La copertina del secondo volume dell’edizione svedese
Fa un notevole effetto vedere le cose da due punti di vista diversi. Tutti o quasi siamo d’accordo sul fatto che George R.R. Martin sia abilissimo a realizzare personaggi realistici e molto diversi fra loro. Quando siamo nella testa di Ned vediamo le cose come le vede lui, quando siamo in quelle di Arya le vediamo come le vede lei. E quando siamo in quella di Sansa… Sì, nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco entriamo ripetutamente nella testa di Sansa, anche se spesso ne faremmo volentieri a meno. Non perché i capitoli siano noiosi o scritti male, accade sempre qualcosa d’interessante o ci viene rivelato un dettaglio che sarà fondamentale più avanti. Semplicemente in molti, io compresa, faticano a sopportare la principessa che crede ancora nelle favole.
Guardiamo quest’episodio: Ned ha mandato Lord Beric contro la Montagna che cavalca e non ser Loras perché voleva qualcuno in grado di fare giustizia invece di qualcuno privo di esperienza che al momento, pur dimostrandosi abilissimo con le armi, si è anche mostrato vanesio e incline a ricorrere a trucchi sleali pur di vincere. Cerca il plauso della folla, ser Loras, e viene da chiedersi se sia capace di sporcarsi le mani e fare ciò che va fatto anche quando non c’è nessuno ad applaudirlo. Ma Sansa vede solo l’aspetto esteriore, anche se pure Beric non dev’essere male a giudicare dai pensieri di Jeyne Poole, e quindi pensa che il padre sragioni per via del dolore alla gamba.
I diversi modi di interpretare uno stesso episodio torneranno più avanti quando Martin, fra Il dominio della regina e I guerrieri del ghiaccio, riprenderà quasi parola per parola una conversazione ma ci farà vedere i retroscena dei due interlocutori. Differenze minime, eppure enormi.
Sansa non ci piace probabilmente perché è troppo la principessina perfettina e ha due paraocchi grandi come castelli quando si tratta di vedere chi siano realmente Cersei e soprattutto Joffrey. Crede nelle favole, malgrado Ditocorto l’avvisi che la realtà è un po’ diversa.
Arya cammina sulle mani, cosa insensata per una sorella capace di vedere solo che Yoren puzza. Nemmeno a noi il dettaglio fa piacere ma Tyrion lo stima e anche Ned lo ha preso seriamente, quindi facciamo attenzione a non sottovalutare l’importanza del Guardiano della notte. In realtà è meglio considerare tutti potenzialmente in gamba e pericolosi per i loro avversari, a meno di prove certe che non siano davvero incapaci o innocui. Si evitano spiacevoli sorprese. Il problema è anche capire chi sono gli alleati e chi i nemici.
Arya e Sansa bisticciano ancora, e non c’è da stupirsi. Paraocchi grandi come castelli, e non sto scherzando. Ovviamente serve Ned per calmare le acque, e in sua presenza Arya fa un passo indietro. La conversazione che hanno avuto padre e figlia nel Trono di spade, quella sui lupi che devono restare uniti perché il lupo solitario muore, ha fatto i suoi effetti, e forse hanno fatto effetto anche le lezioni di Syrio volte a guardare con gli occhi che consentono ad Arya di vedere la stanchezza del padre. Peccato che Ned non abbia mai fatto un’analoga conversazione pure con Sansa, che ama il suo principe come si sono amati personaggi del passato se non addirittura leggendari. Sono favole, Sansa, se vuoi puoi aggiungere che lo ami come la Bella ama la Bestia, ma Joffrey è una Bestia al contrario, bello fuori e orribile dentro. Però una cosa Sansa la vede, che Joffrey non è come quel vecchio ubriacone di suo padre, che incidentalmente è anche il re e quindi chiamarlo così sarebbe lesa maestà. Una frase, e Ned capisce tutto. Peccato che molte cose continuino a sfuggirgli.