Non era successo che una volta, 600 anni fa, che un Papa desse le dimissioni. Era toccato a Celestino V dimettersi per paura degli intrighi che si svolgevano attorno a lui (stando a quanto riporta la Storia), mentre altri 3 si dimisero perchè costretti: Giovanni XVIII nel 1009, Benedetto IX nel 1045 (questi poi si pentì della scelta e rientrò… in ufficio) e Gregorio XII nel 1400 a seguito del Concilio di Costanza. Adesso è stato Benedetto XVI a prendere tutti di sorpresa annunciando le sue dimissioni e annunciando un Conclave per eleggere il nuovo Papa a marzo.
Celestino V era un benedettino eremita, un filosofo, un uomo semplice chiamato al soglio di Pietro come scelta esterna (una sorta di pontificato tecnico se volete) per svincolare la Chiesa dalle lotte intestine tra guelfi e ghibellini era in corso una grave disputa tra gli Angiò, reali di Francia, e gli Aragona, reali di Spagna, per l’occupazione della Sicilia. Pietro da Morrone, questo era il vero nome di Celestino V era una figura ascetica, mistica e religiosissima, nota a tutti i regnanti d’Europa e tutti parlavano di lui con molto rispetto.La notizia dell’elezione gli fu recata da tre vescovi, nella grotta sui monti della Maiella, dove il monaco risiedeva. Sorpreso dall’inaspettata notizia, il monaco, forse anche intimorito dalla potenza della carica, inizialmente oppose un netto rifiuto che, successivamente, si trasformò in un’accettazione alquanto riluttante, avanzata certamente soltanto per dovere d’obbedienza. Tuttavia dopo solo 4 mesi dalla sua elezione… si dimise (“Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale.”).
Dante, non prese bene “il Gran Rifiuto” e la susseguente ascesa di Benedetto Caetani, noto al mondo come Bonifacio VIII, che tanto aveva influito sulla scelta delle dimissioni di Celestino V, mentre Petrarca riteneva che si dovesse considerare «…il suo operato come quello di uno spirito altissimo e libero, che non conosceva imposizioni, di uno spirito veramente divino”.
Questa la storia, ma perchè Papa Ratzinger si è dimesso lasciando tutti i poteri in mano al Cardinale Camerlengo, Tarcisio Bertone? Stando alla nota ufficiale perché sente “il peso dell’età”, ma non mi riesce facile crederci, perchè sarebbe un po’ come dire che si rinuncia al mandato ricevuto da Dio di guidare la Chiesa per andare in pensione. “Scusami Signore, ma sono stanco. Trovatene un altro.” Non ci posso credere: sarebbe una schiaffo gigantesco alla religione, un paragonare la Chiesa a un’azienda. Le motivazioni arriveranno di sicuro e forse qualcosa trasparirà nell’era di Vatileaks, ma forse è il caso di parlare un attimo dell’ispiratore, dell’unico non sorpreso da ìl gesto di Benedetto XVI: Tarcisio Bertone.
Ora che Benedetto XVI si è dimesso, l’uomo più potente di Santa Romana Chiesa si chiama Tarcisio Bertone. Il cardinale, infatti, non è solo Segretario di Stato del Vaticano, ma anche cardinale “camerlengo”. La figura che presiede la sala apostolica e che amministra i beni e i diritti temporali della Santa Sede quando quest’ultima è “vacante”. In caso di morte del papa, ovviamente, ma anche in caso di dimissioni. Sarà Bertone, dunque, a gestire in prima persona il periodo di transizione e qualcuno sostiene che abbia buone chance anche nella corsa al seggio di Pietro. Amico di Silvio Berlusconi e Gianni Letta (con cui ha creato un idillio durante l’ultimo governo del Cavaliere), Bertone è un vendicativo: negli ultimi anni gli attacchi dei nemici interni (che sono molti, dal cardinale Camillo Ruini al predecessore Angelo Sodano, passando per l’arcivescovo Giovanni Battista Re) sono stati respinti con durezza, e chi s’è permesso di fargli la fronda ha avuto la peggio. Carlo Maria Viganò, ex segretario del Governatorato della città del Vaticano tra i primi ad aver contestato la sua nomina, viene spedito come nunzio apostolico a Washington (sarà proprio una lettera di Viganò pubblicata sul “Fatto” a dare il là a Vatileaks) mentre ad altri contestatori va ancora peggio, e finiscono a vivere in Africa e Papuasia.
Benedetto, Benedetto XVI: in che mani ci stai lasciando?