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Il grande inverno di George R.R. Martin. Capitolo 37: Daenerys

Creato il 06 novembre 2013 da Martinaframmartino

 

Lo sapevamo fin dall’inizio. In fondo la legge di Cechov lo dice chiaramente: se sulla scena c’è un fucile, prima della fine dell’ultimo atto quel fucile sparerà. Se George R.R. Martin piazza nella sua storia delle uova di drago, prima della fine di A Game of Thrones quelle uova si schiuderanno. Ci sono altre uova di drago nelle storie di Martin, una di quelle uova è messa in palio come premio per il vincitore del torneo narrato nel racconto The Mystery Knight. Sappiamo benissimo che quell’uovo non si schiuderà perché l’ultimo dei draghi è morto durante il regno di Aegon III, una buona settantina d’anni prima rispetto alle storie del Cavaliere errante. Quelli però, per quanto belli, sono racconti prequel. L’ambientazione, la struttura sociale e tutto quanto concerne i continenti di Westeros ed Essos sono nati nei e per i romanzi delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. I racconti sono stupendi, ben scritti e appassionanti, ma alcuni elementi dell’ambientazione sono fissati dai romanzi e quelle storie vi si devono adattare. Perciò, indipendentemente da chi lo vincerà, l’uovo visto da Dunk non si schiuderà. E ci saranno ben altri problemi legati al desiderio di far schiudere delle uova, ma quella di Sala dell’Estate è una vicenda sulla quale ci sono ancora troppi punti da chiarire.

Il grande inverno di George R.R. Martin. Capitolo 37: Daenerys

Emilia Clarke nel primo episodio del Trono di spade

Quelle di Daenerys invece si schiudono, anche se non pensavo che lei avrebbe dovuto soffrire così tanto per riuscire nell’impresa. Ancora non conoscevo bene Martin, in fondo qui siamo solo alla fine del Grande inverno. Certo Dany non è più l’ingenua ragazzina dell’inizio, il suo percorso è stato difficilissimo ma del tutto credibile. Ogni gesto che ha compiuto aveva senso in quel momento e la sua maturazione lenta e costante dimostra una volta di più la bravura di Martin. Anche nella serie televisiva il ruolo di Dany era fondamentale. Per l’episodio pilota avevano preso Tamzin Merchant ma, malgrado un’interpretazione ritenuta molto valida dalla produzione, per motivi non divulgati la Merchant è stato sostituita da Emilia Clarke. In fase di casting le aspiranti Nata dalla tempesta dovevano interpretare due scene, una basata su uno dei capitoli iniziali del romanzo e uno su quelli finali. Serviva un’attrice in grado di maturare come il suo personaggio, e non tutte hanno questa dote. Emilia Clarke sì. Ricordo benissimo tutti i commenti dei vari conoscenti, dopo il primo paio di episodi, su quanto fosse un’ameba Daenerys, e sul fatto che fosse capace solo di rimirare estatica e forse anche intimorita i pettorali di kahl Drogo/Jason Momoa. Chissà perché a un certo punto quei commenti sono finiti, e ne sono arrivati di tutt’altro tipo.

In un mondo in cui le donne sono soggette agli uomini – a quanto pare Westeros ed Essos non sono poi tanto lontani dal nostro mondo – Dany ha deciso che sarà lei a forgiare il suo destino. Ha rifiutato di andare fra le anziane di Dosh khaleen, e la capisco. Ha solo quattordici, forse quindici, anni, anche se è già vedova. Marcire lì per il resto della vita? Ma per piacere! Ora non ascolta più le parole infide della maegi, rifiuta la fuga con Jorah e agisce, prende in comando della propria vita.  Crea i suoi cavalieri del sangue, anche se non potrebbe. Notare i tre rifiuti, e il tre ha sempre una valenza mistica nelle fiabe e nei racconti di magia. E le cariche importanti devono essere rifiutate prima di poter essere accettate. Solo così chi le accetta ne è davvero degno.

Il grande inverno di George R.R. Martin. Capitolo 37: Daenerys

Emilia Clarke alla fine della prima stagione del Trono di spade

“Voltati indietro e sarai perduta”, si dice Dany. È il suo leitmotiv, il mantra che si ripete ogni volta che è in difficoltà e deve farsi forza per poter andare avanti. Ne incontreremo altri di motivi di questo tipo, ma ne parleremo di volta in volta. Ora vediamo i preparativi di Daenerys, l’ultima tentazione con la proposta di una fuga da quel che le si prospetta e un segno fortissimo, l’apparizione di una cometa.

Per la nostra cultura la cometa indica la nascita di Gesù. Possiamo considerarlo o no il figlio di Dio, ma comunque conosciamo molto bene il simbolo. Ecco, qui c’è una nascita che se non è divina appare quanto meno miracolosa a c’è un segno ben evidente nel cielo. E prima abbiamo avuto le tentazioni e la possibilità di una fuga, che la stessa cultura cristiana pone verso la fine di quel ciclo, a un momento che precede di poco la morte. Avete mai letto Il mito della nascita dell’eroe di Otto Rank? Quel libro, e indubbiamente molti altri, alcuni dei quali ho pure letto ma almeno al momento mai usato in articoli, mostra come alcuni elementi si ripetano di storia in storia, di leggenda in leggenda. Sono archetipi, rendono più forte la narrazione e la fanno risuonare meglio dentro di noi. Quando se ne presenta l’occasione pure Martin li usa, e questo è uno di quei casi. Ricordiamoci la cometa, perché se ne parlerà ancora. Qui è rossa come il sangue, come il fuoco, elementi indispensabili per la magia. È la coda di un drago e i draghi stanno arrivando, anche se nessuno di loro sarà rosso.

Solo la morte può pagare per la vita, ci ricorda Martin, ma il ciclo di nascita-morte-nascita non l’ha certo inventato lui. E per chi nota che Dany è sopravvissuta a questo rogo e Jon si è ustionato una mano con molto meno ricordo che in interviste di diversi anni fa Martin ha dichiarato che la nascita dei draghi è stata un evento eccezionale, che i Targaryen non sono immuni al fuoco (uno di loro – mannaggia, non ricordo il nome né dove l’ho letto – è morto bevendo altofuoco nel vano tentativo di trasformarsi in drago) e che se Dany avesse riprovato in un altro momento lo scherzetto di questo capitolo sarebbe finita arrosto pure lei. Poi magari lo zio George ha cambiato idea e le ha reso la pelle più ignifuga del tessuto delle tute dei piloti di Formula 1, ma il fatto che Jon si scotti non è una prova per nulla.

Nella serie televisiva alla fine dell’episodio Emilia Clarke ha ancora i suoi capelli mentre la Daenerys del romanzo è calva. Cambiamento poco significativo, se Martin ha cercato un maggiore realismo nei dettagli la televisione ha optato per un’immagine più affascinante per lo spettatore. La cosa fondamentale però è una, e rimane immutata nelle due forme espressive: per la prima volta da centinaia di anni, le tenebre prendono vita nel canto dei draghi.



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