di Sam Raimi
con James Franco, Michelle Williams, Rachel Weiz, Mila Kunis
Usa 2013
durata, 130
Dopo aver fatto le prove
generali Sam Raimi sembra proprio aver cambiato pelle. Partito da
progetti semi amatoriali ripieni di ghigno e di paura, si è col tempo
trasformato in un abile conduttore di blockbusters in cui di quel
ragazzino maneggione, capace di svezzare nientepopodimeno che i
Brothers' Cohen, è rimasta solamente la propensione per il fantastico ed
il meraviglioso. E' con questa attitudine sommata all'apprendistato
merchandising legato alla spider saga che Raimi si è presentato al
cospetto di un icona cinematografica come quella rappresentata dal "Mago
di Oz" e dal suo fantasmagorico mondo. Invece di rimanerne soggiogato
Raimi ne ha rilanciato la vulgata scremando di quà, tagliando di là,
esaltandone l'immagine con una rappresentazione di scenografica
teatralità, sancita fin dai titoli e poi dal prologo, con Oz
intento a recitare una parte - quella del mago dotato di poteri
sovrannaturali che in realtà non ha - su un palcoscenico che diventa
progressivamente più grande, passando dal luna park circense, scalcinato ed in
bianco, al castello della città di Smeralda dove la messinscena diventa degna dei fratelli Lumiere, con la "proiezione" della sua faccia sul cielo del
reame. Se l'allestimento produttivo è di primo ordine tanto negli
effetti speciali quanto nell'importanza degli attori, bisonga dire che
Raimi tiene a bada il digitale, colorando la pellicola in maniera
stilizzata, con prati fioriti che rimandano all'estetica della pittura
giapponese ed una popolazione di figurine teneramente deliziose, come la
scimmietta e la bambina di porcellana che contribuiscono a dare un
tocco di dolcezza ad una storia che concede il giusto alla moda del
fantasy, concentrata soprattutto nelle scene dedicate alla strega
cattiva, interpretata in maniera routiniere da Rachel Weiz, ed ai suoi
tentativi di soggiogare la compagnia del mago, tra i quali figurano anche
una principessa di virginale bellezza (Michelle Williams) ed una schiera di fedelissimi e
stravanti servitori. Sfruttando la guasconeria di un funzionale ed
azzeccato James Franco nei panni di Oz, Raimi compie in qualche modo la
stessa operazione che aveva fatto Scorsese con il suo "Hugo Cabret" (2011) organizzando
all'interno della favola un omaggio al cinema dei primordi, celebrato
nella sua capacità di sorprendere e di cambiare la percezione della
realtà. A differenza del regista di "Toro Scantenato" (1980), Raimi però è meno
cerebrale, più attento a mantenere intanto il livello di empatia che
Scorsese nella seconda parte aveva sacrificato all'esattezza filologica.
Forse è per questo che "Il grande e potente Oz" ha la forza di trovare
il fanciullino che c'è in ognuno di noi, trasformando lo scetticismo in
stupore fanciullesco. E quando arriva la fine con Oz e la regina ormai
inglobati dentro lo schermo di una sala all'uopo improvvisata, con la
scritta the end ad immortalarli in un tenero bacio possiamo dire che il
miracolo è compiuto ed il cinema ha vinto ancora una volta.






