Sapete da quanto tempo il governo è alle prese con la manovra economico-finanziaria? Da tre mesi tondi tondi (tanto per tenerci stretti). Alla fine di maggio, quando c’era stato il primo turno delle amministrative, l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi (si fa per dire) cominciò a far circolare le misure in esame. Poi, dopo i ballottaggi e dopo i referendum, venne il giorno della resa dei conti e il ministro Tremonti, che una volta in Europa era considerato autorevole, dovette acconciarsi sotto lo spettro della cosiddetta “collegialità”. Quella è ormai passata alla storia (anche qui si fa per dire) come la manovra economica numero 1 del 2011. Dopo quei giorni di fine giugno, infatti, ci sono state altre due manovre: la numero 2 e la numero 3. La numero 2 è stata chiesta direttamente dall’Europa mentre il Paese stava andando a picco, mentre la numero 3 è stata approntata dalla maggioranza e dalla Lega. Ma una volta fatta la manovra numero 3 ecco che le misure adottate sulla previdenza sono state criticate e ritirate.
Quindi in queste ore si è passati alla manovra numero 4 ma, visti i precedenti, una volta pensata (si fa per dire, è ovvio) e fatta è chiaro che sarà modificata perché, come diceva Collodi, all’onorevole Tal dei Tali che ha un piccolo seguito di deputati e un discreto pacchetto di voti in Valle Vattelapesca le cose decise non vanno a genio e quindi il ballo ricomincia.
Il governo Ridolini è più serio, anche perché fa ridere con i soldi degli altri. Qui invece ci sono in ballo i nostri risparmi, i nostri sacrifici e il lavoro che proviamo a tenerci stretto mentre il governo delle libertà è in libertà perché non sa minimamente come agisce un governo serio. La questione di assumere decisioni che abbiano come obiettivo la difesa di interessi nazionali non si pone neanche. La Lega è preoccupata unicamente del proprio consenso elettorale e non ne fa mistero. Il Pdl, che dovrebbe essere il partito di maggioranza relativa, non riesce neanche a pensare alla possibilità che forse i suoi interessi elettorali possono coincidere con gli interessi nazionali. Macché. Se decidono di abolire le Province, il giorno dopo fanno il contrario. Se dicono di tagliare i trasferimenti, il giorno dopo si rimangiano quanto detto. Le misure per la crescita economica non sanno neanche che cosa siano e se conveniamo che la crescita non si decide per decreto dovranno pur convenire loro sul fatto che dai moderati più volte sono venute idee e proposte che forse valeva la pena prendere in considerazione. Macché. La preoccupazione del governo Ridolini è prima di tutto lo spettacolo: continuare a far ridere il mondo. Bisogna riconoscerlo: sono imbattibili. Non si faccia illusioni il professor Prodi.
Gli italiani, che non dimentichiamolo hanno or ora finito di pagare le tasse, si alzano al mattino con la speranza di non dover pagare nuove tasse o nuove aliquote. Speranza vana perché tutte le manovre in gioco – la 1, la 2, la 3, la 4 - prevedono un rincaro del prelievo fiscale. Da calcoli fatti, nel giro di due anni si passerà a pagare più del 48 per cento. Berlusconi, uomo dei capolavori, ha capovolto il suo slogan originario che, ricorderete, era “meno tasse per tutti” ed è diventato “più tasse per tutti”. Tutte bugie. E’ questo il filo conduttore della storia politica del cavalier Berlusconi: la bugia. La tragicommedia delle manovre economiche che variano come i giorni della settimana è figlia delle menzogne di governo che dicevano “tutto va bene, noi siamo al sicuro”. Menzogne che non solo dicevano agli italiani, ma persino a se stessi. Proprio come Ridolini.
tratto da Liberal del 1 settembre 2011