Il Grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald

Creato il 13 maggio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Dopo aver cancellato, corretto e cestinato innumerevoli incipit ho deciso, questa volta, di non scriverne alcuno. Plausibilmente questo accade perché la storia di Gatsby, seppur da principio si insinua lentamente, quasi senza volerlo, disorienta e confonde, schiudendosi in tutto il suo malinconico vigore, l’immedicabile drammaticità e la sua schiacciante solitudine, aspetti questi che coinvolgono in misura variabile, tutti i personaggi; come se F. Scott Fitzgerald volesse ricordare la trasversale viva illusione di considerare raggiungibile una salvezza che ci tenga al riparo da determinate e inestricabili sofferenze, contraddizioni e vacuità. È l’età del Jazz, che va dal primo dopoguerra al giovedì nero, ed è un periodo, circa dieci anni, in cui una parte della società tendeva verso la modernità e il progresso senza riuscire però a sfuggire dalle sue profonde fragilità e fratture interiori. Il grande Gatsby, pubblicato a New York nel 1925, ne è forse il ritratto più autentico e toccante.

La storia, rivelata con voce rotta da Nick Carraway, io narrante e amico intimo di Gatsby, si dipana nel brevissimo arco di un’estate calda e afosa. Gatsby tornato dalla prima guerra mondiale senza un soldo, in breve tempo diventa ricchissimo grazie a delle attività illecite. Accumula tanta fortuna ma ambisce ad un’unica speranza: riconquistar Daisy, una ragazza conosciuta prima della sua partenza per l’Europa ma che adesso è sposata con un altro, un giocatore di polo. Daisy vive col marito vicino l’imponente villa di Gatsby, o meglio, è Gatsby, nel tentativo di riconquistarla, che acquista un’immensa tenuta per avere la possibilità di vivere vicino a lei. È da questo momento, da questo disperato proposito che la figura di Gatsby inizia a dorarsi dei crismi lucenti della grandezza, una grandezza morale, e più tende verso il suo sogno, più la sua iniziale corruttibilità lascia spazio alla purezza, che del sogno è la sostanza prima.

I sogni sono anche solitudine, e la notte a Long Island sa essere tiepida mentre il cielo debolmente tremola. In lontananza la luce del faro, alternandosi col buio della notte, si perde in orizzonti incerti. Gatsby dalla sua villa, immensa e vuota, assorto in introversi pensieri, protende incessantemente le braccia verso l’infinto, la luce verde del faro, l’estremità del molo e, sopra ogni cosa, la casa di Daisy. Sogno e solitudine trovano riparo dal frastuono e dalla frivolezza, e si fondono nell’animo di questo eroe romantico. Gatsby perseguendo il suo sogno non si accontenta di abitare vicino alla sua Daisy e di osservarla da lontano. Questo rappresenta solo il primo passo. Per farsi notare, Gatsby, ogni sera nella sua villa dà feste principesche, sperando che un giorno anche lei possa venire. E verrà. Le feste di Gatsby sono un evento mondano per l’intera comunità e questo rappresenta, nelle intenzioni di Fitzgerald, la specchio della società americana degli anni venti, quella degli anni ruggenti, una società che l’autore percepisce affettata, capricciosa, volubile, superficiale, contraltare della profondità con cui Gatsby conduce la sua nuova vita, forse eccessiva, a tratti estrema e disperata, ma, sospinta dal sogno, autentica. Ma il sogno rischia di essere un folle volo che lascia l’illusione tale, rendevo vani tutti gli sforzi e le speranze, e quello che sembrava possibile, invece, d’improvviso non c’è.

Bisognerà attendere un’altra guerra mondiale e quasi un cinquantennio prima di incontrare, sempre all’interno dell’900, un altro personaggio letterario con pari visionaria drammaticità. Gatsby potrebbe essere lo zio, l’antenato, del clown triste di Boll. Da una parte c’è il rumore, la musica, dall’altra il totale silenzio, l’abbandono. Due modi, il silenzio e il rumore, per rifiutare con asprezza le nuove forme inaccessibili della realtà. Ambedue sono la sintesi di una forma di rigetto di un’idea di società estremamente dura ed insensibile dalla quale non sanno far altro che rifuggire, indugiando appesi alla loro idea, tragicamente in bilico, consapevoli della loro illusione: ricomporre il passato nelle speranza di un futuro, per fuggir così dal presente.

Il film Il Grande Gatsby che vede protagonista uno spettacolare Leonardo Di Caprio vi attende al cinema a partire dal 16 maggio.

di Christian Dolci


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