Magazine Diario personale

Il gran rifiuto

Creato il 12 febbraio 2013 da Povna @povna

Non si assiste impunemente al passaggio della storia grande senza prenderne cognizione e consapevolezza - specie se di mestiere si è insegnanti. La 'povna dunque, che ha ricevuto la notizia da un Corto telematico (e ha pensato che la prendesse per il culo, come è[ra] suo costume ormai da anni), ha passato la serata a preparare una dispensa informativa su quanto era successo, ricostruendo la cronologia dei papi che hanno (più o meno) preceduto Benedetto, con tanto di approfondimento linguistico sui due concetti di "abdicare" e di "dimettersi" (che si rivelano, come è chiaro, entrambi inesaurienti, perché il primo prevede l'indicazione di un successore esplicito, mentre nel secondo caso è buona norma che ci sia un'accettazione).
Oggi poi ha distribuito la scheda alle sue classi, e ai colleghi che ne facevano richiesta (e cioè: Mafalda, Pancakes, Stordita e l'Ingegnera Tosta, alla quale Pancakes stessa l'ha spacciata - e va beh - per produzione propria). Ha poi dedicato le due ore che aveva - coi Merry Men e coi Pesci - a una lezione ad hoc, spiegata nel dettaglio. Nella quale hanno parlato di teocrazia e di stati assoluti pre-moderni, hanno discusso di proverbi e di metafore destinate a un possibile decadimento ("Si potrà ancora dire 'morto un papa, se ne fa un altro, professoressa'?"; "Non lo so, caro, e forse nemmeno 'A ogni morte di papa'") e cercato di comprendere perché si tratti di un avvenimento epocale dal punto di vista della teoria delle dottrine politiche (ché alla scuola pubblica poco importa delle questioni spirituali).
Poiché poi di puttanate, tra telegiornali e articoli, ne ha sentite proprio tante, decide di trasporre parte di quel materiale anche su Slumberland - ché sapere di quello che si parla è sempre il miglior modo per poter poi, in proprio, giudicare.
Tanto per cominciare, il Codice di Diritto Canonico (nel Libro II, Il popolo di Dio, parte seconda La suprema autorità della Chiesa, capitolo I ll Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi) stabilisce la possibilità per il papa di rinunciare all'ufficio di Romano Pontefice. Richiedendo, "nel caso [...] per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti".
I casi poi in cui questa rinuncia si sia consumata, nella storia della Chiesa, si riducono al numero di 8. Ciascuno dei quali (con la parziale eccezione di Celestino V) legato però a precisi momenti, assai più complessi, della sua storia temporale).
Si parte con i papi del cristianesimo nascosto: (San) Clemente I (92-99 dC) e Ponziano (21 luglio 230 - 28 settembre 235), entrambi rinunciatari perché arrestati (o esiliati) dal potere politico. Si prosegue con Silverio (8 giugno 536 - marzo 537), il papa delle invasioni barbariche, deposto da Belisario e poi abdicante in punto di morte. Si va avanti con la tripletta: Martino (luglio 649 - 16 settembre 655), Benedetto IX (1 gennaio 1033 - 13 gennaio 1045) e Gregorio VI (5 maggio 1045 - 20 dicembre 1046), a vario titolo coinvolti in casi (parecchio frequenti all'epoca) di compravendita di cariche ecclesiastiche. Si arriva in gloria a Celestino V (29 agosto 1294 - 13 dicembre 1294), quello che (forse) è stato immortalato da Dante, la cui rinuncia portò successivamente all'elezione di Bonifacio VIII (23 gennaio 1295 -11 ottobre 1303). Si finisce con Gregorio XII (19 dicembre 1406 - 4 luglio 1415), eletto papa nel periodo del cosiddetto "Grande Scisma d'Occidente": il quale, dopo anni di lotte, acconsentì ad abdicare per permettere alla spaccatura di ricomporsi (anche se la nuova elezione avvenne solo due anni dopo la sua morte, con la proclamazione di Martino V [21 novembre 1417 -20 febbraio 1431]).
E questo, per la storia ecclesiastica, è tutto. Almeno fino a ieri.
