Deve essere salita sul vagone immediatamente all’arrivo della metro a Conca d’Oro, dato che è accomodata tranquillamente sul sedile e sembra esserlo da tempo. Una borsetta leggera color vaniglia e dai lunghi manici è adagiata sulle sue ginocchia. Le gambe sottili sono avvolte in un paio di pantaloni argentati ed il volto, dalla carnagione decisamente olivastra, è incorniciato da un paio di occhiali e da una chioma di folti capelli tra il biondo e il castano. Giudicando da quei pochi lineamenti che riesco a intravedere, potrebbe non essere italiana. Il colore della sua pelle mi induce a pensarla di origine ispanica, o qualcosa di simile. La donna fa scorrere il suo sguardo tra le pagine de Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, libro che tiene aperto davanti a sé più o meno all’altezza delle spalle. Non si può dire che ci sia silenzio attorno a lei: il continuo viavai di persone potrebbe disturbarla, così come i movimenti dei suoi vicini o di quei passeggeri che, non trovando posto a sedere, le si piazzano davanti in piedi. Dura poco più di un millesimo di secondo il momento in cui la lettrice alza lo sguardo per rendersi conto della realtà che la circonda; ma questa non deve averla né particolarmente interessata né attratta, visto che nemmeno un istante dopo la ritrovo nuovamente persa tra le pagine.
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