”, “lesbica”, e per spiegare come si diventa omossessuali? È come se si volesse spiegare una cosa che differisce dal solito ed in automatico il bambino capirà che essere gay o lesbica è una cosa diversa. È forse questa la giusta via? Con insegnanti che potrebbero loro stessi non aver accettato determinante componenti della società e che potrebbero parlarne con riluttanza ai ragazzi? Senza dimenticare inoltre il ruolo esercitato dai genitori dei bambini e da quanto le loro opinioni influenzino il loro pensiero e la loro crescita mentale.
Nello stesso opuscolo vi sono anche suggerimenti di compiti e progetti da realizzare in classe e uno di questi recita così:
“Nell’elaborazione di compiti, inventare situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio: “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa 2 euro, quanto hanno speso?”; oppure: “Dario vuole fare una torta per la nonna. Nella ricetta originale vengono indicati 300gr di farina. Se Dario vuole raddoppiare la ricetta, quanta farina dovrà usare?”. (p.6)
Quante volte, soprattutto in passato, capitava che un bambino crescesse senza genitori ma con l’aiuto di parenti che potevano essere dei fratelli e/o delle sorelle che non essendosi mai sposati convivevano nella stessa casa? Perché far apparire quindi situazioni attuali simili fuori dal normale?
E perché viene proposto l’esempio di un ragazzo che prepara una torta? È forse un atteggiamento tipico dell’omosessualità? O forse la preparazione delle torte è tipicamente femminile e quindi i bambini devono sapere, che sorpresa, che anche gli uomini, potrebbe darsi addirittura i padri, preparano i dolci? Anche qui è chiaro il razzismo al contrario sopra citato è evidente.
In seguito alla prime polemiche la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Dipartimento per le Pari Opportunità hanno prontamente messo le mani avanti dichiarando di non essere stati messi al corrente della pubblicazione del manualetto ma si sa, in Italia lo scaricabarile fa parte dell’ordinaria amministrazione.
Talvolta non si comprende dove sia finito il buonsenso e sorprende scoprire quali tentativi maldestri vengano proposti col tentativo di far comprendere ai più piccoli ciò che neppure gli adulti sono arrivati ancora a comprendere.
“Il bello è ciò che si ama.” Saffo
Written by Rebecca Mais