Ma, prima di concludere, la 'povna vorrebbe aggiungere i suoi due centesimi al dibattito. Non da credente, ma da cittadina pensante e osservatrice della politica - ché quanto è successo ben travalica i confini della chiesa cattolica, per assumere i contorni (ancora incerti) di un evento epocale.
E vorrebbe dire, a questo proposito, che non le pare proprio che quello del quasi ex-papa, ex-cardinale Joseph Ratzinger, possa essere etichettato come (è stato detto da più parti) "un atto di coraggio". Si tratta, se mai, di un atto di consumata e consapevole politica. Con il quale l'ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (cioè, tanto per dire: colui che nel 2002 avallava quei segreti documenti che raccomandavano di mantenere il crimen sollicitationis - questo il nome in codice per il reato di pedofilia, così come emerge dalle carte - ben rinchiuso nel segreto di confessionali, senza lasciare che il mondo potesse chiederne legalmente conto) ammette la sua sconfitta. Una sconfitta che si è consumata a tutto campo, da parte di un pontefice che aveva aspirato e ricondurre la Chiesa nell'alveo di una tradizione rigorosa (e un po' fanatica) pre-Vaticano II (ma post Concilio di Trento); e che per fare questo non aveva esitato a riavvicinarsi alla reazione dottrinaria più spinta (la messa in latino, le spalle alla platea dei fedeli, i paramenti di accentuata ricchezza - ma anche, ed è assai più importante - la riabilitazione di Lefebvre e dei suoi seguaci). Una sconfitta che è passata attraverso le imbarazzanti affermazioni su Aids e profilattici, ma anche quelle sulla "dittatura del relativismo" (ai tempi in cui andava a braccetto con quell'altro di cui si son perse le tracce: l'ex presidente del Senato Marcello Pera).
Può meravigliare che un papa come questo - consapevole dei suoi mezzi intellettuali, abile manovratore nell'ombra negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II - preso atto di aver fallito, preferisca cedere il passo? In fondo, non poi così tanto. Perché in questo modo papa Benedetto - nell'impossibilità di legare il suo nome all'impatto corporale cui l'aveva legato il suo predecessore (in questo senso inarrivabile) - se ne garantisce più sottilmente un altro, dal punto di vista culturale e teologico. Decidendo di legare il suo influsso, ad aeternum, alla sua pervasiva e fantasmatica presenza (vivente, ma nascosto, come un segreto imbarazzante: un po' come, in Jane Eyre, la prima moglie di Rochester), da "ex-", nei labirinti del Vaticano stesso - insieme carceriere e vittima di tutti i segreti del papato.
"Ecco perché il giorno di ieri è destinato a essere inciso come una data cardine su tutti i libri della futura storia" - ha glossato la 'povna, al suono della campanella.
"Ma, secondo lei, oggi, Dante, questo papa, dove l'avrebbe messo?" - le ha domandato al volo Piccolo Giovanni.
"Sai,non è facile risponderti. I tempi sono cambiati molto".
La 'povna se la è cavata così tra i Merry Men, nella lezione scolastica. Ma la domanda le è restata appiccicata addosso per l'intero pomeriggio. E allora (letterariamente) gioca, e butta là le sue proposte.
Nell' Inferno, nella Città di Dite, con gli eretici (vedi Lefebvre) - se prevarrà una successione di quelle perigliose e involutive per la comunità mondiale tutta.
Nel Purgatorio, nella cornice dei superbi, insieme a Dante - se la novità teologica del Pastore Tedesco potrà aprire le porte a quel vento che tanti - credenti e non credenti - sperano per una Chiesa nuova.

Il gran rifiuto

Informazioni su 'povna

La 'povna: corro da un mondo all'altro, di solito in treno. Temo Bianconiglio, ma non sono in ritardo. Rispetto lo sceneggiatore: di fronte a una buona trama, mi inchinerò sempre. Fermo posta: lapovna AT gmail.com


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