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Nella versione di Sam Raimi, la brama, di denaro o di potere - e in definitiva di possesso - è l'elemento narrativo portante. Oz non è una cattiva persona (e sono diverse le allusioni in merito), ma senz'altro delude perfino la sua meschina ciarlataneria. Le tre streghe, per parte loro, si contendono il suo abbraccio, ma appaiono anche loro un po' sbiadite e convenzionali nei tratti, davvero in linea con le produzioni animate mainstream. Mainstream, a dire il vero, è anche l'innesto di smorfie, pause, dinamiche relazionali, tipologie di personaggi in un sincretismo un po' troppo piatto e ormai noioso. Sarebbe difficile immaginare, per esempio, la scimmietta che accompagna Oz senza il gatto con gli stivali che attraversa il cammino di Shrek o forse anche senza Sid il bradipo de L'era glaciale (anche senza considerare i richiami più o meno obliqui alla saga di Narnia o anche al Signore degli anelli).
Il grande e potente Oz di Sam Raimi non si fa problemi a rimescolare un po' le carte, aggiungendo elementi spurii; ma questo prequel ha almeno un merito (oltre a quello di aver riproposto al grande pubblico una favola che amo in modo particolare): ed è quello di aver selezionato di volta in volta la fotografia più indicata per ogni scena, anche a costo di ricorrere a patine un po' stucchevoli. L'inizio in bianco e nero non lascia presagire la ricchezza degli smalti e della vivida scelta cromatica che al cinema incanta senz'altro gli spettatori, ma che si lascia apprezzare anche nell'home video. Qua e là, certo, ci si chiede cosa avrebbe fatto Tim Burton - anche perché molti dettagli lo richiamano e lo stesso James Franco non è esente da una certa maniera alla Johnny Depp - ma è indubbio che, nell'insieme, Sam Raimi trova una sua cifra originale e non spregevole.
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